Uomini o sultani? Il comportamento sessuale del maschio italiano

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Un importante lavoro di indagine e di studio orientato alla comprensione della mentalità dell’uomo e del suo comportamento sessuale è stato svolto nel 1965 da Gabriella Parca, (1) giornalista e scrittrice italiana.

Nonostante sia una ricerca condotta 50 anni fa, i temi affrontati, le considerazioni e le riflessioni su questo argomento risultano molto attuali e utili per analizzare determinate relazioni di potere e di come esse si siano evolute nel tempo.


L’autrice ha intervistato 1018 uomini tra i venti e i cinquant’anni di diversa estrazione culturale, sociale e geografica.


L’inchiesta esamina vari temi dal punto di vista degli uomini a partire dall’infanzia, fino ad arrivare ad analizzare la sessualità nella giovinezza, il rapporto con le donne e con il matrimonio, l’adulterio, il divorzio e l’omosessualità.


La prima tematica affrontata è la conoscenza sessuale infantile degli uomini intervistati.


Questi hanno dichiarato di aver acquisito le prime nozioni riguardanti la sessualità nel periodo scolastico, quando iniziarono a confrontarsi con i loro compagni. Questi argomenti, infatti, venivano considerati  tabù nel contesto familiare.

Gli intervistati hanno sostenuto di aver raggiunto una conoscenza più o meno chiara del tema sessuale all’età di tredici e quattordici anni, avendo come fonte di informazione i compagni di classe, gli amici, i colleghi di lavoro o i fratelli più grandi.

Solo alcuni avevano ricevuto un’educazione sessuale dai propri genitori e pochissimi hanno utilizzato enciclopedie, libri o giornali per ricavarne informazioni e insegnamenti.

Gabriella Parca ha analizzato come l’uomo fosse fortemente attaccato alla figura della madre. Lo ha descritto come un attaccamento che nasceva nella prima infanzia, un legame affettivo che influiva in ogni rapporto che l’individuo aveva con la realtà.

Spesso questa relazione con la figura materna non riusciva a evolversi in un sentimento più maturo, in quanto l’uomo sentiva costantemente il bisogno di essere amato, accudito, di ricevere cure e attenzioni senza mai dare nulla in cambio.


Tale era pertanto l’atteggiamento che avrebbe preteso dalla propria moglie, ricercando in essa la figura della madre: una donna dolce, premurosa, sempre disposta alla comprensione e al perdono.


Queste qualità erano sostanzialmente materne, ma venivano ritenute innate in ogni donna.

“A parte l’affetto che una donna deve dimostrare, è l’aver cura della sua persona come della mia: che metta i sali nel bagno, mi porti le pantofole, faccia da mangiare come voglio io. E non farsi mai vedere arrabbiata o con il muso, questo è l’essenziale.” (2)

Un’ulteriore caratteristica che l’uomo tendeva ad apprezzare nella donna era l’intelligenza, intesa però esclusivamente come capacità di comprendere le volontà del marito, e quindi sempre in funzione di un rapporto servile.

“Mi piace la donna intelligente, che mi capisca al volo: che sappia sempre quando ho voglia di parlare o stare zitto” dice un geometra abruzzese di 25 anni. (3)

L’uomo tuttavia non apprezzava nella donna un’eccessiva intelligenza: doveva essere sempre lui ad avere il controllo della situazione.


Le donne dovevano essere semplici, modeste e legate alla famiglia, considerate caratteristiche tradizionali che ogni moglie doveva avere.


In particolare nel Mezzogiorno  era apprezzata la donna docile, sottomessa e rispettosa nei confronti del marito, al contrario colei che si mostrava indipendente e autonoma veniva definita in senso dispregiativo come una «donna che vuole comandare». (4)


Nel sud Italia i valori principali della donna erano la verginità prematrimoniale e la fedeltà al marito.


Il 72% degli uomini meridionali intervistati ritenevano importante sposare una donna vergine. Il fatto che l’uomo non fosse tenuto a rispettare lo stesso voto generava un’asimmetria sessuale tra i generi.

In questo contesto il rapporto fra i sessi diventava molto complesso: si sviluppava una sessualità dissociata dai sentimenti che avrebbe portato l’uomo ad avere frequenti rapporti sessuali con donne che non amava, in quanto identificava il rapporto sessuale con l’atto materiale meccanico e istintivo.

Nei confronti della propria fidanzata l’uomo aveva un atteggiamento bivalente: in quanto futura moglie la si rispettava, ma restava comunque il continuo desiderio di possederla.

La ragazza d’altra parte doveva cercare di mantenere la propria verginità, perché altrimenti avrebbe causato il disprezzo del suo partner.


La mentalità conformista tendeva a individuare perciò due categorie di donne: coloro che meritavano il rispetto e coloro che avevano perduto il proprio “onore”.


Le prime sarebbero diventate mogli, mentre le seconde solamente oggetti delle esigenze sessuali maschili. Generalmente la visione che si aveva della moglie era quella di una brava donna che si occupava della casa, dei figli e del marito e in cambio quest’ultimo aveva l’obbligo di mantenerla.


La maggior parte degli intervistati sosteneva che l’obbligo di fedeltà non fosse reciproco.


L’idea che la propria moglie potesse avere dei rapporti extraconiugali era considerata quasi inaccettabile, a differenza del marito il cui adulterio veniva visto quasi come naturale, date le esigenze fisiologiche dell’uomo.

Un eventuale tradimento della moglie causava smarrimento nel marito: «è come se la madre abbandonasse il figlio di cinque anni». (5)

Per quanto riguarda il caso contrario, invece, la reazione che ci si aspettava dalla donna nel caso di un tradimento da parte del marito, secondo la maggioranza degli intervistati, era quella di perdonare e di mostrarsi più dolce e affettuosa.

Da questa inchiesta emerge il fatto che l’uomo non considerava la donna sul suo stesso piano sia a livello sociale che da un punto di vista sessuale.


La donna si realizzava nel completare il marito e nel vivere in sua funzione.


Gabriella Parca ha anche mostrato come molti uomini, soprattutto giovani, iniziavano a rendersi conto che vi era qualcosa di sbagliato in questo modo di concepire l’altro sesso, ma erano pochi coloro che riuscivano a comportarsi in modo diverso, in quanto si scontravano con un contesto sociale ancora radicalmente strutturato sul patriarcato.



(1) Le italiane e la sessualità.

(2) G. Parca, I sultani, mentalità e comportamento del maschio italiano, Milano: Rizzoli, 1977, p. 121.

(3) Ibid.

(4) Ivi, p. 129.
(5) Ibid.