Etica della carne coltivata

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Recentemente si è riacceso il dibattito sulla carne coltivata, anche a seguito del decreto del Consiglio dei Ministri – già approvato in Senato – che ne vieterebbe la produzione e la vendita (1); la proposta di legge ha suscitato reazioni contrapposte, compresa quella di ricercatori e ricercatrici che hanno invitato a una discussione consapevole al fine di respingere la disinformazione sul tema (2). 

Ciò parte dal chiarimento del termine stesso: la carne coltivata – spesso definita in maniera impropria “carne sintetica” – viene prodotta in laboratorio a partire da cellule staminali estratte da animali vivi, le quali vengono fatte specializzare tramite l’utilizzo di un bioreattore (impiegato già per la produzione di altri alimenti) in uno specifico tipo di cellula (ad esempio, del muscolo) (3).  

Come spesso accade per l’innovazione tecnologica, anche questa ha sollevato diverse opposizioni, perché considerata “innaturale” o non sicura, ma anche molti entusiasmi relativi ai suoi benefici dal punto di vista del benessere animale e della sostenibilità ambientale, che la renderebbero un’alternativa valida alla produzione e al consumo – ormai insostenibili – di carne da macellazione secondo il sistema attuale (4). 

Definirla “sintetica” è pertanto scorretto non solo perché indica un processo chimico differente , ma anche perché suggerisce una connotazione negativa in quanto “non naturale”; ciò accresce la percezione della sua pericolosità sulla base del pregiudizio per cui “naturale è buono, artificiale è cattivo”.

Ma questa contrapposizione si rivela fallace anche perché la stessa carne “naturale” altro non è che il prodotto di procedimenti, pratiche e tecniche “artificiali” (allevamento, macellazione), attualmente molto distanti da qualunque processo “secondo natura”.

Anche dal punto di vista filosofico, la carne coltivata pone numerosi interrogativi relativi alla sua natura e definizione, alla dicotomia “naturale-artificiale”, alle implicazioni culturali e sociali, al benessere animale.

Rispetto a quest’ultimo punto, una questione che rimane spesso sullo sfondo riguarda il possibile cambiamento del nostro modo di concepire – e quindi trattare – gli animali non-umani.

Il dibattito sulla carne coltivata riaccende infatti l’attenzione su una tematica su cui filosofe e filosofi si interrogano ormai da diverso tempo, ossia la cosiddetta “questione animale”: a lungo gli animali non-umani sono stati esclusi dalla considerazione morale, e le nostre interazioni con essi sono state spesso caratterizzate dalla sofferenza di questi ultimi (come, appunto, nel caso emblematico degli allevamenti intensivi). 

Che ruolo può quindi assumere la carne coltivata in un simile contesto?

Cosa ne sarebbe degli animali (come maiali, mucche e polli) se non dipendessimo più dalla loro uccisione per continuare a mangiare carne? Come cambierebbe il nostro rapporto con essi?

Anche in questo caso, gli effetti della carne coltivata potrebbero essere ambivalenti: come sostenuto da Luca Lo Sapio (5), nonostante i benefici per gli animali stessi, non è detto che il suo consumo venga accompagnato da una riflessione che favorisca una considerazione morale degli animali e un diverso comportamento verso di essi; al contrario, potrebbe paradossalmente ostacolare lo sviluppo di “atteggiamenti virtuosi” nei confronti delle altre specie, costituendo una giustificazione e un alibi per continuare a mangiare carne in maniera acritica.

Tuttavia, come suggerito dallo stesso Lo Sapio, la carne coltivata apre anche alla possibilità di ripensare e trasformare la nostra concezione degli animali di cui ci serviamo come fonte di cibo, portandoci a considerarli non più come “schiavi da macello” ma come individui che meritano il nostro rispetto. 

In sostanza, “separando” la carne dagli animali, forse cesseremmo di vederli come uno strumento per i nostri scopi e cominceremmo a riconoscerli come qualcos’altro – o meglio, qualcun altro: altri esseri viventi e senzienti con cui rapportarci diversamente. 

Bisogna però tener presente che, almeno finora, la produzione di carne coltivata richiede ancora l’utilizzo di animali, da cui sono estratte le cellule staminali, che restano quindi almeno in parte un mezzo per fini umani (ed anche per questo non è equivalente né alternativa alla scelta di una dieta vegana).

Forse anche in questo senso è vero che le nostre relazioni con gli altri animali saranno sempre caratterizzate da una componente “conflittuale” – o addirittura “tragica” – non eliminabile, come suggerito da Martha Nussbaum (6); tuttavia la carne coltivata potrebbe, se non rimuovere del tutto, almeno ridurre questa eventualità, per lo meno per quanto concerne l’impiego di animali per la produzione alimentare. 

Inoltre, è bene anche riconoscere che non tutte le interazioni tra umani e altri animali sono necessariamente contrassegnate dallo sfruttamento e dalla sofferenza di questi ultimi, ma è possibile instaurare anche relazioni di reciprocità e condivisione (7). 

La carne coltivata, pur non rappresentando una panacea, potrebbe costituire un nuovo passo in questa direzione, mostrandoci un ulteriore modo di ottenere cibo e di preservare al contempo il benessere animale.

Essa permetterebbe infatti di continuare a produrre e mangiare carne, ma indipendentemente dall’uccisione di altri animali, aprendo quindi uno scenario finora inedito: attraverso questa scissione, la carne coltivata offre la possibilità di ripensare il nostro rapporto con gli animali non-umani, cessando di considerarli e trattarli solo come un mezzo per i nostri fini, ma anche e soprattutto come esseri viventi e senzienti da rispettare e con cui convivere.  

  1. https://tg24.sky.it/cronaca/2023/07/20/ddl-carne-sintetica-italia#09
  2. https://www.nature.com/articles/d43978-023-00057-0#ref-CR8
  3. https://www.eufic.org/it/produzione-alimentare/articolo/carne-coltivata-in-laboratorio-come-viene-prodotta-e-quali-sono-i-pro-e-i-contro ; https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/alimentazione/carne-sintetica-ecco-perche-ci-serve
  4. Vedi 3.
  5. L. Lo Sapio, La carne sintetica, un volano per costruire un nuovo rapporto tra Sapiens e animali non umani, S&F_scienzaefilosofia.it 22, pp.70-100, 2019. https://www.scienzaefilosofia.com/wp-content/uploads/2019/12/05-LOSAPIO.pdf
  6. M.C. Nussbaum, Le nuove frontiere della giustizia. Disabilità, nazionalità, appartenenza di specie, Il Mulino, Bologna, 2007, pp. 420-422.
  7. S. Pollo, Umani e animali: questioni di etica, Carocci, Roma, 2016.