Siamo abituati a pensare alle nostre case come a luoghi che ci rispecchiano, che riflettono ciò che siamo, il nostro passato, le nostre abitudini, il nostro vissuto quotidiano. Ma cosa accadrebbe se vivessimo sotto l’imperativo di spersonalizzare gli spazi, di viverli in modo transitorio e cancellare ogni traccia del nostro passaggio una volta andati via?
Questo è uno dei temi centrali di Configurazione Tundra, romanzo d’esordio di Elena Giorgiana Mirabelli, ambientato in un futuro distopico dove la nazione è stata riorganizzata in città-biomi costruiti secondo un rigido progetto architettonico allo scopo di ripogrammare gli esseri umani che li abitano. La vita in questi luoghi è transitoria (ci si sofferma per un periodo di tre mesi) e standardizzata, in un sistema che rende la città una sorta di catena di montaggio.
Gli edifici sono scatole, le strade sono linee, profumi e colori sono studiati a tavolino per suscitare determinate emozioni e indurre comportamenti prestabiliti.
Il lettore entra in questo mondo attraverso gli occhi di Diana, la protagonista del racconto. Contrariamente a quanto previsto dal rigido regolamento – che comanda di cancellare ogni traccia di sé ogni volta che termina il periodo di vita in un’abitazione – Diana scopre presto che il non-luogo a lei assegnato è caratterizzato di moltissimi frammenti di vita della precedente inquilina. La scia di ricordi lasciati da Lea, figlia della celebre architetta e teorica che ha progettato Tundra, conducono perciò Diana e il lettore alla scoperta di quella soggettività assente, eppure ancora così presente nei luoghi che precedentemente abitava.
Seguendo le orme della ricerca di Diana, Configurazione Tundra accompagna il lettore nell’esplorazione di temi quali l’assenza, il ricordo, l’identità e la fisicità di corpi e spazio, raccontandoci molto anche su come abitiamo i nostri luoghi e su chi siamo in simbiosi con essi.
Elena Giorgiana Mirabelli, Configurazione Tundra, Tunué, Latina, 2020, pp. 106.
Grazie a Tunué!
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