Il mito di Atlantide

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Chi di noi guardando Atlantis, l’impero perduto, non ha sognato di essere al posto di Milo e di incontrare Kida e la sua stirpe di atlantidei? Forse abbiamo anche pensato che il professor Tatch avesse tramandato al nipote le coordinate per cercare i resti di una civiltà realmente esistita e perduta.

Le radici del mito di Atlantide affondano in un passato lontano: nientemeno che Platone, tra i suoi miti, si è occupato di inserire quello di questo misterioso regno. A onor del vero, già Erodoto nelle Storie nominava gli Atlanti, una popolazione incapace di sognare che abitava un monte immerso nelle nuvole.

I due dialoghi platonici dove troviamo informazioni sul mito di Atlantide sono il Timeo e il Crizia, dialogo incompiuto e probabilmente nato come seguito proprio del Timeo, in un possibile progetto di una trilogia. Nel Timeo vediamo Socrate, Timeo, Ermocrate e Crizia discutere della città ideale, argomento già della Repubblica. Crizia riporta un racconto trasmessogli dal nonno omonimo, il quale lo aveva appreso a sua volta dal famoso legislatore ateniese Solone: in uno dei suoi numerosi viaggi, Solone sostò nella città egiziana di Sais, gemellata con Atene in quanto fondata dalla stessa dea (Atena in greco, Neith in egiziano). Qui ebbe una lunga conversazione con i sacerdoti: parlarono di cose antiche, così tanto da essere sconosciute anche al popolo greco. Novemila anni prima, infatti, si estendeva al di là delle Colonne d’Ercole un’isola “grande come Libia e Asia insieme”, chiamata Atlantide.

Nel Crizia abbiamo conferma della creazione di Atlantide da parte di Poseidone, che lì si innamorò di Clito e protesse la collina dove viveva creando cerchi concentrici, formati da terra e mare alternati. Poseidone e Clito generarono cinque coppie di figli maschi: il primogenito, Atlante, ricevette l’onere di regnare sulla regione dell’impero che ospitava la casa materna; a ognuno degli altri venne affidata una differente regione. Ad accomunarli era la devozione al tempio di Poseidone, internamente rivestito di oricalco, ma soprattutto il rispetto delle leggi che il padre aveva imposto ai figli. I re abbellirono Atlante con canali, porti, monumenti e sapevano governare con saggezza, forti della loro virtù divina. Le discendenze, tuttavia, causarono il mescolarsi della natura divina e di quella umana, notoriamente debole nella sua smania di potere. Fu così che le grandi ricchezze di Atlantide e il suo immenso esercito vennero messi al servizio del tentativo di sottomissione dei popoli mediterranei e asiatici e anche Atene finì nelle mire espansionistiche atlantidee.

Nel Timeo il racconto specifica che l’esercito ateniese riuscì a salvare dalla schiavitù i popoli al di qua delle Colonne d’Ercole, ma “nei tempi che seguirono, a causa di tremendi terremoti e catastrofi naturali, nell’arco di un solo giorno e di una sola notte” l’esercito ateniese e la stessa Atlantide sprofondarono, inghiottiti dalla terra. Poseidone, evidentemente, non era soddisfatto del comportamento delle discendenze regali nei confronti del suo lascito e del resto delle terre. L’oceano che era navigabile divenne impraticabile a causa delle melme emerse dopo lo sprofondamento di Atlantide e della celebrata vittoria ateniese restò solo il ricordo.

Ognuno tira l’acqua al suo mulino

Il mito di Atlantide rimane in sordina per molto tempo: durante il Medioevo perde di interesse. Rifiorisce però con la scoperta del Nuovo Mondo: che le Americhe fossero l’impero perduto? Più di un pensatore – tra tutti Francesco Bacone – associa gli abitanti del continente americano ai lontani discendenti di Atlante; altri ancora sospettavano che la terra inghiottita fosse un arcipelago che faceva da ponte tra il Mediterraneo e il Nuovo Mondo. A partire dal ‘600, quasi ci si litigava Atlantide: la ricostruzione dello scienziato svedese Olaus Rudbeck fa partire il popolamento dell’Europa dalla Svezia, ossia il regno di Atlantide la cui capitale corrisponderebbe alla città svedese di Uppsala; il teologo Bäer rompe il sogno nazionalista di Rudbeck nel 1762, pretendendo di collocare il mito nella cronologia biblica.

Degna di nota è la novecentesca di Edgar Cayce, un medium che ebbe tra i suoi pazienti alcuni che si rivelarono abitanti di Atlantide in qualche vita precedente: riporta l’immagine di una città tecnologica, ricca di energia derivante da misteriosi cristalli.

Le ipotesi sono innumerevoli: Atlantide è stata collocata a Troia (in virtù del conflitto con Atene), in Turchia (tramite il collegamento con il mito di Tantalo, probabile versione anatolica di Atlante), a Santorini (seguendo la scia del terremoto che le accomunerebbe), in Sardegna (individuando le Colonne d’Ercole nello stretto marittimo tra Tunisia e Sicilia, che porrebbe l’isola al di là del mondo conosciuto).

La letteratura e il cinema non sono stati da meno, ma lasciamo ai lettori la ricerca bibliografica e filmica per addentrarsi nel mistero: forse è piacevole non avere certezze, in modo che ognuno di noi costruisca il proprio sequel.

FONTI

Platone,
Opere complete, Laterza, Roma 1993.

www.mauriziocavini.it