Donne e potere: perché le donne che salgono al potere sono conservatrici?

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“Prima donna presidente del Consiglio”: con queste parole comprendiamo perché Giorgia Meloni ha senza dubbio segnato un momento storico per l’Italia. Nonostante questo, la sua ascesa al vertice del governo ha aperto questioni complicate sul significato della leadership femminile.

Avere una donna al potere oggi è davvero sinonimo di progresso?

Oppure, se esercitato secondo logiche patriarcali, anche il potere femminile replica un sistema che non cambia?

I nomi che ci vengono in mente sono diversi: Ursula von der Leyen, Roberta Metsola (presidente del Parlamento europeo), Marine Le Pen e, naturalmente, Giorgia Meloni.

A spiccare, però, è un dato controintuitivo: sono quasi sempre le donne conservatrici, e non le progressiste, a raggiungere i vertici delle istituzioni, sia in ambito politico sia aziendale. Ma com’è possibile che proprio ambienti tradizionalisti, spesso legati a ruoli di genere rigidi, si rivelino più permeabili alla leadership femminile?

La risposta è complessa, ma affonda le radici nella concezione stessa del potere.

Le donne che avanzano in contesti conservatori, infatti, tendono a conformarsi a un modello di potere esistente, gerarchico, competitivo e rassicurante per un sistema ancora fortemente maschile. Così facendo, finiscono per legittimarlo, non per trasformarlo, come si legge nell’articolo “Perché le donne conservatrici arrivano ai vertici di potere? Perché tutelano il modello patriarcale” di The Vision.

Un esempio emblematico è proprio il governo Meloni, che secondo un’analisi de Il Sole 24 Ore registra la più bassa rappresentanza femminile dal 2011: solo il 18% dei ministri sono donne.

Un dato che contraddice la narrativa di un reale avanzamento per la parità di genere.

La stessa Meloni ha più volte rivendicato un’identità politica fortemente conservatrice, con la celebre frase: «Io sono Giorgia, sono una donna, sono una madre, sono cristiana». Parole che escludono la dimensione femminista e respingono l’idea di strumenti come le quote di genere. Ma quale tipo di rappresentanza offre, dunque, una leadership femminile che non mette in discussione il modello di potere esistente?

Le donne conservatrici riescono a salire al potere non perché sono più capaci, ma perché sono meno minacciose per l’ordine stabilito. Aderiscono, spesso in maniera inconsapevole, a una cultura politica che premia chi non intende cambiarla. 

In questa prospettiva, per esempio, Édith Cresson, prima donna che, nel 15 maggio 1991, iniziò a guidare il governo francese. Lei rappresentava una conquista storica ma isolata, non accompagnata da un cambiamento strutturale. Infatti non ha proposto alcuna legge per la parità o contro la violenza di genere, nessun modo per progredire nelle conquiste femministe.

Una donna può arrivare in alto, ma resta spesso un’eccezione funzionale e dimostra una falsa inclusione, senza alterare davvero le dinamiche del potere.

Eppure, esiste un’altra via.

Un potere diverso, non verticale e non performativo, ma orizzontale e relazionale. Si tratta di un potere che non punta alla conquista del vertice, ma alla trasformazione delle regole del sistema, un linguaggio che parla a chi non si sente rappresentato e che intreccia politica e quotidianità.

Il punto, dunque, non è solo aumentare il numero di donne nei luoghi decisionali, ma ripensare il potere stesso.

Se il modello resta quello tradizionale, ovvero quello patriarcale, individualista e gerarchico, la leadership femminile rischia di diventare conservatrice ed escludente. 

In conclusione, il futuro della leadership femminile non può limitarsi alla mera presenza di qualche donna nel governo. Occorre una trasformazione profonda dei linguaggi, delle dinamiche e del pensiero che viene diffuso. Serve un potere che non sia soltanto “rosa”, ma anche concepito diversamente. In questa direzione, le nuove generazioni di attiviste, scrittrici e divulgatrici, come scrive Elena Panciera in “Perché le donne conservatrici fanno più carriera?” stanno già tracciando percorsi alternativi: meno orientati al comando, più attenti alla cura, alla giustizia sociale e alla partecipazione collettiva.

La domanda, quindi, che dobbiamo porci in quanto cittadinə attivə è: vogliamo più donne al potere oppure vogliamo un potere diverso, capace di includere davvero tuttə?

SITOGRAFIA

https://thevision.com/politica/donne-conservatrici-potere

https://www.ilsole24ore.com/art/governo-meloni-primo-premier-donna-ma-quota-femminile-e-piu-bassa-2011-AEZbb0CC

https://www.rsi.ch/cultura/societa/Perch%C3%A9-le-donne-conservatrici-fanno-pi%C3%B9-carriera–2716280.html