Diritti di chi?
Giunti al termine del secondo conflitto mondiale, uno dei momenti più cupi della storia dell’umanità, si è sentita l’esigenza di affermare l’importanza della vita dei soggetti coinvolti. Era il 10 dicembre 1948 quando l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite proclamò la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Dal punto di vista teorico, il primo articolo non dà adito a fraintendimenti:
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.
Tuttavia, sappiamo che nonostante siano passati 70 anni dalla Dichiarazione, questo principio fondamentale non sia ancora stato ben accettato dalla popolazione mondiale.
Nel 2018 si parla ancora di diritti mancanti, di lacune normative e di oggettivizzazione del “diverso”: animali, disabili, donne, persone LGBT+, stranieri… a volte anche bambini e bambine. Tutte queste esclusioni dal documento del ‘48 hanno comportato la nascita, nei decenni successivi, di una serie di Dichiarazioni vòlte ad affermare e sottolineare l’importanza del rispetto e della salvaguardia dei diritti di tutti coloro che appartengono alle categorie sopracitate. Un esempio è la Dichiarazione delle persone con disabilità, alla quale Filosofemme ha dedicato un articolo di recente.
Vi è però una categoria citata poc’anzi che non può scrivere la propria difesa nei confronti di chi continuamente commette un sopruso dei suoi diritti, mai sanciti da nessuna legge: quella degli animali.
La giornata mondiale dei diritti dell’uomo, dal 1998 è divenuta anche la giornata internazionale dei diritti degli animali, grazie all’associazione inglese Uncaget Campaigns.
Oggi si sono compiuti passi da gigante nei confronti del riconoscimento del benessere animale, ma vale anche per il diritto? In realtà a livello normativo non è stato ancora delineato il problema della discriminazione basata sul carattere della specie e l’atto che ne parla in maniera più ampia è certamente la Dichiarazione dei diritti animali dell’UNESCO, siglata nel 1978 a Parigi. Si tratta di un documento importantissimo, che sottolinea la necessità per il mondo animale di avere dei diritti che regolino e tutelino il loro rapporto da e con l’animale umano. Ciò che va chiarito è il concetto che il filosofo Tom Regan sosteneva nei suoi testi: il livello del diritto e il livello del dovere non sono necessariamente collegati. Se si pensa ai nostri simili, vi sono casi in cui le persone hanno solo diritti e non doveri dettati dalla legge, quindi questo principio è tranquillamente applicabile anche a tutti gli altri animali. Estendendo tale “diritto al diritto”, si riconosce il principio dell’etica della cura. È fondamentale che l’animale umano si curi del rispetto verso gli animali non umani, seppur comunicando in un linguaggio differente. L’etica della cura, tuttavia, dovrebbe essere un principio estendibile anche a tutti gli animali umani: l’avere cura del rispetto e delle relazioni è una caratteristica imprescindibile per il riconoscimento dei diritti di tutte e tutti.
Tuttavia, come possiamo aspettarci che ciò avvenga se l’animale umano non rispetta neppure i propri e le proprie simili?
Negare che non siano stati compiuti dei passi avanti dal ‘48 ad oggi sarebbe errato: il fatto stesso che si sia sentita la necessità di iniziare una riflessione riguardante tutti gli esseri animali esistenti, dovrebbe farci comprendere che la via intrapresa è quella giusta. Ciononostante, non si può fingere che la strada da percorrere non sia in salita e piena di ostacoli. Proprio per questo dovremmo riflettere oggi, a 70 anni dalla pubblicazione di un documento così importante per la nostra storia, sulle tematiche riportate in questo testo e attualizzarle in un’ottica contemporanea e sempre più inclusiva, affinché il diritto non cambi, ma si evolva verso un grado di maggiore consapevolezza.
FONTI
Flores M. (a cura di), Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, Lavis (TN), Lorenzo Barbera Editore, 2008.
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