Migrazione e futuro dell’Europa: prospettive filosofiche

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Il problema dell’immigrazione, così come è affrontato oggi dalla politica dei Paesi occidentali, non opprime solo le pagine dei giornali e del dibattito politico, ma soprattutto, sopra ogni cosa, le vite di moltissime persone migranti.

Non c’è dubbio che questo sia un problema della politica, ma essa è legata a doppio filo alla filosofia e forse oggi più che mai abbiamo bisogno che la riflessione filosofica affronti la questione, che faccia sentire la sua voce all’interno del dibattito pubblico, per contribuire alla comprensione del fenomeno e indicarci una direzione. 

Perché ci spostiamo da sempre ed è bene così

Telmo Pievani, filosofo ed evoluzionista, ha dedicato parte della sua ricerca al tema dello spostamento delle popolazioni.

In Libertà di migrare (1), scritto a quattro mani con il giornalista Valerio Calzolaio, afferma che «la migrazione è un fenomeno antichissimo connaturato alla nostra storia» (2) che ha caratterizzato l’evoluzione della nostra specie.

Pievani pone l’accento sul più importante motivo che muove le persone a spostarsi nell’antichità così come oggi, ovvero l’instabilità climatica, che definisce il «motore» che spinge da sempre l’umanità a migrare.

Un testo intenso che si conclude con la tesi sostenuta in ultima istanza secondo la quale:

«le migrazioni dovrebbero essere considerate oltre che un diritto una libertà, una possibilità di scelta, e invece oggi la maggior parte delle persone non migra per scelta ma per necessità, per bisogno, perché è forzato a farlo, dalla fame dalla guerra» (3).

Per Pievani e Calzolaio occorre garantire il diritto alle persone di vivere dignitosamente nel Paese di nascita ma anche tutelare la libertà di chiunque a spostarsi nel mondo.  

Il paradosso dell’Europa del progresso

La storia stessa del Mediterraneo è una storia di migrazioni.

Il saggio illuminante La questione mediterranea di Iain Chambers e Marta Cariello (4) delinea un’interpretazione del Mediterraneo e della crisi internazionale che ci costringe a interrogarci a fondo sulle politiche contemporanee.

Il Mediterraneo viene inteso come configurazione politica, come il frutto di una «sedimentazione di assetti storici e culturali che si accumulano nella composizione del presente» (5) e che riguardano tre “mediterranei”, tre continenti e non una singola cultura o storia, come sembrerebbe voler affermare l’Europa: il mediterraneo asiatico-islamico, quello africano e quello europeo.

Viviamo in un momento storico in cui l’Europa incarna l’ideale del progresso e dove la parte di mondo al suo sud si presenta come quella più povera, ma occorre ricordare che nel corso della storia non è sempre stato così e che le lingue, le religioni, le culture del mediterraneo islamico, balcanico, nordafricano, hanno contribuito a tessere la storia e la cultura europea così come oggi si è determinata nel nostro presente. 

Accanto alla lettura odierna univoca ed eurocentrica della storia del Mediterraneo da parte della cultura egemone, vi è poi un altro grande problema: ovvero il paradosso che l’Unione degli Stati Europei produce, nella tendenza a demolire i confini all’interno e a innalzare fortificazioni dall’esterno (6).

Paradosso che disvela tutta la crisi dell’entità sovranazionale e la messa in atto a livello istituzionale e normativo «di forme più o meno esplicite di razzializzazione della gestione dei flussi migratori» (7), per cui si facilita l’ingresso solo ad alcuni gruppi, come alle vittime accertate di violenza diretta (i rifugiati) e a chi è in grado di dimostrare di potersi mantenere economicamente nel Paese ospitante. 

Coabitare con lo straniero residente

Un recente contributo della filosofa Donatella Di Cesare, Stranieri residenti. Una filosofia della migrazione (7) sul significato dell’essere persone migranti, propone appunto una filosofia della migrazione che faccia dell’accoglienza e della carità, intesa come impegno civico, il punto di avvio per la costruzione di un nuovo scenario in cui il migrante possa vivere le città da “straniero residente”. 

Nell’articolata riflessione che ritroviamo nei suoi quattro densi capitoli, Di Cesare ripercorre il senso stesso dell’esistere a partire già dalla definizione heideggeriana, attraversa i concetti portanti della convivenza civile, delle filosofie contrattualiste, dei valori religiosi e della tolleranza, per giungere alla costruzione di un nuovo rapporto tra nazione e cittadinanza.

L’auspicio della filosofa è quello di costruire uno Spazio Europeo che sia davvero un laboratorio di cittadinanza, fondato sul coabitare tra stranieri residenti e dove le spinte nazionalistiche lasciano il posto a nuovo concetto di cittadinanza «svincolata dal possesso del territorio e di un’ospitalità che prelude già a un modo altro di essere al mondo e a un altro ordine mondiale» (8).

(1) T. Pievani, V. Calzolaio, Libertà di migrare. Perché ci spostiamo da sempre ed è bene così, Einaudi, Torino, 2016.  

(2) Intervista RAI disponibile al link https://www.raicultura.it/filosofia/articoli/2019/01/Telmo-Pievani-Libert224-di-migrare-Perch233-ci-spostiamo-da-sempre-ed-232-bene-cos236-7b7aefb8-5116-40ed-bdb6-72174251919b.html

(3) Ibidem

(4) I. Chambers, M. Cariello, La questione mediterranea, Mondadori, Milano 2019.
Il titolo del saggio riprende il titolo de La questione meridionale di Gramsci, testo incompiuto del 1926, in cui il filosofo marxista si era interrogato circa le logiche dei rapporti asimmetrici di potere nate dall’esercizio dell’egemonia.  

(5) Ivi, p.19. 

(6) Ivi, p. 32.

(7) D. Di Cesare, Stranieri residenti. Una filosofia della migrazione, Bollati Boringhieri, Torino, 2017.

(8) Ivi, p. 259. 

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