L’importanza di chiamarsi Okjökull
«A sud-est di Húsafell si estende la straordinaria valle di Kaldidalur, che sfiora il margine di una serie di ghiacciai offrendo incredibili vedute della calotta glaciale del Langjökull (il secondo ghiacciaio d’Islanda per dimensioni); nelle giornate più terse si riescono a vedere anche i ghiacciai Eíriksjökull, Okjökull e Þórisjökull». (1)
Il territorio islandese offre all’incirca la bellezza di 400 ghiacciai, per la maggior parte nati sulle vette di vulcani dormienti o ormai defunti.
Questa piccola-media isola, abbandonata nell’Oceano Atlantico e a pochi chilometri dalla cugina Groenlandia, vanta uno spettacolare ecosistema dettato da pungenti fiordi, paesaggi lunari e soprattutto dall’incontro tra ghiaccio e fuoco.
Tuttavia, la varietà del panorama nordico è vittima, di anno in anno, di quella terribile devastazione causata dai cambiamenti climatici. Checché in molti neghino gli effetti distruttivi portati dal surriscaldamento globale, sono numerose le prove che invece ne evidenziano la sua portata, colpendo innanzitutto i paesi ricchi di ghiacci e poco distanti dal Circolo polare artico, dimezzandone anche la fauna.
Il 18 agosto 2019, in Islanda per l’appunto, è accaduto un evento molto particolare e che certamente avrete avuto modo di leggere: il funerale di un ghiacciaio.
Ok è un monte alto 1170 metri, appartenente al complesso glaciale di Langjökull, da qui nasce il suo nome: Okjökull, ossia “ghiacciaio del monte Ok”.
Nel corso degli anni – come si può vedere nei diversi video che circolano in rete frutto delle osservazioni Nasa – il ghiacciaio che sovrasta la cima è progressivamente scomparso. La causa è riconducibile all’innalzamento delle temperature, che negli ultimi anni ha distrutto molti ghiacciai islandesi.
Alla cerimonia funebre hanno assistito la premier islandese Katrín Jakobsdóttir e numerosi manifestanti, terminando con l’assegnazione di una targa al ghiacciaio. Dichiarato morto già nel 2014, l’Okjökull vede la sua fine alla giovane età di 700 anni, aggiungendo ulteriore timore sul destino delle nostre calotte glaciali.
Dopo l’Islanda è stato tuttavia anche il turno della Svizzera, commemorando anch’essa il decesso del suo ghiacciaio: il Pizol. (2)
Da che cosa deriva questa nuova pratica funeraria nei confronti dei ghiacciai distrutti? Una plateale ed eccessiva trovata di ecologisti e fanatici? Oppure rispecchia una nostra necessità esistenziale di celebrare ciò che non c’è più?
Andri Snær Magnason, autore islandese, scrive nella targa commemorativa: «Nei prossimi 200 anni tutti i nostri maggiori ghiacciai subiranno lo stesso destino. Questo monumento è per rimembrare cosa sta accadendo e cos’è necessario che venga fatto». (3)
Il surriscaldamento globale è dunque un fatto, non una mera illusione o vana preoccupazione da accantonare; un campanello d’allarme forte e chiaro che la nostra Terra ci lancia affinché venga finalmente colto e modificato.
«Il cambiamento climatico non ha un inizio o una fine e penso che la filosofia dietro questa placca sia di dettare un segno di avvertimento che ricordi a noi stessi degli eventi storici che stanno accadendo, e di non considerarli come normali. Dovremmo tornare con i piedi per terra e dire, va bene, questo è andato, questo è (tuttavia) significativo». (4)
Il global warming, così viene conosciuto ormai a livello mondiale, è una realtà tangibile: sono numerosi i documentari, i libri o le conferenze che tentano di sviluppare una coscienza ecologica comune e che schiariscono le menti sulle cause e gli effetti dell’inquinamento.
In ottobre ho avuto modo di vedere con i miei occhi il frutto di questa catastrofe in crescendo.
Lungo il mio viaggio in Islanda, ho potuto visitare la celebre Glacier lagoon, situata nella parte sud-est dell’isola e proprio sotto il parco nazionale del Vatnajökull. Il tour con la barca anfibia tra i ghiacciai è stato unico, ma allo stesso tempo insito di drammaticità.
La guida ci ha spiegato di come il paesaggio lagunare islandese subisca quotidianamente dei cambiamenti, nel giro di pochi mesi i ghiacci che sovrastano l’acqua della laguna e della Diamond beach diventano sempre più piccoli, fragili e sottili. Il colore trasparente e azzurrognolo non è un segnale positivo, ma indica per l’appunto lo scioglimento della sua superficie; senza contare l’insensato comportamento dei numerosi turisti che si recano in zona, i quali non aiutano il mantenimento dell’ecosistema e della già precaria solidità dei blocchi di ghiaccio salendoci sopra durante i servizi fotografici: il contatto con un corpo estraneo e caloroso come il nostro non fa che accelerare lo scioglimento dello strato superficiale dell’iceberg.
L’Islanda è composta da un paesaggio selvaggio, vergine e pertanto va rispettato nella sua naturalezza, senza andare a modificarlo con le nostre foto ricordo o nel tentativo di entrare più del dovuto all’interno di questa meravigliosa terra.
Gli uomini non solo di anno in anno continuano a produrre inquinamento per mezzo dei loro pessimi comportamenti, operano in maniera del tutto egoistica, sentendosi padroni del mondo. L’essere umano si è trovato a chiamare casa il pianeta terra, come ospite non come creatore. I nostri atti, ma in particolar modo taluni progressi scientifici e tecnici, comportano delle conseguenze, colpendo sempre e comunque le persone e l’ambiente che ci circonda, talvolta positivamente e altre volte invece in maniera del tutto irreversibile. La libertà è un bene prezioso che ci è concesso ed è nostro diritto esercitare, ma pur sempre in maniera giudiziosa, considerando che siamo tutti legati indissolubilmente alla terra da cui proveniamo e a tutti gli esseri viventi – molti dei quali vulnerabili e indifesi – con cui coesistiamo.
(1) Bain, Carolyn, Averbuck, Alexis, Lonely planet: Islanda (trad.it.), Torino: Edt, 2017, p. 198.
(2) https://www.repubblica.it/ambiente/2019/09/22/news/_addio_al_ghiacciaio_pizol_la_provocazione_degli_ambientalisti-236650834/
(3) Traduzione mia del discorso di Magnason https://www.bbc.com/news/world-europe-49345912
(4) Ibidem.
Bibliografia
Bain, Carolyn, Averbuck, Alexis, Lonely planet: Islanda (trad.it.), Torino: Edt, 2017.
Sitografia
https://www.bbc.com/news/world-europe-49345912
https://www.repubblica.it/ambiente/2019/09/22/news/_addio_al_ghiacciaio_pizol_la_provocazione_degli_ambientalisti-236650834/
Storia dei cambiamenti climatici
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