L’inganno di essere un libro aperto

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«He sees the truth. It’s written all over our faces» (1)

Spesso e volentieri si viene accusati di essere dei “libri aperti” o ci viene ribadito come certe cose “si leggano in faccia” prima ancora di poterle proferire. In effetti non possiamo dare tutti i torti a queste rimbeccate perché, come lo studio del linguaggio non verbale ha fatto emergere il volto, le parole, i gesti, ma anche i nostri stessi silenzi sono più rivelatori di quanto si pensi

A tutti è sicuramente capitato di barcamenarsi in una conversazione in lingua straniera, si pensi magari a una cena in un ristorante dove si chiedono al cameriere anche solo due caffè. Istintivamente colorerete la vostra frase con il gesto di due dita delle mani (che guarda caso rappresentano anche la vittoria, giusto per sottolineare la ricchezza di significato di quell’atto). Ebbene, il nostro corpo accompagna in un certo qual modo il nostro pensiero e il nostro parlare: non si tratta del solito stereotipo dell’italiano gesticolante, giacché anche Merleau-Ponty e Sartre, due filosofi francesi, sostenevano l’idea del corpo come mezzo d’azione e di comprensione guidato dalla mente entro un certo spazio d’azione. 


Ma cosa succede quando oltre all’osservare ogni singolo gesto che accompagna il nostro parlare puntassimo la lente di ingrandimento anche alla psiche, alle emozioni che ne possono trapelare?


Si tratta allora di un’indagine più profonda, più acuta e che spesso sfugge al nostro controllo, perché dopotutto non si possono comandare i nostri sentimenti. 

La serie tv americana Lie to me è stata portatrice di grande attenzione su questo tema, consentendo al grande pubblico di scoprire e interessarsi allo studio fisiologico dell’essere umano, ai nostri movimenti inconsci e veritieri: le cosiddette microespressioni (2), ossia «espressioni che forniscono il quadro completo del sentimento che l’individuo cerca di dissimulare, ma così rapidamente che di solito passano inosservate» (3). Questo termine viene coniato dallo psicologo statunitense Paul Ekman, pioniere nello studio fisiologico dell’uomo e delle sue emozioni; e è proprio da lui e dai suoi lavori che prende ispirazione la nota serie con protagonista Tim Roth.


Secondo Ekman, tutti gli esseri umani presentano emozioni universali: paura, rabbia, tristezza, felicità, disgusto e sorpresa.


Queste sono uguali per tutti e dunque riconoscibili anche fra etnie diverse, come lo studio dello stesso psicologo presso le popolazioni indigene in Papua Nuova Guinea ha dimostrato (1972) (4). A queste Ekman ha poi successivamente aggiunto altre emozioni, chiamate secondarie, come: imbarazzo, divertimento, colpa, eccitamento, ecc. (5)

Prima di questi studi, era usanza affidarsi al famoso “poligrafo” per ricercare la verità soprattutto in campo investigativo. Gli studi di Ekman hanno però evidenziato enormi problemi nell’utilizzo esclusivo di questo strumento e infatti egli afferma nel suo I volti della menzogna (1985) che «Una microespressione può rilevare rabbia, paura, senso di colpa, ecc., il poligrafo può dirci soltanto che l’interrogato prova una qualche emozione.» (6)

Per migliorare il riconoscimento di questi rapidi movimenti del corpo, egli ha creato allora il sistema F.A.C.E. (Micro Expression Training Tool), in grado di esercitare l’utente alla discriminazione delle emozioni umane nei secondi in cui queste vengono attuate. (7)


Il linguaggio è sicuramente il terreno più fertile su cui indagare e dove le più differenti discipline si incontrano condividendo un unico fine.


La filosofia, la semiotica, l’antropologia, la storia, la linguistica sono tutte branche del sapere che cooperano affinché si scopra e si conosca il nostro modo di comunicare, da dove deriva e fin dove arriverà. 

La bellezza del linguaggio non è data, allora, tanto dall’uso di belle parole, del corretto impiego dei tempi verbali o dalla poeticità delle proprie frasi, quanto dall’impalcatura che lo sorregge, dalla vastità dei mondi che stanno dietro alla comunicazione. Mondi che sono fatti di silenzi che valgono più di mille parole, sottintesi che lasciano presagire quello che si vorrebbe dire o che soltanto si pensa, ma soprattutto espressioni, tic e piccoli gesti che svelano le reali intenzioni dell’interlocutore, se soltanto si aguzzasse la vista e l’attenzione necessaria. I lapsus, le ripetizioni, le cosiddette “non parole” (8) («Uhm…Ehm…») ma anche uno sguardo fisso possono significare turbamento, agitazione.

E allora: Look closer.


(1) Tagline della serie tv Lie to me URL: https://web.archive.org/web/20120129034828/http://www.movieposterdb.com/poster/c3cf285c
(2) Ekman, Paul, I volti della menzogna. Gli indizi dell’inganno nei rapporti interpersonali, Firenze: Giunti, 2009, p.119.
(3) Ibidem.
(4) https://www.stateofmind.it/2018/06/paul-ekman-emozioni-espressioni-facciali/
(5) Ibidem.
(6) Ekman, Paul, I volti della menzogna. Gli indizi dell’inganno nei rapporti interpersonali, Firenze: Giunti, 2009, p.184.
(7) https://www.stateofmind.it/2018/06/paul-ekman-emozioni-espressioni-facciali/
(8) Ekman, Paul, I volti della menzogna. Gli indizi dell’inganno nei rapporti interpersonali, Firenze: Giunti, 2009, p. 80. 

Bibliografia:

Ekman, Paul, I volti della menzogna. Gli indizi dell’inganno nei rapporti interpersonali, Firenze: Giunti, 2009.
https://web.archive.org/web/20120129034828/http://www.movieposterdb.com/poster/c3cf285c
https://www.stateofmind.it/2018/06/paul-ekman-emozioni-espressioni-facciali/