Madre Natura. La Dea, i conflitti e le epidemie del mondo greco.

0
1804
Madre Natura

Lo scenario contemporaneo con cui deve confrontarsi il genere umano è caratterizzato da principi androcentrici e patriarcali in cui sono ben distinguibili forme di oppressione, discriminazione e violenza nei confronti del “diverso”, delle donne e della terra che si abita.

Questo è il punto di partenza dell’autrice Vittoria Longoni nel suo libro Madre Natura, ma di sicuro non è lo stesso punto in cui si vuole rimanere leggendo le sue parole.

Il patriarcato, così come ogni persona lo vive, ha profonde radici nel nostro dna culturale e può e deve essere indagato nel mondo antico: negli usi, ma anche e soprattutto nei culti e nelle sue narrazioni mitologiche.


Infatti, la scrittrice rilegge i due poemi principali greci, Iliade e Odissea, senza tralasciare la vasta letteratura greca, facendo emergere prospettive diverse e plurali. 

La storia raccontata da Omero ha come punto di vista preminente quello maschile, dell’eroe. Eppure, le figure femminili non mancano: le divinità – a volte protettrici, a volte rancorose -, le donne che scatenano guerre e che poi, però, diventano bottino per i vincitori.


Ma se ci fosse anche un’altra storia, una narrazione femminile e una protagonista non secondaria?


Vittoria Longoni parla della Dea, figura risalente alle culture pre-patriarcali prive di gerarchie tra i sessi e in armonia con l’ambiente. Tale principio femminile lascia visibili impronte nella cultura greca, declinandosi in volti che peraltro si prestano a un raffronto con l’evolvere dei culti al maschile, dal politeismo di Zeus padre degli androi – dei maschi – fino al monoteistico Dio, che crea a sua immagine e somiglianza. Eppure, sin dal mito di Gea esistono esempi di una Dea Madre dal quale tutto deriva, anche il maschile. Ma anche la celebrazione della capacità generativa femminile andrà a scontrarsi con la prospettiva medica e storica incentrata sul corpo maschile, considerando secondario e imperfetto il corpo della donna.

Accogliente e benevola così come capace di rabbia potente, la Dea, e più in generale l’energia femminile, è stata oppressa dall’eroe, dal guerriero, dal maschio.

Ciò che emerge nei miti e nell’epica dell’antica Grecia è che l’uomo è uomo nella violenza, nella guerra, nella sua prepotenza, nella sua dominazione, nella sua forza. Questo è l’unico ruolo in cui deve identificarsi. Essere uomo vuol dire dover lottare, anche con il sangue se serve, per ottenere potere, che inevitabilmente opprime il femminile, produce rivalità, genera separazione, alimenta la morte. 


Violenza e distruzione portano a devastazione: era così nel mondo greco quando le epidemie, così come le battaglie, distruggevano popoli ed è tutt’ora attuale, poiché assistiamo a guerre e siamo complici della disfatta climatica con gravi ripercussioni sull’ecosistema.


Tutto ciò è la nostra origine ma non deve essere la strada da continuare a percorrere.

Per questo motivo serve riscoprire la Dea, secondo l’autrice:

«Il tema della Dea può illuminare una radice importante dell’umanità antica, e relativizzare la cultura patriarcale. Può essere simbolo e metafora di valori e progetti diversi dalla cultura maschile dominante» (1).

Perché alla forza del maschile, fatta di violenza e dominio, si può contrastare una forza positiva, quella che la filosofa Simone Weil definisce “grazia” (2), quella egualitaria e partecipata che le filosofe contemporanee stanno cercando di recuperare, quella che caratterizza la Dea pre-patriarcale. 

Una forza capace di produrre possibilità, è resistenza, coraggio, aiuto e ascolto; è integra, rigorosa, vitale e creatrice di tutti i generi sessuali e di tutte le possibili espressioni del mondo. 

Anche in lei sono presenti energie distruttrici, come la morte, ma senza quella crudeltà della vendetta maschile, senza punire, con l’unico scopo di rispettare la ciclicità e la vita. 


Come i valori che la Dea incarna sono visibili nel qui e ora? Attraverso il femminile plurale, grazie ai femminismi, per mezzo di azioni non violente degli attivismi che vogliono una società inclusiva, che rispetti il genere umano, la vita, la terra. 


Attenzione: Dea non è l’opposto di Dio. Ritornare alla Dea non vuol dire opprimere il maschile, ma riscoprire l’Amore come forza avvolgente, in cui c’è rispetto, accoglienza, cura, forza, potenza; dove c’è inclusione, possibilità, crescita e ciclicità. 

In sostanza, guardando al contemporaneo, un raffronto con l’eredità antica funge da base analitica e punto di partenza per liberarsi dai ruoli in cui il patriarcato ci ha ingabbiato, per riscoprire un nuovo maschile, ridando valore al femminile, dove ciò che è “diverso” è, invece, possibilità di affermazione di nuove verità e realtà; dove c’è equilibrio nei corpi, dove ci si occupa attivamente dello spazio che si abita, rispettando il mondo.

«Un altro genere di forza e un altro genere di intelligenza possono forse farsi strada nel nostro mondo ancora patriarcale, violento, squilibrato, inquinato e ammalato, e ribaltarne i criteri. […] Madre Natura, o Gaia, potrebbe ancora riservarci nel futuro molte sorprese. Pensarla e nominarla al femminile aiuta a coltivare impegno e fiducia» (3).



V. Longoni, Madre Natura. La Dea, i conflitti e le epidemie del mondo greco, Enciclopedia delle donne, 2021.



Grazie a Enciclopedia delle donne!




(1)  Introduzione di V. Longoni, Madre Natura. La Dea, i conflitti e le epidemie del mondo greco, Enciclopedia delle donne, Milano, 2021.

(2)  Cfr. Ivi, p. 72.

(3)  Ivi, p. 252.