Antigone: una lettura femminista

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La figura di Antigone (1), eroina della tragedia greca che paga con la morte il suo schierarsi per una legge giusta, ha esercitato fascino per secoli.

Nella cultura filosofico-politica occidentale tantissime sono state le interpretazioni, perlopiù maschili, che si sono succedute: prime fra tutte, quelle di Hegel e Lacan che risultano tuttora predominanti nel panorama accademico e intellettuale.

Tante (e molto meno conosciute) sono state, però, le letture femministe della tragedia: da Zambrano a Irigaray, da Butler a Honig diverse sono state le pensatrici e le filosofe che hanno riletto e ri-giocato la figura di Antigone, sottraendola a un già detto maschile in cui tutto appare risolto e indagandone – ognuna a proprio modo – il carico di complessità e le questioni ancora da sciogliere.

Tra queste, Françoise Duroux (2) che nel 1991 ha pubblicato il testo Antigone ancora. Le donne e la legge (3) in cui, proprio a partire dall’attrazione che la tragedia ha esercitato nel tempo e in esplicito conflitto con le interpretazioni dominanti, propone una via altra: non tanto nella presunzione che la «sua Antigone» sia quella più giusta, quanto nella convinzione che sia quella più feconda e attuale.

Duroux fa uscire Hegel e Lacan allo scoperto, denunciando come entrambi propongano due interpretazioni che, seppur opposte, hanno in comune un aspetto essenziale: il non considerare il fatto che Antigone sia una donna.

Entrambi richiedono, anzi, di ignorarne la differenza sessuale: il tentativo, vòlto a conclusioni differenti, è quello della neutralizzazione.

Da parte di Hegel questa operazione è più evidente perché intende ricondurre il femminile all’arcaico e al domestico in equilibrio con un maschile che si evolve nel pubblico e nel moderno (e su questo, con Carla Lonzi, possiamo dire “sputiamo su Hegel”).

Da parte di Lacan l’operazione è più nascosta e sottile in quanto, facendo di Antigone l’immagine dell’etica che si contrappone al potere temporale, la valorizza, ne fa l’eroina: il prezzo da pagare, tuttavia, rimane quello della cancellazione della sua differenza.


Con Duroux, è interessante notare come questo elemento risulta, invece, centrale nella tragedia originale: per Sofocle, Antigone è ben consapevole del fatto che il suo scontrarsi con Creonte rappresenti qualcosa di ancora più grave della semplice disobbedienza alle leggi della città proprio perché, in quanto donna, per la polis greca il suo posto è quello di esclusa dal politico.

Lo dimostra il fatto che si muova sul piede di guerra, accettando con coscienza e fermezza che le conseguenze del suo gesto la condurranno alla morte.


«CREONTE: […] dimmi semplicemente, e senza giri di frase: conoscevi l’editto, che vietava proprio ciò che hai fatto?
ANTIGONE: Sì, lo conoscevo. E come potevo ignorarlo? Era pubblico.
CREONTE: Eppure hai osato trasgredire questa norma?
ANTIGONE: Sì, perchè questo editto non Zeus proclamò per me, né Dike […]. Sapevo bene – cosa credi? – che la morte mi attende […]» (4)

Ma c’è di più: lo stesso Creonte condanna Antigone sì perché infrange i suoi decreti, ma anche perché ne mette in discussione la legittimità; non solo disobbedisce alle leggi, ma pretende di ridisegnarle.

Il crimine di Antigone appare, agli occhi del sovrano, doppiamente grave perché commesso da una donna: in questo senso, non solo da una rivoluzionaria ma da una rivoluzionaria illegittima.

«CREONTE: Io finchè vivo, non prenderò ordini da una donna (5)
CREONTE: Certamente non sarei più un uomo, ma costei sarebbe un uomo, se impunemente le irriderà un simile successo» (6)

La provocazione di Antigone per Duroux, cioè che ciò fa scandalo, è precisamente il fatto che, da donna, superi la dimensione del privato cui il patriarcato (qui rappresentato da Creonte) la relega e intervenga sul terreno dei nomoi non solo per infrangerli ma per metterli in discussione.

Diverso sarebbe stato se Antigone fosse stata un uomo e, soprattutto, se avesse disobbedito alle leggi non pubblicamente ma privatamente: la punizione di Creonte, simbolica prima che fisica, va dunque a colmare l’offesa arrecatagli non solo in termini di autorità ma di virilità.

Infatti Creonte inizialmente condanna Antigone a morte, ma poi ci ripensa, torna indietro e immagina una punizione diversa: l’essere per sempre rinchiusa in una grotta isolata, ai margini della socialità, dove le verrà somministrato quel tanto di cibo necessario affinché sopravviva.

Considerando come la grotta rimandi a una simbologia precisa (cioè all’ombra come elemento contrapposto al sole) e tenendo conto dell’analogia luce-pubblico e buio-privato dominante nella cultura occidentale, la punizione che Creonte riserva ad Antigone risulta significativa: come a dire “il tuo posto è altrove e io ti ricaccio nel privato, entro i cui limiti dovevi stare”.

Di fronte a questo, ciò che Duroux si chiede è «a che cosa può servire oggi Antigone? Che cosa dice a noi?» (7).

Ciò che le interessa è il fatto che Antigone, nel disobbedire a Creonte, disobbedisca all’idea che le leggi della città debbano essere guidate dal potere e dalla gerarchia e non possano, invece, essere disegnate sotto il segno della giustizia.

Antigone oppone all’ordine patriarcale della polis i concetti di philia e di eros nella scommessa che possano essere proposti in una dimensione pubblica: avere spazio nelle istituzioni e guidare, in termini di principi orientativi, le leggi dell’avvenire.

Per Duroux (e per noi tuttə) tutto questo è interessante perché ci dice ancora molto sul se e come le donne possano agire nello spazio pubblico e trasformare il politico, non stando alle regole (maschili) già scritte ma portandovi la propria differenza.

BIBLIOGRAFIA

(1) Antigone, Sofocle (IV sec. a.C.). La tragedia narra dello scontro tra Antigone (figlia di Edipo e Giocasta) e il re di Tebe Creonte, suo zio. Antigone disobbedisce alla legge di Creonte, che aveva vietato di dare sepoltura a Polinice (fratello di Antigone morto nello scontro con il fratello Eteocle) e considerato traditore della città, e viene per questo condannata.

(2) Françoise Duroux (1942-2015) è stata una filosofa e sociologa femminista francese.

(3) Françoise Duroux, Antigone encore: les femmes et la loi, Éditions Côté-femmes, Paris 1993. Si può leggere il testo, tradotto in italiano, all’interno di Françoise Duroux. Il paradigma perturbante della differenza sessuale. Una filosofia femminista a cura di Stefania Tarantino e Chiara Zamboni, Mimesis Edizioni, Milano, 2021, pp. 83-97.

(4) Sofocle, Antigone. Edipo Re. Edipo a Colono, BUR Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 1998, tr. it. di F. Ferrari, vv. 441-461.

(5) Ivi, vv. 484-485.

(6) Ivi, vv. 514-515.

(7) Françoise Duroux. Il paradigma perturbante della differenza sessuale. Una filosofia femminista, p. 87.