
«Tutto il giorno e tutta la notte le nostre tasche ronzano e notificano, mandando in frantumi la nostra concentrazione, facendo a pezzi le fragili reti che tessiamo mentre elaboriamo idee complesse. Se si chiudesse qualcuno in una cella e lo si agitasse in questo modo, la chiameremmo “tortura con privazione del sonno” e sarebbe un crimine di guerra, previsto formalmente dalle Convenzioni di Ginevra» (1)
Così si esprime Cory Doctorow in Come distruggere il capitalismo della sorveglianza, saggio in cui si propone di analizzare il complesso rapporto tra tecnologie oramai sempre più pervasive, monopolio economico di aziende che controllano i nostri dati e il grande tema della tutela dei diritti e della giustizia.
“Controllo digitale”, “raccolta dei dati”, “mercato delle informazioni” sono tutti sinonimi di quello che negli ultimi anni è stato definito come “capitalismo della sorveglianza”, ossia quel sistema di estrazione, conservazione e vendita dei dati degli utenti che – a partire dall’ascesa delle multinazionali tecnologiche – ha preso piede in tutto il mondo.
Viviamo costantemente connessə, siamo legatə al mondo tecnologico e digitale a tal punto che un ritorno all’analogico ci ricorda subito l’apocalisse. Ma dipendere dal tecnologico significa soprattutto dipendere dai colossi che creano queste piattaforme.
Cosa succede quando una serie di eventi permette a questi monopoli di non avere rivali né economici né politici? Che fine fa la giustizia di fronte allo strapotere di questi agglomerati di multinazionali?
Attraverso una disamina delle politiche commerciali che, a partire dalla presidenza di Ronald Regan fino ai giorni nostri, hanno portato le cosiddette Big Tech (2) ad avere un ruolo egemonico nella gestione dei nostri dati, della nostra identità e del nostro futuro personale e politico, Cory Doctorow ci introduce nelle trame politiche della tecnologia e delle sue ripercussioni.
E ancora, teorie complottiste, fake news, negazionismo e razzismo sono oggi più popolari che mai e rivelano una crisi epistemologica profonda che l’autore non esita a raccontare, analizzando sia i meccanismi di persuasione pubblicitaria a cui siamo sottoposti, sia le emozioni e la perdita di autenticità che stiamo vivendo.
Uno dei temi che raccoglie tutte queste tematiche è quello legato alla capacità di persuasione e di sorveglianza che le grandi aziende come Google e Meta hanno, o promettono di avere.
La credenza secondo cui attraverso la raccolta dei dati degli utenti si possa manipolare radicalmente ognunə di noi – fino a trasformare il più mite nel più reazionario dei fruitori del web – è una delle convinzioni del nostro tempo. Una narrazione, questa, che ci catapulta in un mondo abitato da truffatori che tramano contro chiunque acceda ad un motore di ricerca anche solo per comprarsi una nuova lettiera per il gatto.
Ma davvero queste multinazionali sono così potenti?
Ebbene, è vero che i nostri dati sono sì raccolti dalle Big Tech, sono immagazzinati e venduti come già sappiamo. Tuttavia, queste grandi compagnie per vivere hanno bisogno di inserzionisti, clienti paganti che vogliono avere pubblicità sulle loro piattaforme nella convinzione che questo gli permetterà di raggiungere più clienti e, quindi, aumentare il fatturato.
Ed è qui che scopriamo che la reale capacità di persuasione e controllo di queste multinazionali è ben lontana da quanto promettono ai loro clienti (e no, i clienti non siamo noi utenti che usufruiamo gratis delle piattaforme digitali, bensì coloro che pagano per avere le proprie pubblicità sui siti web in questione).
Bombardarci di pubblicità dal contenuto simile alle nostre ricerche online, utilizzare colori accattivanti, proporci sconti, invitarci in gruppi, creare pulsanti “Mi piace”, utilizzare musiche divertenti e molte altre tecniche di coinvolgimento simili – creati appositamente per catturare per il periodo più lungo possibile la nostra attenzione – è certamente qualcosa di preoccupante ma niente che possa alienare il nostro libero arbitrio.
Possono influenzarci, certo, ma con un impatto ben lontano da quello del controllo totale prospettato dalle teorie cospirazioniste e prefigurato – dalle stesse aziende – ai loro inserzionisti.
Nulla di tutto questo deve però farci pensare di essere al sicuro, queste compagnie lungi dal fare l’interesse degli utenti, scambiano le informazioni che ci riguardano con altre aziende per creare profitto.
Se «i dati sono il nuovo petrolio» (3) allora servono leggi che garantiscano piena trasparenza sulle politiche di queste aziende e un nuovo modo di gestire i diritti digitali di tutti noi, ma soprattutto, serve una vera e propria lotta contro i grandi monopolisti.
«Di fronte a tutto questo si è tentati di risolvere il problema tornando a un mondo senza tecnologia. Occorre resistere a questa tentazione.» (4)
Non è possibile un ritorno ad un passato purificato dalla tecnologia, né è auspicabile.
Ciò che è necessario è una battaglia contro lo strapotere dei monopoli tramite una presa di coscienza politica che porti alla creazione di nuove leggi e procedure utili a creare un nuovo web libero e più equo per tutti.
«Se vogliamo liberarci dalla morsa letale delle Big Tech sulle nostre vite digitali, dobbiamo combattere i monopoli […] Potremmo ritrovare questa volontà politica?» (5)
Ripristinare delle politiche che riducano la supremazia di queste aziende significa lottare per il proprio futuro e per i propri diritti, non farlo – invece – significa rinunciare al proprio domani consegnandolo nelle mani dei monopoli informatici.
Come distruggere il capitalismo della sorveglianza è un libro di facile lettura, appassionante e utile che riesce a calarci in uno dei temi più importanti del nostro tempo, quello dei diritti legati ai dati digitali, senza cadere in tecnicismi incomprensibili. Consigliato a chiunque voglia interessarsi alle politiche tecnologiche.
Grazie Mimesis!
- Cory Doctorow, Come distruggere il capitalismo della sorveglianza, Trad. Gruppo Ippolita, Mimesis, Milano-Udine, 2024, cit. p. 85;
- Con il termine “Big Tech” si definiscono le multinazionali giganti della tecnologia, come Google, Meta, Apple ecc. che detengono una posizione di monopolio sul mercato;
- Ivi, p. 31;
- Ivi, p. 145;
- Ivi, P. 13.
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