
Sin dalle prime ore dall’elezione del nuovo Papa Leone XIV sono comparsi, su varie testate giornalistiche, articoli che chiarivano le posizioni di Prevost su tematiche calde come immigrazione, povertà, diritti LGBTQ+ e il sacerdozio femminile (1).
Non a caso i giornali citano questi argomenti: la Chiesa nel 2025 è chiamata a rispondere a problematiche mondiali e adeguarsi ai tempi e alle sue correnti di rinnovamento.
Per quanto la storia sia ancora tutta da scrivere e sia necessario dare a Prevost il tempo di agire, c’è una tematica a noi cara verso cui il Papa pare essere restio: il sacerdozio femminile.
Nonostante venga descritto, da chi lo ha conosciuto, come una persona equilibrata anche verso le donne, durante una conferenza stampa ha detto una frase che suona infelice: rendere possibile il sacerdozio alle donne «non risolverebbe necessariamente un problema, ma potrebbe crearne uno nuovo» (2).
Al di là del tema particolare del sacerdozio e del pensiero di Prevost a riguardo, il rapporto tra Chiesa e donne risulta essere problematico quasi da sempre.
Per quanto la figura di Gesù venga descritta come tutt’altro che escludente e, anzi, in contrapposizione con tradizioni ebraiche che oggi definiremmo estremamente maschiliste e discriminanti, con l’istituzionalizzazione della Chiesa ciò è andato sempre più a perdersi. Il tutto veniva giustificato tramite specifiche letture di Bibbia e Vangelo, che servivano a spiegare questa o quella azione di oppressione delle donne.
Uno dei motivi ricorrenti è che la donna sia impura, concetto ripreso dall’ebraismo stesso: le donne mestruate non potevano entrare in Chiesa durante quel periodo del mese. Questa “debolezza” costitutiva va di pari passo con un’idea di «femminile colpevole perché facilmente esposto alla seduzione del Male» (3).
Per questa loro natura – impura, debole, ma allo stesso tempo malvagia – la donna deve sottomettersi all’uomo: da lui deve essere protetta, lui deve scegliere per lei e il suo margine di manovra è limitato alla casa e alla famiglia.
Proprio nella maternità risiede l’unica possibilità per la donna di riscattarsi. Anche le vedove vengono accettate e ciò risulta essere in linea con l’immagine di donna dipendente dall’uomo, che ha senso di esistere come sua costola. Non solo un’Eva tentatrice, ma anche una semplice appendice dell’uomo, una sua derivazione.
“Cose da Medioevo”.
Eppure, per le donne il Medioevo non è sempre stato così oscuro come viene descritto: infatti, a partire dal XII secolo, numerose religiose iniziano a farsi notare per la propria consapevolezza di sé, da Eloisa a Cristina da Pizzano (4). Con l’arrivo dell’Età dei Lumi e la laicizzazione sempre maggiore della società, il timore della Chiesa per la diffusione di comportamenti immorali aumenta ma, soprattutto, cresce la paura di perdere il proprio dominio. Nel frattempo le donne iniziano a riconquistare il proprio spazio nella società: partecipano attivamente alla vita pubblica, prendendo parte, ad esempio, a moti rivoluzionari e al Risorgimento. Un particolare slancio si ha con i movimenti suffragisti femminili che chiedevano maggiori diritti e riconoscimenti di uguaglianza e pari dignità: ciò andava di pari passo con un cambiamento radicale nella società, partendo dalla famiglia.
Naturalmente, questo progresso non viene ben visto dalla Chiesa, in quanto potrebbe causare uno stravolgimento dei ruoli assegnati e dell’ordine costituito. Papa Pio X dà vita, non a caso, all’Unione tra le donne cattoliche d’Italia nel 1909: pur apparendo un’apertura verso questa tematica, il vero scopo era quello di arginare le richieste delle femministe laiche e tutelare il ruolo familiare della donna (5).
Ci vorrà tempo per giungere, finalmente, ad una presa di posizione più forte.
Nel 1963 Papa Roncalli con l’enciclica Pacem in terris riconosce l’importanza dell’emancipazione femminile e riflette su tanti tipi di oppressione: quella operaia, quella di alcuni popoli e quella della donna. Quest’ultima
«[…] sa di non poter permettere di essere considerata e trattata come uno strumento, esige di essere considerata come persona, tanto nell’ambito della vita domestica che in quello della vita pubblica» (6).
Il successore di papa Roncalli, Paolo VI, prosegue riconoscendo la piena dignità della donna, ma ribadisce a chiusura di un Concilio del 1965 il suo ruolo materno e accudente (7).
Non tanto diversamente parla quasi vent’anni dopo Papa Giovanni Paolo II: afferma la reciprocità di maschile e femminile, ma vede la donna come un aiuto per l’umanità a non decadere. A lei, insomma, viene affidato – come al solito – un ruolo di cura verso l’essere umano. Sempre Wojtyla ribadisce l’esclusione delle donne dal ministero ordinato:
«la presenza femminile nella Chiesa fu limitata ai soli ruoli di supplenza, nei soli casi di penuria del clero e, comunque, non in compiti specificamente di ministero presbiteriale» (8).
Con l’arrivo di Papa Benedetto XVI le cose non sono cambiate molto: afferma la necessità di dover dare maggiore spazio alle donne, ma esclude la possibilità del sacerdozio femminile.
Relativamente all’appena defunto Papa Francesco, nel 2022 nomina tre donne nel dicastero per i vescovi e una come prefetto del dicastero, ossia l’organo della Chiesa che si occupa di scegliere nuovi vescovi. Durante il recente ricovero designa Raffaella Petrini come governatrice della Città del Vaticano. Inoltre decide di includere alcune donne nei Sinodi, le riunioni straordinarie dei vescovi (9).Nonostante ciò, varie sono state le battute infelici come «il chiacchiericcio è roba da donne. Noi abbiamo i pantaloni, dobbiamo dire le cose» (10). Nemmeno con Papa Francesco, nonostante alcuni sforzi, le donne hanno ottenuto poteri maggiori rispetto al passato: anche prima avrebbero potuto ricoprire i medesimi ruoli. Le donne continuano a non poter celebrare la messa, a non poter confessare. Non possono diventare sacerdoti, né tanto meno vescovi o cardinali.
Ci si chiede, a questo punto, perché un tale arroccamento in questa posizione: «la concezione per la quale la donna non può ricevere l’ordine sacro perché “per natura è situata in una condizione di servitù” […] è oggi chiaramente superata e non ci sono serie e fondate obiezioni teologiche per escludere le donne dall’ammissione al sacerdozio» (11).
È chiaro, insomma, che la volontà di lasciare fuori le donne da determinate posizioni non ha alcuna motivazione religiosa: è puramente una questione di potere.
(1) Ad esempio: https://www.ilpost.it/2025/05/08/robert-francis-prevost-nuovo-papa/
(3) A. Valerio, Donne e chiesa. Una storia di genere, Carocci editore, Roma, 2016, pos. 1562.
(4) Cfr. Ivi, pos.1439.
(5) Cfr. Ivi, pos.3379.
(6) Ivi, pos. 3422.
(7) Ivi, pos. 3450.
(8) Ivi, pos. 3489
(9)https://www.ilpost.it/2025/04/22/lambigua-eredita-di-papa-francesco-sulle-donne-nella-chiesa/
(10)https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2024/05/30/il-papa-il-chiacchiericcio-e-roba-da-donne_61a68f9e-b513-48a6-b1ac-f1f0b7732836.html (11) A. Valerio, Donne e chiesa. Una storia di genere, pos. 4042.
-
101 esperienze di filosofia quotidiana
14 Febbraio 2020 -
Un mondo oltre il genere
10 Novembre 2021 -
L’utilità dell’amore a senso unico
25 Maggio 2022
Filosofemme è un progetto che nasce dal desiderio di condividere la passione per la filosofia tramite la figura delle filosofe.

Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Privacy PolicyCookie Policy