Anima: il cortometraggio di Thom Yorke

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Anima

Sicuramente la maggior parte della popolazione mondiale sentendo pronunciare il nome Thom Yorke sa di chi si sta parlando, ma per evitare ogni tipo di fraintendimento scrivo il ritornello di una canzone:

«But I’m a creep
I’m a weirdo
What the hell am I doin’ here?
I don’t belong here
» (1)

Il titolo è Creep dei Radiohead e sono certa che la maggior parte, se non tuttə, ha almeno una volta sentito e canticchiato questo brano.


I Radiohead sono un gruppo musicale alternativo inglese formatosi nel 1985 sotto il nome On a Friday; iniziarono la loro scalata verso il successo nel 1992 proprio con Creep.


Da allora non si sono più fermati: Ok Computer (1997) e In Rainbows (2007), giusto per citarne due, sono grandi album di successo della band, sempre attenta a realizzare una musica ricercata e trascendentale. Ogni brano è comunque un pozzo profondo in cui scendere per toccare il sogno e l’irreale. 

Concentrandosi sulla voce del gruppo, Thom Yorke, è doveroso citare il suo cortometraggio Anima, della durata di 15 minuti, in collaborazione con Paul Thomas Anderson e prodotto e pubblicizzato dalla piattaforma Netflix. È stato pensato come supporto visivo all’omonimo album Anima del cantante (2019) e si configura come la fine di un percorso iniziato tempo prima con i tre videoclip Daydreaming, Present Tense e The Numbers dell’album A Moon Shaped Pool (2016).


Cos’è Anima? È un luogo distopico fondato sull’alienazione delle cose e degli esseri che ci vivono. Non c’è spazio per la fantasia e l’immaginazione, i colori, i desideri, il piacere, la vita. 


Si inizia questo viaggio all’interno di una galleria sotterranea, su un treno della metropolitana di Anima, nel cortometraggio rappresentata da Praga. I pendolari a bordo sono vestiti con uniformi anonime e monocromatiche, tutti uguali, tutti estraniati. Sono tutti addormentati eccetto Yorke, circondato da questo tempo spento e abitudinario. Il mondo dorme in un sonno profondo e routinario, Yorke prova a resistere. 

Una donna, interpretata da Dajana Roncione, compagna del cantante, colpisce la sua attenzione e il viaggio inizia davvero. Tutti scendono dal treno: stessi movimenti, stessi passi, stessi occhi spenti o chiusi. Ciò che sembra davvero vero è solo un cartellone che separa i passeggeri dal tornello della metropolitana alla città: «What happens about your dreams?» (2)


Il protagonista, che diventa l’eroe di queste scene, è in dormiveglia e la sua missione è ritrovare la donna.


Attraverso le sue fatiche, attraverso la fatica del corpo che deve adeguarsi a movimenti ben definiti, meccanici, privi di anima appunto, e movimenti di centratura in cui sembra divincolarsi dall’azione spenta, dovrà confrontarsi con l’equilibrio, metaforico e non, messo a dura prova da un pavimento bianco difficile da percorrere, ripido come se fosse una montagna. 

I suoi compagni di viaggio vi si muovono senza impegno, senza domande e gli impongo il ritmo  dell’azione riportandolo nel gesto schematico e cadenzato scaraventandolo sulla medesima lastra dove tutti procedono. Tutti freneticamente devono raggiungere qualcosa di ignoto che li accomuna, qualcosa che non arriverà mai.


In questa maniera Yorke viene gettato in scene e colori psichedelici fino al momento della riconciliazione, atto finale del corto.


Thom e la donna si ritrovano, attraverso lo sguardo, il gesto del tocco, l’abbraccio che sfuma in un girotondo che fluttua e trova l’armonia nel lasciarsi andare, nell’anima ricomposta che diventa una farfalla in danza o una stella nata dall’unione dell’anima che ricorda tanto Nietzsche: «bisogna avere ancora un grande caos dentro di sé per partorire una stella danzante» (3).

Si ritorna in treno, in danza, una danza viva e armonica: il viaggio è finito oppure sta davvero per iniziare.

Il cortometraggio sembra dialogare perfettamente con la filosofia e la psicoanalisi: da un lato il discorso di Aristofane nel Simposio di Platone, dall’altro lato il pensiero di Carl Jung.


L’anima è alla ricerca della sua antica unità e dell’unicità, che nel cortometraggio è ben rappresentata nella sua parte maschile e femminile.


Antica unione che, riprendendo il discorso di Aristofane, è stata separata da Zeus che temeva la potenza di questi esseri androgini e che proprio dalla separazione inizieranno questo viaggio alla ricerca della parte gemella per ricongiungersi nell’amore. Unità, quindi, che ricorda le origini, la felicità, l’amore e che le parti separate vogliono ritrovare, stringendosi. Qual è quindi il sogno? Per rispondere con Nietzsche: diventare se stessi e ritornare all’unione. 

Anima, però, riprenderebbe anche la concezione junghiana della parte femminile inconscia presente in ogni individuo che consciamente utilizza solo la psiche. Lato femminile che si manifesterebbe unicamente attraverso l’atto del sogno: ed ecco quindi spiegato il senso del cartello, della domanda e anche la scenografia onirica tutta. Il cortometraggio diventerebbe, così, la proiezione del meccanismo dell’anima che si manifesta nel suo femminile, nel suo essere intuitiva attraverso e durante l’irreale onirico.


È solamente durante il sogno che Yorke, ovvero l’essenza maschile, si unisce alla sua parte femminile e diventa completo e inizia a viaggiare, a vivere.






(1) Creep, Radiohead

(2) Anima. Reg. P. T. Anderson. Perf. T. Yorke, D. Roncione, Netflix 2019, Cortometraggio

(3) F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno, Crescere edizioni, 2013, Varese, pag. 12.

Platone, Simposio, Bompiani, 2014, Milano

https://www.cinematographe.it/recensioni/anima-recensione/

https://www.cinematographe.it/rubriche-cinema/focus/anima-significato-thom-yorke/#:~:text=In%20Anima%2C%20la%20danza%20che,che%20viene%20disposto%20e%20ordinato

https://cinema.everyeye.it/articoli/recensione-anima-corto-netflix-diretto-paul-thomas-anderson-44391.html

https://www.sentieriselvaggi.it/anima-di-paul-thomas-anderson-musica-di-thom-yorke/

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