Per non perdere mai la speranza nei giovani

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articolo gloria bambini che si aiutano

«I giovani di oggi sono sempre più stupidi» è un pensiero estremamente diffuso.

Ogni volta che esce un articolo sull’aumento dell’uso di droghe o sulle scarse prestazioni scolastiche degli adolescenti, ad esempio, è possibile notare tra i commenti un clima di profondo scoraggiamento e delusione nei confronti dei ragazzi, soprattutto tra persone adulte.

Spesso emerge l’idea che esista un collegamento tra l’uso delle nuove tecnologie e un possibile decadimento generale; si ha l’impressione che questi giovani non sappiano reagire, rintronati da videogiochi e social network.

Mi è capitato anche di parlare di ciò con dei coetanei che, con mia sorpresa, condividevano l’idea di un declino intellettivo tra i ragazzi. Insomma, è una generazione senza speranza.

Io, però, non ci credo e ogni volta che leggo queste ipotesi, me la prendo molto. Non so se sia perché tutto sommato sono ancora “giovane” o se sia perché ho sempre avuto un’immagine fiduciosa (e forse utopica?) della gioventù.

Nonostante questi pregiudizi, ho tentato di ragionare in maniera razionale e di individuare eventuali prove a sostegno di una o l’altra opinione.

Cercando su internet qualcosa che dimostrasse un eventuale “instupidimento” delle ultime generazioni, ho trovato un’indagine compiuta da due studiosi del Centro Ragnar Frisch per la ricerca economica della Norvegia. Essi hanno esaminato un ampio campione di dati sul quoziente intellettivo di giovani militari norvegesi  – per un periodo di quasi 40 anni – suddividendoli in due gruppi di età: i ragazzi nati tra il 1962 e il 1975 e quelli più giovani, nati tra il ’75 e il ’91.

I sorprendenti risultati sono stati poi pubblicati sulla rivista «Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America». Da tale studio è emerso che il valore del quoziente intellettivo dei più giovani è di circa 7 punti più basso rispetto a coloro che erano nati prima.

Questi risultati, per quanto interessanti, mi hanno lasciata perplessa e poco convinta. Prima di tutto mi appare discutibile il campione preso in considerazione: solo uomini e militari.

È corretto dedurre un calo del quoziente intellettivo da un solo sesso, che svolge un solo lavoro?

Il mio sconcerto, però, sta forse nello stesso test del QI, che consiste nella misurazione dell’intelligenza fluida (pregressa e in teoria svincolata dall’apprendimento scolastico) e di quella cristallizzata (legata alle conoscenze scolastiche). Le domande e i “giochi” che vi si ritrovano testano la capacità risolutiva e logica, la velocità e la memoria di una persona. Il problema più grande che si cela dietro a questo esame – e che mi lascia titubante – è l’idea stessa che la capacità intellettiva sia rigidamente misurabile.

Tutto ciò è, inoltre, complicato da una mancanza di unanimità dietro alla definizione di “intelligenza”. Molti studiosi, infatti, sostengono che esistano numerosi tipi di forma mentis, come ad esempio, quella emotiva.

Per quanto il test del QI possa essere utile a livello diagnostico, può essere usato come base per valutare una generazione intera?

Gli stessi ricercatori che hanno condotto lo studio hanno cercato di trovare un senso a questi risultati e la conclusione a cui sono giunti è molto più lucida di chi urla “i giovani sono più stupidi!”. Infatti, essi sostengono che ci sia una motivazione esterna dietro a questo calo, probabilmente dovuta ad un peggioramento generale della scuola e dell’educazione.

È proprio quest’ultimo punto ad essere interessante. Chi ha cresciuto questi adolescenti se non, spesso, coloro che in parte li criticano? Chi ci ha lasciato una società di questo tipo? Se il mondo della scuola e dell’educazione è peggiorato, non è certo a causa degli alunni, ma di un sistema poco finanziato e traballante.

Forse il quoziente intellettivo dei ragazzi è davvero minore, ma siamo sicuri che siano effettivamente meno intelligenti? Siamo certi che quello del QI sia un test ancora valido nella società odierna? Il mondo, a volte, non sembra più lo stesso, con queste tecnologie. È cambiato l’essere umano e, con l’essere multitasking e la velocità sempre maggiore a cui il web ci abitua, si è trasformata l’intelligenza.

Allo stesso tempo, un mondo sempre più cinico e privo di valori e umanità ha inevitabilmente influenzato i giovani.

Se essi fanno cose “stupide”, forse non è colpa loro e di quel potenziale QI basso. Se sono capricciosi e svogliati, è forse perché non riescono a vedere il futuro, miraggio sempre più sfumato e lontano. Se si drogano o bevono più dei genitori, è perché sono incredibilmente infelici.

Io credo che, però, stia nei ragazzi la speranza. Forse non avranno più voglia di rifare il ’68 e non saranno più gli adolescenti degli anni Ottanta, ma sono sempre giovani e risiede, nella loro stessa natura, la voglia di vivere e cambiare. Lo faranno in altri modi, adattati e modificati dal contesto e dai nuovi strumenti di lettura della realtà.

Lo faranno, però, perché come cantava Guccini in La locomotiva: «Gli eroi sono tutti giovani e belli».


FONTI

Ehrenberg A., La fatica di essere se stessi,  Einaudi, Torino 1999.

https://www.focus.it/comportamento/psicologia/il-qi-e-un-falso-mito