La libertà in Spinoza

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«Si dice libero quanto esista per la sola necessità della sua essenza e si determini ad agire da sé solo. Necessario, invece – o meglio costretto – quanto determinato da altro ad esistere e ad operare in una certa maniera.» (1)


È con queste parole che Baruch de Spinoza, filosofo di origine ebraica nato ad Amsterdam nel 1632, esplicita una particolare visione della libertà nella sua Etica dimostrata in maniera geometrica, opera pubblicata postuma nel 1677.

Se attentamente esaminato, effettivamente, il concetto di libertà porta con sé una complessità interpretativa non irrilevante, che fa del tentativo di estrapolarne una definizione univoca un’operazione per niente semplice. Almeno istintivamente, tendiamo a identificare la libertà con l’assenza di vincoli ma, di fatto, fino a che punto possiamo affermare che esista questa coincidenza?

Siamo sicurə che, nello stesso esercizio della libertà, siamo completamente affrancatə da qualsiasi forma di condizionamento?

A distoglierci dal pensare la libertà come assoluta mancanza di costrizioni è proprio Spinoza, il quale, per converso, la considera inestirpabile dalla sfera della “necessità”, impossibile da sottrarre all’influsso di specifiche cause determinanti.

Il nesso tra libertà e necessità rappresenta un punto essenziale nella filosofia di Spinoza e probabilmente anche uno dei più interessanti, originali e affascinanti. Il discorso sulla necessità, però, non riguarda solamente la questione della libertà ma, più in generale, occupa un posto di rilievo nell’intera concezione filosofica di Spinoza.

È fondamentale, quindi, allargare lo sguardo all’interpretazione spinoziana della realtà, dove nulla può sottrarsi all’effetto cogente della necessità, e addentrarsi nella comprensione della prospettiva metafisica del filosofo, la cui essenza è riassunta nella celebre espressione «Deus sive natura», “Dio ovvero natura”.

Quella che Spinoza sostiene non è semplicemente una relazione stringente tra Dio e natura, considerati come due entità separate e distinte, ma è l’esistenza di un’unica sostanza, per l’appunto quella di Dio-natura.

In quest’ordine di cose, tutto procede necessariamente da e in Dio, secondo una concatenazione causale infinita.

L’atto di creare dal nulla il mondo a seguito di una libera scelta, se pertiene al Dio persona della tradizione ebraico-cristiana, non si addice neppure lontanamente al Dio spinoziano. Il filosofo olandese, infatti, nega categoricamente l’ipotesi di un Dio mosso all’azione da una volontà risolutiva, anche attraverso il largo spazio concesso nell’opera alla critica dell’«inveterato pregiudizio» finalistico, assai diffuso tra gli individui. 

Egli spiega che:

«[…] Comunemente gli uomini suppongono che agiscano per un fine – al pari di loro – anche tutte quante le cose naturali, ed asseriscono anzi come indubbio che Dio stesso diriga ogni cosa ad un determinato fine. Dicono infatti che Dio ha fatto ogni cosa in favore degli uomini, e l’uomo perché lo veneri.» (2)

Subito dopo questa affermazione, tratta anch’essa dall’Etica, Spinoza si propone di mostrarne la falsità, sottolineando con forza come la convinzione che Dio possa agire in vista di uno scopo, in questo caso il bene e l’utile della specie umana, sia errata.

In che senso Dio possa veramente dirsi libero è chiarito finalmente in appendice della stessa opera:

«Ho spiegato, così, l’essenza di Dio e le sue proprietà, e cioè che esiste necessariamente, è unico, esiste ed agisce per la sola necessità della sua essenza, è causa libera d’ogni cosa, ed anche in quale maniera lo sia; che ogni cosa è in Dio e ne dipende in maniera tale che senza di lui niente può esistere né venir concepito; e infine che tutto quanto è stato predeterminato da Dio, ma non già per una sua volontà libera, un suo beneplacito assoluto, bensì per la sua essenza assoluta, o potenza infinita.» (3)

Dio è libero proprio nella misura in cui si determina da sé e dispone ogni cosa assecondando la necessità dettata dalla propria natura.

In questo senso, dunque, la necessità non è di per sé in contrasto con la libertà e non attenta in alcun modo alla sua autenticità, anche perché si configura come tratto caratterizzante della sostanza Dio-natura immaginata da Spinoza.

Il discrimine tra la libertà e il suo contrario è piuttosto dato dal tipo di necessità che, di volta in volta, entra in gioco: solo quando a diventare necessitante è una qualche causa esterna rispetto al soggetto agente, la libertà è messa a repentaglio.

Questo ragionamento, però, in fin dei conti, sembra condurci alla conclusione che, se il significato attribuito da Spinoza alla libertà va declinato nell’accezione dell’auto-determinazione, a essere veramente libero è solo Dio, che di fatto è il solo a essere causa necessaria di se stesso.

Gli individui, invece, che degli infiniti modi di esplicarsi della sostanza divina sono parte, ignari di tutto questo e incapaci di cogliere la concatenazione causale delle cose, non fanno che vivere nutrendosi dell’illusione dell’assoluta libertà. Così, di essi, Spinoza dice: 

«[…] Ritengono d’essere liberi perché sono consapevoli delle loro volizioni e dei loro appetiti, ma non pensano neppure per sogno alle cause da cui vengano indotti ad aspirare a qualcosa ed a volerlo, dal momento che le ignorano.» (4)

In conclusione, nell’ottica spinoziana, secondo la quale tutto è inscritto in un circuito di concause, la libertà come siamo portati comunemente a pensarla, in termini assoluti, non può neppure essere concepita. Essa si rivela nient’altro che un effimero miraggio e il concetto di libertà si carica di un significato totalmente diverso, contestualizzabile solo nel quadro esplicativo della realtà tracciato da Spinoza.

In un meccanismo inarrestabile di cause ed effetti, anche la libertà non può che diventare parte di quel tutto che all’ordine della necessità non sfugge.

Per alcuni versi avvincente, per altri contorto e per altri ancora sconfortante, il modo in cui Spinoza ci parla della libertà manifesta tuttavia una forza veramente singolare quando, ammettendo l’esistenza di una dimensione in cui l’agire umano è inevitabilmente chiamato a rispondere a date condizioni, ci spinge verso il crollo di quelle che sembravano solide e lapalissiane certezze.

(1) Baruch de Spinoza, Etica, Editori Laterza, Roma-Bari, 2009, p. 6.

(2) Ivi, p. 46.

(3) Ivi, p. 45.

(4) Ivi, pp. 46-47.

Bibliografia

  • Baruch De Spinoza, Etica, Editori Laterza, Roma-Bari, 2009.
  • C. Esposito, P. Porro, Filosofia moderna, Editori Laterza, Roma-Bari, 2009.

Sitografia