La filosofia è (anche) donna

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Uno degli obiettivi principali di Filosofemme è dimostrare che la filosofia è anche donna e lo è sempre stata. Credere che non siano esistite donne filosofe ci porta a commettere un errore di fatto. La carenza di informazioni in merito alle figure femminili che hanno contribuito allo sviluppo di tale disciplina ha ormai reso la norma pensare che essa sia nata, si sia sviluppata e continui ad esistere solo grazie agli uomini.

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Ma a cosa serve oggi parlare delle donne filosofe del passato e delle loro storie? A chiunque se lo stesse chiedendo rivolgo a mia volta una domanda: a cosa serve parlare della storia della filosofia solo per metà? L’essere abituati a non sentire parlare di filosofe ci ha fatto credere che esse nella storia non abbiano mai avuto nulla di interessante da dire. La realtà dei fatti è che delle donne non si è mai parlato o se ne è parlato molto poco, perché non sono mai state prese in considerazione con serietà. Un esempio lampante con il quale tutti ci siamo scontrati almeno una volta nella vita è la tipologia di donna che viene presentata in genere nelle scuole dell’obbligo: quella di colei che tutto faceva tranne che filosofare, come Messalina, la moglie dell’imperatore Claudio ricordata per la sua vita piena di sregolatezze, o Lucrezia Borgia, che viene dipinta come una donna serva dei piani del fratello che la dava in sposa a uomini facoltosi per ricevere territori e ricchezze. O ancora la regina Maria Antonietta, che già prima della Rivoluzione Francese aveva la fama di essere frivola e di amare il lusso. Eppure oltre a queste donne ne sono esistite tante altre che dovrebbero essere ricordate per la loro vita dedita agli studi. In pochi, infatti, conosceranno Ildegarda di Bingen, filosofa vissuta nel XII secolo che ha scritto innumerevoli opere che trattano di teologia, ma anche di filosofia naturale e cosmogonia [1]. Più conosciuta sarà forse Mary Wollstonecraft (anche se personalmente ho sempre ricevuto sguardi interrogativi al solo nominarla), madre di Mary Shelley, ma prima di tutto filosofa politica e di forte impronta rousseauniana, nonostante nella sua opera più importante A Vindication of the Rights of Women proponga una confutazione di alcune delle teorie sull’educazione delle bambine che Jean-Jacques Rousseau ha teorizzato nel Libro V del suo Emilio. E ancora meno rinomata è Sarah Grimké, che nel XIX secolo è stata attivista femminista e ha composto un’esegesi biblica vòlta a dimostrare che le Sacre Scritture in realtà non parlano di alcuna sottomissione della donna se lette e tradotte nel modo corretto. Questi sono alcuni dei tanti nomi che esistono nella storia della filosofia e che hanno contribuito alla crescita e allo sviluppo di una delle discipline più antiche nella storia dell’umanità.

È arrivato il momento di raccontare una storia nuova, che sia finalmente inclusiva e che permetta a tutte quelle filosofe dimenticate di riscattarsi e di ritrovare finalmente il posto che spetta loro negli annali della filosofia.

FONTI

[1] Fumagalli Beonio Brocchieri M., Luoghi e voci del pensiero medievale, Encyclomedia Publishers, Milano, 2010, p. 79.