Terre dialoganti: donne e arte

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Terre dialoganti

Si è recentemente conclusa la trentesima edizione del SI FEST, Festival della Fotografia a Savignano sul Rubicone in provincia di Forlì-Cesena che accoglie tantissimi artisti a livello nazionale e internazionale. Tema di quest’anno è “Futura. I domani della fotografia” con cui si intende sia la fotografia al femminile che quella «senza distinzione di genere, alla latina, come il plurale delle cose destinate a esistere e pronte a venire alla luce. Da sempre la fotografia è stata lo strumento prediletto per sondare, scoprire e portare alla luce ciò che non era ancora evidente ai più, per portarci in mondi lontani o anche solo per rivelare la verità nei mondi a noi vicini» (1).

All’interno del SI FEST si è sviluppato anche il SI FEST OFF ovvero il Festival Indipendente di Fotografia e delle arti visive dedicato agli artisti emergenti nel campo della fotografia, della video arte, delle installazioni e della performance (2).

Nell’ambito delle arti performative ho conosciuto due artiste romagnole che hanno esposto le loro opere con una mostra intitolata “Terre dialoganti”, in cui i character di argilla a crudo di Manuela Carabini incontrano le composizioni della ceramista Silvia Granata. 


Le loro produzioni artistiche condividono una dimensione comune: il raffinato equilibrio tra materia e anima, tra il visibile e l’invisibile, tra gli elementi naturali e le forme, il quale porta profondi significati filosofici.


Manuela Carabini è una pittrice, decoratrice, scultrice che si è formata sin dall’adolescenza in laboratori di arti performative di vari artisti, scenografi e pittori. È stata fondatrice della Compagnia del Serafino, Teatro di figura, per cui ha lavorato sei anni costruendo oggetti di scena e animando sul palco le sue creazioni (3). Carabini ha partecipato a diverse rassegne d’arte e a concorsi nazionali e internazionali (2015 Tokyo e Lisbona). A maggio 2021 nell’Art Gallery di Ravenna ha esposto le sue ultime opere: dei cretti argillosi, che ricordano l’arte di Alberto Burri, realizzati attraverso un’alchimia degli elementi naturali che dialogano e si trasformano l’uno con l’altro. Acqua, aria, terra e fuoco stanno alla base della poetica di immaginalista visiva dell’artista, che ha un chiaro riferimento filosofico alle quattro radici di Empedocle, da cui tutto nasce e si sviluppa.


Le quattro radici sono spinte ad aggregarsi e a separarsi dall’azione di due forze opposte chiamate Amore (Philìa) e Odio (Neìkos).


Queste due forze si avvicendano nell’universo e determinano il ciclo cosmico costituito da quattro diverse fasi che si alternano senza fine. Anche le composizione dei character di argilla avvengono attraverso tre determinate fasi di produzione, che richiamano simbolicamente quelle empedocliane: (i) stesura dell’argilla a crudo sulla tela, la quale viene preparata attraverso uno specifico impasto realizzato con acqua e vari tipi di colle, che rappresenta il dialogo e la connessione degli elementi naturali.

Dopo aver steso l’impasto si applica il colore acrilico e si lascia a riposo fino a quando nel cretto argilloso si formano delle spaccature (fase di odio e allontanamento degli elementi);  (ii) nella seconda lavorazione l’artista scioglie sopra al cretto la paraffina che crea un nuovo equilibrio; (iii) infine nell’ultima fase è il fuoco che assume un valore predominante in quanto trasforma la materia rompendo i vecchi legami, dando alla materia calore, vita e struttura. 


Carabini ha tenuto pubblicamente in una serata del Festival la performance del fuoco e ha raccontato in merito: «il fuoco è l’elemento alchemico che ha funzione sia materiale che simbolica: fonde e brucia la paraffina sulla tela, rompendo e ricreando un nuovo equilibrio tra gli elementi. Allo stesso tempo rivela allo spettatore sensazioni inconsce, in quanto la materia diventa realtà viva e vivificante» (4).


Silvia Granata è una ceramista che ha esposto le sue opere in numerose mostre collettive e personali a livello nazionale e internazionale come “In a Crowded Silence. Touch Ceramics” a Hong Kong, “XIV Bienal Internacional de Ceramica de Aveiro” in Portogallo, “Icaa Blanc de Chine. International Ceramic Art Award” in Cina e in Francia, ottenendo diversi premi e riconoscimenti (5).

La sua arte si esprime attraverso la ceramica traendo ispirazione dai contrasti, dai colori (in particolare dalla zona grigia che si crea fra il bianco e il nero), e anche dall’architettura e dal design.

Anche Granata, come Carabini, crea delle cosmogonie artistiche molto innovative e sensoriali in cui diventa fondamentale il gioco di equilibrio dei vari elementi in ceramica. L’insieme delle molteplici parti della sua opera rappresenta simbolicamente l’interconnessione fra gli individui e le loro comunità: una materia che oltrepassa il suo essere statico e che diventa relazionale.

Afferma l’artista: «A seconda del peso di ogni elemento, l’installazione diventa una somma di numeri primi, una serie di elementi che possono essere divisi solo per se stessi e che possono essere chiamati “atomi”. Le mie opere sono una rappresentazione dell’individualità che assume però valore nella sua dimensione relazionale e interattiva» (6).


Le cosmogonie delle artiste non sono per loro natura immutabili, ma si modificano e si rimodellano durante le varie fasi delle loro produzioni: i materiali che utilizzano si trasformano continuamente in forme e significati differenti che variano a seconda del contesto e della specifica dinamica che si crea tra gli elementi naturali.


Il risultato è un’elaborazione materica che è sempre in contatto con l’anima dell’artista e con le sensazioni che produce nello spettatore: un’opera che regala il viaggio di un’esperienza artistica.

Interessante è la riflessione critica di Carabini e Granata in merito alla relazione che intercorre tra l’essere artiste e la società. Si tratta di un rapporto complesso perché anche l’ambito artistico è pervaso da molteplici discriminazioni che causano una netta disparità di genere: la percentuale della presenza femminile nel mercato dell’arte è nettamente inferiore rispetto a quella maschile, le artiste guadagnano di meno dei loro colleghi uomini e hanno maggior difficoltà nell’ottenere premi e riconoscimenti. Le due artiste romagnole hanno talvolta percepito dal contesto sociale una svalutazione della loro produzione artistica determinata sia dal fatto di essere donne che si occupano di arte, sia perché la loro arte spirituale e il loro pensiero si scontra con il materialismo capitalistico proprio dello stile di vita contemporaneo. 


Diventa per questo davvero importante incentivare le artiste e la loro produzione.


In modo particolare in questo periodo storico: il periodo di pandemia Covid-19 ha impoverito i nostri legami interpersonali e l’arte può essere un’occasione per ripensare a noi stessi, alle relazioni con gli altri e all’ambiente, per percepire la vulnerabilità umana, per riflettere sui rapporti e sulle prospettive di sopravvivenza spirituale, nel momento in cui le nostre abitudini vengono messe in discussione, oggi come non mai.





(1) Cfr. https://www.sifest.it/it/si-fest/il-festival.html#festival

(2) Cfr. https://www.arte.go.it/event/si-fest-off-2021-xii-edizione/

(3) Cfr. https://www.itinerarinellarte.it/it/mostre/manuela-carabini-la-materia-per-fare-anima-2417

(4) Intervista a Manuela Carabini durante il Si Festival.

(5) Cfr. http://www.silviagranata.it/

(6) Silvia Granata, “El Vendrell  IX Biennal Internacional de Ceràmica”.

Immagine di copertina: particolare della locandina originale della mostra “Terre dialoganti”, utilizzata con il solo scopo di esplicitare il contenuto dell’articolo per renderne fruibile la lettura. Nessun utilizzo commerciale. La redazione rimane a disposizione per qualsiasi chiarimento.
Fonte: https://www.facebook.com/offsavignano/photos/6303494086357860