L’enciclopedia Treccani definisce la pornografia: «Trattazione o rappresentazione (attraverso scritti, disegni, fotografie, film, spettacoli, ecc.) di soggetti o immagini ritenuti osceni, fatta con lo scopo di stimolare eroticamente il lettore o lo spettatore» (1). Ciò che immediatamente balza all’attenzione è l’aggettivo “osceno”, che ha la funzione di demonizzare la pornografia – e presumibilmente anche chi concorre nel realizzarne i contenuti – fornendo un giudizio di valore che sottende la volontà di tracciare i limiti della sessualità e del piacere normando ciò che è socialmente e moralmente accettabile.
Il mio obiettivo è pertanto riflettere su come la pornografia, al di là degli stereotipi e dei pregiudizi che la ammantano, possa essere una forma di emancipazione e che dunque si possa pensare a una “pornografia liberatoria” in cui il giudizio morale viene sospeso in favore di una visione fenomenologica che consente di affrontare il tema in modo neutrale, senza alcun giudizio né preconcetto culturale (2). Infatti, come ricorda la regista svedese di film per adulti Erika Lust, il porno commerciale ci ha abituatǝ all’immagine della donna come esclusivo oggetto di piacere per la controparte maschile, l’unica a beneficiare dell’atto sessuale rappresentato (3).
Ciò influisce ampiamente sul significato che attribuiamo a tali contenuti: se nella finzione si rappresenta la maggior parte delle volte una donna debole e bisognosa di aiuto che viene immancabilmente soccorsa dall’uomo-eroe il quale in cambio ottiene da lei, in modo più o meno consensuale, una prestazione sessuale che gli permette di raggiungere il massimo godimento, è chiaro che nell’immaginario di chi fruisce del porno mainstream è l’uomo la soggettività costantemente eccitata che necessita di soddisfare le proprie pulsioni sessuali mentre la donna è l’oggetto, il mezzo, tramite cui verrà raggiunto l’orgasmo (4).
Non vi suona essere una narrazione nuova? Questo perché l’industria cinematografica che produce film per adulti deve, pena l’estinzione della pornografia stessa, adattarsi e rispecchiare l’idea culturalmente approvata del sesso focalizzato sul piacere maschile.
Praticare il sesso, masturbarsi, guardare porno, non vergognarsi dei propri istinti sessuali sono prerogative concesse a chi è stato educato come uomo mentre alle donne, soprattutto in una certa fase della vita, è precluso l’accesso alla sessualità e farsi strada nella conoscenza del proprio corpo è certamente più complesso. Ecco che per lǝ registǝ di pellicole porno non è per nulla importante rappresentare il desiderio e il piacere femminile neanche se si tratta di farlo in forma virtuale, finta e a volte forzata (5). Pertanto è utopico pensare che si potrebbe mai essere rappresentatǝ con tutti i propri bisogni sessuali in un film pornografico (per non parlare poi del fatto che lo si potrebbe anche guardare) dal momento che ciò risulterebbe inappropriato e contro ogni forma di pudore e buon costume, insomma sarebbe un affronto alla società patriarcale!
Fortunatamente la prospettiva sul rapporto tra pornografia e universo femminile sta mutando grazie anche al così detto “porno etico”, ossia una nuova modalità di fare porno che ha come obiettivo quello di rendere tale forma di intrattenimento inclusiva e comprendente ogni sfaccettatura del piacere non solo maschile ma anche femminile: al centro non ci sarà più solo il piacere dell’uomo bianco, cis, etero. Il porno etico si ripropone di eliminare tale dicotomia uomo dominatore/donna sottomessa per ricordare che le donne possono dominare e che vi sono donne che si eccitano non tramite la sottomissione ma attraverso il controllo (e probabilmente ciò vale specularmente per alcuni uomini).
E anche se, come realmente accade, vi sono donne che si eccitano nell’essere sottomesse questo, come spiega Lust, «non vuol dire che è meno femminista, vuol dire che è un essere umano e ha dei desideri» (6).
Nel momento in cui il piacere femminile viene finalmente attenzionato dalla narrazione pornografica è evidente che le forme di piacere che si rappresenteranno saranno più vere per un maggior numero di donne che, dunque, si approcceranno al porno come una fonte non solo di intrattenimento ma anche di conoscenza del loro corpo e di scoperta di nuove forme di piacere (7). Inoltre all’interno dell’industria pornografica verrebbe introdotto, ed è ciò che da più tempo cerca di fare il porno etico, il tema centrale del consenso inteso non solo nei termini contrattuali di attori e attrici che stipulano un rapporto di lavoro ma anche e soprattutto nella rappresentazione di un rapporto sessuale tra due o più partner in cui nulla accade senza il benestare di tuttǝ ed è esclusa ogni forma di violenza.
In questa prospettiva dunque si potrebbe certamente definire il porno etico una rivoluzione femminista, nonostante non siano poche le questioni che vengono sollevate dall’immagine di una donna che esplicitamente, consensualmente e apertamente pratica sesso per denaro (8).
Credo che, probabilmente, se si iniziasse a non attribuire più alla pornografia un’accezione svilente e negativa (ma neppure positiva) e si iniziasse a credere nel potere emancipatore di quest’ultima come forma di riappropriazione di uno spazio da sempre maschile e fallocentrico, si potrebbe arrivare a pensare anche al porno come un terreno di lotta intersezionale (9).
(1) https://www.treccani.it/vocabolario/porno/
(2) A riguardo si veda: S. Bancalari, Fenomenologia e Pornografia, Edizioni ETS, Pisa, 2015.
Nel testo il filosofo si occupa del fenomeno pornografia non da una prospettiva etico-giuridica bensì tramite lo sguardo dell’oggettività e, sulla scia della fenomenologia husserliana, tramite l’epoché ossia la sospensione di ogni giudizio intorno al tema di studio.
(3) Qui il Ted Talk di Erika Lust sulla necessità di rivoluzionare la filmografia porno: https://www.youtube.com/watch?v=Z9LaQtfpP_8.
(4) A tale proposito non può non essere fatto un accenno al voyeurismo androcentrico da sempre implicito nella pornografia: l’uomo che salva la donna in pericolo e da questa ottiene piacere è un’immagine che nel momento in cui viene messa in scena e vista sullo schermo serve a far sì che a eccitarsi e godere sia per lo più il pubblico maschile.
(5) Chiaramente i film porno, come ogni altro genere filmografico, sono il risultato del lavoro da un lato di attori professionisti che in quanto tali recitano ricoprendo ruoli molto diversi e dunque sono abituati a fingere di fronte alle telecamere, e dall’altro lato sono il prodotto di una scenografia confezionata precedentemente in cui si perde già a priori la possibilità che la rappresentazione sia spontanea e del tutto sincera. Su questo tema: Claudia Ska, Sul porno. Corpi e scenari della pornografia, Villaggio Maori, Catania, 2021.
(6) https://www.vice.com/it/contributor/erika-lust
(7) In tal senso si potrebbe pensare anche alla filmografia porno come una forma, seppur complessa e non priva di problematicità, di educazione sessuale per adulti dal momento che è innegabile vi sia una profonda mancanza di conoscenza sessuale nella società odierna.
(8) È nota, del resto, la querelle all’interno dello stesso movimento femminista tra coloro che si posizionano sul fronte del così detto abolizionismo – che si battono per la chiusura delle ditte pornografiche e per una liberazione del corpo della donna dalla conseguente sessualizzazione – e le attiviste che intendono il lavoro pornografico come un’occupazione come un’altra.
(9) A riguardo: Valentine aka Fluid Wolf, Postporno. Corpi liberi di sperimentare per sovvertire gli immaginari sessuali, Eris Edizioni, Torino, 2020. Ed anche: G. Zollino, Sex work is work, Eris Edizioni, Torino, 2021.
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