Desiderio postcapitalista

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Desiderio postcapitalista

Scrivere di Desiderio postcapitalista di Mark Fisher (1), edito in Italia per i tipi di Minimum Fax, non è affatto un compito facile. Infatti stiamo parlando della trascrizione delle ultime lezioni che Fisher ha tenuto alla Goldsmiths University di Londra, prima di togliersi la vita nel gennaio del 2017. Fisher è un pensatore che è entrato nel cuore di moltə con le sue sollecitazioni dure ma accessibili, che tanto hanno colpito gli animi di chi non riesce ad accettare che il sistema capitalistico sia qui per restare. Lo ho fatto soprattutto (e sfortunatamente) proprio mostrando l’urgenza dei suoi avvertimenti alla luce della sua tragedia personale.

Per chi scrive qui è davvero significativo dunque disquisire delle ultime idee che Fisher ha tentato di trasmettere alla sua platea di studentə, perché sono idee particolarmente speranzose, piene di una voglia di riappropriarsi del futuro conquistando il presente, quasi in un annullamento delle temporalità che è parte integrante del mescolamento tra interno e esterno a cui egli aspira in queste sue elaborazioni. 


L’idea delle lezioni infatti è questa: esiste un desiderio post-capitalista, ossia la capacità di desiderare qualcosa che non sia già stato individuato come desiderabile dal capitalismo?


Rispondere a tale quesito è fondamentale, perché ne va della possibilità di immaginare un mondo altro, che non porti con sé le problematicità di quello attuale. E sembra, almeno da ciò che ci rimane di questi seminari, che la risposta di Fisher sia “sì, è possibile”, ma non nel sovvertimento completo cui spesso si aspira.

Contro coloro che sostengono che le persone «a livello etico potranno anche dichiarare di voler vivere in un mondo diverso, ma a livello libidinale, a livello di desiderio, scelgono di vivere nel mondo capitalista attuale» (2), il filosofo inglese risponde che il nostro desiderio non è mai completamente plasmato. Siamo noi a fare la differenza, a tradurre le influenze che riceviamo in un certo senso. Banalmente, possiamo criticare il capitalismo e sperare di superarlo anche se possediamo uno smartphone. Quindi, un desiderio post-capitalista è possibile, ma deve partire da ciò che già abbiamo, senza alcun accenno di primitivismo o di ricerca di una supposta età dell’oro. 


A parere di Fisher «possiamo partire dai piaceri del capitalismo e lavorare sui piaceri del capitalismo, oltre che sulle sue oppressioni» (3).


È palese, e anche esplicitato, che in queste sue affermazioni egli si tenga vicino alla teoria dell’accelerazionismo di Nick Srnicek e Alex Williams (4), che appunto invocano uno sfruttamento massimo della tecnologia che liberi il suo potenziale emancipatorio. Ma che si sia d’accordo o meno con questa tesi politica, e visto che Fisher non è poi mai arrivato a dare una sua risposta ultima ai quesiti sollevati, dobbiamo piuttosto guardare alle suggestioni implicite nella sua discussione. 

È in queste suggestioni che il filosofo si avvicina molto di più ad altri due pensatori, la coppia di Gilles Deleuze e Félix Guattari, che egli stesso definisce come gli spettri che stanno dietro alla tesi avanzata in questi seminari. Sono infatti loro a individuare il desiderio come un «processo di produzione, senza referenza a nessuna istanza esterna, mancanza che verrebbe a scavarlo, piacere che verrebbe a colmarlo» (5). Sembra proprio questo ciò che Fisher voglia dire: dobbiamo desiderare, senza timore di essere oppressi nel mentre che lo facciamo.


Solo un desiderio libero, mai dipendente da nient’altro se non da se stesso, può vibrare tanto forte da portare verso una nuova realtà. 


Dunque, Desiderio postcapitalista è un libro importante sotto due diversi punti di vista. Innanzitutto, può essere un’occasione di avvicinamento al pensiero di Fisher anche per chi non ne abbia mai sentito parlare, visto che è in realtà un testo-seminario, che dunque guida chi legge proprio come se fosse presente in quell’aula universitaria. In secondo luogo, perché trasmette quella che potremmo definire una fiducia nelle possibilità del reale.

In Realismo capitalista (6) Fisher aveva avanzato la tesi dell’impotenza riflessiva, ossia l’idea che la gioventù ha contezza dell’insostenibilità del sistema, ma sa di non poter fare nulla per cambiarlo. Con queste lezioni, in sostanza, egli sembra proprio voler smuovere questo pantano di speranze sopite, dimostrando che invece è possibile fare qualcosa. E anche se non ci ha potuto dare alcuna risposta positiva o definitiva, invita anche noi, che leggendo Desiderio postcapitalista diventiamo esattamente suə studentə, a seguire il suo sprone e a non deluderlo, come faremmo invece proprio sostenendo quel sistema che l’ha danneggiato.

M. Fisher, Desiderio postcapitalista. Le ultime lezioni, Minimum Fax, Roma, 2022.

Grazie a Minimum Fax!



(1) M. Fisher, Desiderio postcapitalista. Le ultime lezioni, Minimum Fax, Roma, 2022.

(2) Ivi, p. 50.

(3) Ivi, p. 63. 

(4) N. Srnicek, A. Williams, Inventare il futuro, NERO, Roma, 2018.

(5) G. Deleuze, F. Guattari, Mille piani. Capitalismo e schizofrenia, Orthotes, Salerno, 2017, p. 231.

(6) M. Fisher, Realismo capitalista, NERO, Roma, 2018.