Che la storia non sia mai favorevole all’immagine delle donne, si sa. Alcune riescono a spiccare, dipinte però in ruoli non sempre favorevoli di certo.
Pompeia Plotina risulta essere una figura che oggi sicuramente non definiremmo “mainstream”.
Al solito, le scarse – scarsissime – informazioni ci obbligano a ricondurla nel contesto storico tramite gli uomini che le erano più vicino: il marito Traiano e il figlio adottivo Adriano (che le conferirà poi il titolo di Augusta e la divinizzò).
Vive tra il 70 e il 122 d.C. a Roma.
Di Plotina però possiamo delineare anche e soprattutto il ritratto di donna colta e informale, nonostante la sua posizione sociale.
Diverse sono le riflessioni che si possono attivare e si sono create intorno alla sua figura di intellettuale. Il motivo principale è che la sua passione per la filosofia è giunta a noi tramite un paio di iscrizioni.
In particolare quella risalente al 121 d.C. vede prima la richiesta di concessione al figlio adottivo per scrivere in greco e successivamente quello che rimane della vera e propria epistola alla scuola epicurea in merito alla scelta del successore a capo della scuola.
Una nota in merito alla “filosofia del giardino”: era possibile all’imperatrice accedere a questa scuola filosofica proprio perché l’epicureismo vedeva nelle sue fondamenta l’idea di una “filosofia per tuttə”, aperta non solo agli uomini ma anche a donne e schiavi, che potevano accedere alle lezioni nella scuola e allo studio.
Come specifica perfettamente Stefania Salomoni: non abbiamo al momento le tracce per poter definire Plotina filosofa sulla scorta di una vera e propria produzione filosofico-letteraria. Quello che abbiamo, però, è il poterla definire filosofa in quanto studiosa della filosofia e grazie alla sua appartenenza alla scuola epicurea, sentita e vivida (1).
Proprio nell’epistola sopracitata Plotina saluta gli appartenenti e le appartenenti alla scuola come “amici”. Epicuro viene chiamato “salvatore” ed è particolare notare come l’imperatrice si includa nella conversazione attivamente, utilizzando il “noi” e un tono estremamente amichevole e informale – a differenza di quello utilizzato nella comunicazione con il figlio (2).
Queste brevi ma importanti informazioni ci contestualizzano l’imperatrice in una dinamica di estremo coinvolgimento nella vita filosofica non solo romana, ma anche ateniese.
Chiaramente è necessario evidenziare come il dibattito sia sempre aperto e la scoperta di eventuali nuove fonti potrebbe cambiare o confermare quanto scritto e detto finora. Molto probabilmente però l’adesione di Pompeia Plotina alla scuola epicurea ci restituisce il ritratto di una donna forte e appassionata, dedita a un nuovo slancio della filosofia (in particolare quella epicurea) nel suo tempo.
(1) Stefania Salomoni, Pompeia Plotina, l’imperatrice filosofa in Studi di storia della filosofia antica, M. Bonelli (a cura di), Filosofe maestre imperatrici. Per un nuovo canone della storia della filosofia antica, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 2020, p. 142.
(2) Ivi, p. 138.
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