Viviamo nell’era della tecnologia: i cellulari, internet e, soprattutto, i social media sono parte integrante della nostra vita quotidiana. Lo sono talmente tanto che non riusciamo a pensarci più senza. Uscire e dimenticare a casa il cellulare è una tragedia. L’avvento della tecnologia, in ogni sua forma, ha cambiato radicalmente la nostra vita, molto spesso in meglio.
La mente umana è stupefacente, è capace di pensare e creare cose fantastiche, ma è tutto oro quel che luccica?
Nell’era dell’Internet, dove tutti siamo connessi tra noi in ogni parte del mondo, tuttavia, è facile (e molto spesso accade) sentirsi soli. Questo perché, come tutte le cose, anche quelle che sembrano le più belle hanno in sé luci e ombre. Oggigiorno, sebbene l’individuo sia circondato da mille amici sui social, è solo. C’è un individualismo sfrenato che porta le persone a rinchiudersi sempre più in loro stesse ed escludere gli altri, siamo egoisti, opportunisti. Su Facebook tramite un semplice “click” possiamo avere migliaia di contatti, eppure tra tutte queste persone chi sono quelle che conosciamo davvero?
Viviamo nell’epoca dove è tutto comodo e a portata di mano e finiamo per dare per scontate un sacco di cose: l’amicizia, l’amore, il conoscere una persona.
I social media ci permettono di condividere foto, immagini, canzoni, tutto quello che ci piace. Il risultato qual è? Viviamo in un mondo virtuale, dove possiamo plasmare momenti della nostra vita come più ci piace. Viviamo in funzione di arricchire il nostro profilo di foto e video per accumulare like e commenti. È difficile vivere in quest’epoca, dove anche un momento noioso può diventare pazzesco se lo si posta nel modo giusto: la percezione che abbiamo delle cose è distorta e spesso e volentieri non somiglia affatto alla realtà.
Come si riversa tutto questo sulla vita vera, sulle relazioni sociali?
È difficile costruire rapporti profondi, perché spesso e volentieri se ne creano di circostanza: ci si vede per uscire, ma è difficile trovare qualcuno disposto ad ascoltare o a esserci nei momenti di vero bisogno. Ciò, perché facciamo fatica a comunicare. Infatti la comunicazione non è sempre foriera di positività e arricchimento personale, anzi, a volte può essere distruttiva e finalizzata solo al rafforzamento delle proprie convinzioni senza ascoltare veramente ciò che gli altri hanno da dire, proprio perché l’altro viene negato.
In questo modo, si rafforza l’isolamento e la chiusura in se stessi nell’ottica, però, della comunicazione con tutti quanti e questo sembra essere quasi un ossimoro o comunque un controsenso. Internet, dunque, favorisce un processo di massificazione o di individualizzazione? Rispondere a questa domanda è complesso, ma ci sono alcuni studiosi, ad esempio Castells (2), che parlano di comunicazione individuale di massa: in un certo senso, sei a un passo dal comunicare con tutti e con nessuno.
La maggior parte dei rapporti tra i giovani sono passeggeri e veloci e c’è la necessità di avere tutto e subito e questo perché?
Perché si conoscono già, ma in un senso molto superficiale: si ha la tendenza a eliminare il concetto di privacy, perché postiamo qualunque cosa ci passi per la testa e questo non è sempre positivo. La trasparenza dei social, infatti, «può essere realizzata e diretta dalle grandi piattaforme tecnologiche dell’informazione e della comunicazione con obiettivi di controllo e dominio» (1). In sostanza, quello che ci si chiede è se Internet sia veramente così libero come sembra, e questo è un quesito etico molto complesso: da un lato esso ci dà la possibilità di pensare che possiamo navigare sulla rete senza nessun vincolo, dall’altro è davvero così?
Uno degli aspetti più interessanti del web è sicuramente la sua fruibilità da parte di chiunque (tutti possono leggere e inserire informazioni), caratteristica che in apparenza fa sentire gli individui uguali tra loro.
Tuttavia non è così perché delle gerarchie ci sono sempre tra chi scrive e chi legge e quello che si paventa dietro tutto questo è l’appiattimento della comunicazione e la mancanza di spirito critico, perché non solo tendiamo a leggere un determinato contenuto in maniera passiva, ma inizieranno a comparire dei rimandi a contenuti simili, che porteranno l’utente ad assumere un atteggiamento conformistico.
Infatti quando mettiamo un like a un contenuto, in realtà non facciamo altro che dare informazioni su quelli che sono i nostri gusti o i nostri sentimenti che vengono elaborati in modo da creare una comunicazione personalizzata e conforme a ciò che piace ad ognuno di noi (Big Data). Un altro esempio lampante, a proposito di ciò, sono i messaggi pubblicitari sponsorizzati che vediamo comparire sulle nostre pagine di navigazione, che riprendono le nostre ultime ricerche: se ho guardato un sito di abiti online, il giorno dopo aprendo Facebook troverò degli annunci del sito di abiti che avevo precedentemente guardato.
Se ci riflettiamo a fondo, ci accorgiamo che operazioni di questo tipo non sono mai innocenti e imparziali: al contrario in un certo senso mettono in crisi la nostra stessa identità, perché viene spontaneo chiedersi se siamo individui dotati di raziocinio e sentimenti o solo dei dati sui quali costruire analisi.
Si finisce per sentirsi, anche solo in parte, reificati e usati. Sembra quasi che la vita umana si debba piegare e ridurre a logiche commerciali piuttosto che lasciare spazio alla cultura e al ragionamento critico.
Quello che si è detto, ovviamente, non vuole essere un attacco totale verso Internet e tutto quello che esso ha dentro di sé (social media, ecc.), perché è quasi impossibile al giorno d’oggi vivere senza, e, in generale, il web è una risorsa piena di opportunità, tuttavia è vero che i giovani fanno molta più fatica a distinguere il mondo reale da quello virtuale, perché tutti i nostri dispositivi diventano delle interfacce che congiungono la realtà alla virtualità eludendo la fisicità, la tangibilità, con il rischio dell’alienazione senza manco accorgercene.
È per questo motivo che è necessaria una riflessione critica sull’uso e l’abuso che facciamo del web, perché ci deve rendere più consapevoli e più responsabili, deve orientarci verso il confronto e l’apertura agli altri, verso la libertà e l’arricchimento sociale e personale, per evitare una fruizione passiva dell’Internet, che porta solo all’aridità della comunicazione, all’ignoranza e al parlare per luoghi comuni.
(1) b. bandinu, Lettera a un giovane sardo sempre connesso, Domus de Janas, 2017, pag. 109
(2) Castells (sociologo) si occupa soprattutto di analizzare come si costruiscono le relazioni di potere nell’ambito della comunicazione digitale
“Ciao ChatGPT…”
3 Novembre 2024Frugalità
27 Ottobre 2024“Eva virale”: intervista ad Angela Balzano
13 Ottobre 2024
-
MAW. Una mostruosa vendetta contro il patriarcato
8 Febbraio 2024 -
Archivio dei bambini perduti
6 Dicembre 2019 -
Per la libertà: l’attivismo femminile in Russia
28 Marzo 2022
Filosofemme è un progetto che nasce dal desiderio di condividere la passione per la filosofia tramite la figura delle filosofe.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Privacy PolicyCookie Policy