Occhio per occhio, dente per dente: la logica della pena di morte

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La pena di morte è una delle punizioni più longeve esistenti. Praticata sin dalla Preistoria, essa prevede la morte del criminale secondo diverse tipologie in base al periodo storico, alla cultura vigente e allo stato in cui viene indetta: ghigliottina, sedia elettrica, lapidazione, iniezione letale, annegamento, bollitura sono solo alcune delle pratiche utilizzate in molti stati mondiali.

Celebre è il pamphlet di Cesare Beccaria del 1764 Dei delitti e delle pene, opera illuminista che ha influenzato numerosi pensatori del tempo e a lui successivi. Nel trattato Beccaria si esprimeva contro la pena di morte, ritenendola un’ulteriore condanna commessa dallo stesso stato. Ingiusta sì, ma talvolta resa necessaria quando si infrange la legge morale per la quale l’uomo, anche nei confronti della sua nazione, è sempre non mezzo, ma mero fine. Una punizione a cui si deve ricorrere quando questo può mettere un freno per distogliere gli altri dal commettere delitti, come nel caso di chi fomenta tumulti e tensioni sociali.

 

«La morte di un cittadino non può credersi necessaria, che per due motivi. Il primo, quando anche privo di libertà egli abbia ancora tali relazioni e tal potenza, che interessi la sicurezza della nazione; il secondo, quando la sua esistenza possa produrre una rivoluzione pericolosa nella forma di governo stabilita. La morte di un cittadino divien dunque necessaria quando la nazione ricupera o perde la sua libertà, o nel tempo dell’anarchia, quando i disordini stessi tengono luogo di leggi»

(Cfr. http://www.classicitaliani.it/varia/beccari4.htm).

Ritornando al mondo odierno, il 10 ottobre diventa così la Giornata europea contro la pena di morte. Istituita nel 1997 dal Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, la dichiarazione mostra una ferma opposizione alla pena capitale in ogni circostanza. Attraverso la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, il Consiglio d’Europa ha creato una zona libera dalla pena di morte che conta 47 paesi europei e oltre 820 milioni di persone.

Ma qual è la situazione odierna?

Secondo un’indagine del 2017 promossa dall’associazione Amnesty International, l’andamento globale verso l’abolizione della pena capitale sembrerebbe in diminuzione. Solo un piccolo numero – seppur consistente – di paesi ricorre ancora alle esecuzioni come metodo di giustizia di un dato crimine. Questi dati tuttavia sembrerebbero non includere la situazione cinese, giacché informazioni circa la pena di morte rimangono segreti di stato e non accessibili in nessun registro pubblico. Nonostante la segretezza di questi dati, la Cina rimane  la maggior esecutrice al mondo; seguono Iran, Arabia Saudita, Iraq e Pakistan. Complessivamente si contano almeno 993 persone messe a morte in 23 paesi.

È sconvolgente notare come il solo Iran sia responsabile di più della metà delle sentenze registrate (quindi escludendo la Cina, per la motivazione poc’anzi citata). Le esecuzioni in Iraq sono aumentate del 42%, da 88 nel 2016 a più di 125 nel 2017. Gli altri tre paesi hanno invece evidenziato una leggera riduzione rispetto al 2016: dell’11% in Iran, del 5% in Arabia Saudita e, più significativamente, del 31% in Pakistan.

Per quanto concerne gli Stati Uniti d’America – promotori di principi democratici sin dagli albori della loro Costituzione – dei loro 50 stati 37 prevedono la pena di morte tramite iniezione letale, sedia elettrica e uso di camere a gas, senza contare la nuova legge circa l’utilizzo dell’azoto come metodo di eliminazione. Soltanto 13 stati e Washington D.C. si sono distaccati da questa pratica. Tra quelli favorevoli all’utilizzo della pena capitale troviamo la California, il Texas, l’Alabama, la Florida, il Kansas, il Mississippi, il Missouri, lo stato di New York e il Tennessee per citarne alcuni. È stata inoltre indetta nel 2005 la sottrazione della pena di morte nei casi in cui si fosse minorenni all’epoca dell’omicidio. Per quel che concerne le persone affette da disabilità mentali, chi possiede un QI inferiore a 70 ne può essere esente, anche se di recente in Florida vi è stato un caso che ha infranto questa legge.

Come si comporta il mondo dinanzi alla pena capitale?

L’associazione Amnesty International si oppone fermamente alla pena di morte, ritenendola «una punizione crudele, disumana e degradante ormai superata, abolita nella legge o nella pratica (de facto), da più della metà dei paesi nel mondo. La pena di morte vìola il diritto alla vita, è irrevocabile e può essere inflitta a innocenti. Non ha effetto deterrente e il suo uso sproporzionato contro poveri ed emarginati è sinonimo di discriminazione e repressione».

In Italia, nello specifico, nasce l’ONG Nessuno tocchi Caino (in inglese Hands Off Cain), attiva anche a livello internazionale e affiliata al Partito radicale transnazionale, il cui principale obiettivo è l’attuazione della Moratoria universale della pena di morte – ratificata dall’Assemblea generale nel 2007 – e più in generale la lotta contro la tortura. Questa fondazione nasce a Bruxelles nel 1993 ad opera dei parlamentari Mariateresa Di Lascia e Sergio D’Elia. Il 19 dicembre 2016, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha chiesto nuovamente di porre fine all’uso della pena di morte con il passaggio di una Risoluzione che invita gli stati a aderire ad una moratoria sulle esecuzioni, in vista dell’abolizione della pratica. La nuova Risoluzione è stata adottata, con un numero record di 117 paesi che hanno votato a favore, 40 contro, 31 astenuti e 5 assenti al momento del voto; l’obiettivo costante rimane quello di unire tutti gli stati affinché questa tipologia di punizione venga abolita totalmente.

Oggi, il dibattito circa la pena capitale è aperto e molto acceso. Le opinioni pubbliche sono disparate e riconducibili a due grossi blocchi: chi è a favore e chi no. I primi sono motivati dal motto “occhio per occhio, dente per dente”, una filosofia di pensiero popolare e giuridica che risale al Medioevo e che presto o tardi porterà ad una faida senza fine. Perché è vero che chiunque commetta un omicidio, un genocidio o, più in generale, l’eliminazione più o meno crudele di un individuo merita una pena esemplare, ma chi siamo noi per porre fine alla vita? È un cane che si morde la coda, ed è anche secondo questo pensiero che gli abolizionisti si muovono affinché la pena di morte venga eliminata. Non si tratta semplicemente di un movente religioso, ossia l’elevazione del giudice a Dio, o di un semplice uomo, a togliere la vita dopo che un’entità maggiore gliel’ha donata, quella stessa vita che è il bene più prezioso che possediamo. Moralmente parlando la giustizia deve essere superiore e legata a princìpi di condotta comportamentale ed etica democratica, nonché giusta. Concetti basilari che non si apprestano ad essere correlati a massime quali l’eliminazione del prossimo, ma piuttosto ad un miglioramento dell’essere umano e all’espiazione della sua colpa, secondo la punizione che risulta più appropriata, quindi non alla sua totale distruzione e soppressione. Appare dunque che i sostenitori della pena di morte siano mossi soprattutto da un impulso sentimentale, che purtroppo o per fortuna, cozza con i reali principi del diritto: la conservazione e il benessere dell’essere umano, non l’estirpazione di un privilegio di cui più o meno ne conosciamo l’origine. La morte porta solo morte, non altra vita.


FONTI

https://www.coe.int/it/web/portal/10-october-against-death-penalty

https://www.amnesty.it/campagne/pena-di-morte/

https://d21zrvtkxtd6ae.cloudfront.net/public/uploads/2018/04/11142714/Rapporto-pena-morte-2018.pdf

https://www.tuttoamerica.it/la-societa-americana/pena-di-morte-negli-usa/

https://www.nessunotocchicaino.it/