Per questa giornata mondiale della filosofia abbiamo pensato a un piccolo prontuario, un alfabeto composto dai concetti che pensiamo possano tornare utili in questi tempi.
A
AUTODETERMINAZIONE
Significa letteralmente determinazione di se stesso: implica il diritto degli individui di costruire in autonomia il proprio progetto di vita, che non deve allora dipendere dalla volontà di terzi. In questo senso, si oppone alla corrente del determinismo, che presuppone la subordinazione della volontà soggettiva a un insieme di cause esterne, che il singolo non può controllare e sulle quali non ha potere (si veda, ad esempio lampante, il dogmatismo religioso). La libertà sottesa al principio di autodeterminazione comprende non solo il diritto di stabilire le proprie scelte e decisioni, ma anche il dovere alla responsabilità e la chiamata all’imputabilità delle proprie azioni autodeterminate. Nella discussione femminista, l’autodeterminazione è spesso correlata alla rivendicazione di diritti inerenti la sfera della sessualità e del governo del proprio corpo, per antonomasia in relazione a temi bioetici come l’interruzione volontaria di gravidanza. Diventa di conseguenza un sinonimo della liberazione dal sistema patriarcale. Nel diritto si lega alla possibilità per i popoli di scegliere la forma di governo interno e la libertà rispetto a dominazioni esterne, come il colonialismo.
B
BIOPOLITICA
Termine coniato da Michel Foucault per descrivere il tipo di potere politico che in Occidente, a partire dall’età moderna, si relaziona non più soltanto alla dimensione politica dell’individuo ma alla sua vita naturale. «L’uomo moderno è un animale nella cui politica è in questione la sua vita di essere vivente» (1), scrive Foucault rielaborando la nozione aristotelica di vita politica. Agendo sul corpo umano del singolo attraverso pratiche economiche e sociali, la biopolitica ottiene anche la gestione della popolazione nella sua collettività. Il dibattito intorno a questa teoria è tuttora acceso. Giorgio Agamben ne ha analizzato a fondo le conseguenze, spingendosi ad affermare che la nuda vita è la struttura fondante del potere sovrano dello Stato moderno (2). Più di recente, Byung-Chul Han ha notato un cambiamento nella modalità di soggezione del potere contemporaneo, che agisce non più sul corpo ma sui processi psichici. È stata inaugurata, secondo Han, una fase «psicopolitica» (3).
C
CREDENZA
Con il termine credenza, in filosofia, si vuole dare conto di quell’elemento che è principio del nostro processo conoscitivo, pertanto si parla di credenza epistemica. La credenza è un elemento che incontriamo quotidianamente, che pervade la nostra quotidianità e, alla quale, possiamo dire di essere condannati. Dagli aspetti più quotidiani della vita, a quelli più prettamente scientifici e intellettuali, formiamo in continuazione credenze: è una credenza il fatto che riteniamo esserci ancora latte nel frigorifero e quindi non dobbiamo comprarne altro, è una credenza l’idea che una certa combinazione di elementi chimici darà un certo prodotto.
Dal punto di vista filosofico, quindi, non ci si può esimere dall’analisi della credenza, in quanto è elemento fondamentale nell’enunciazione del principio delle conoscenza proposizionale (4). La credenza è quindi definita nei termini di atteggiamento proposizionale cognitivo, per cui possedere una credenza significa prendere posizione circa la verità di una proposizione e scopo della credenza è quello di descrivere correttamente il mondo (5).
D
DEMOCRAZIA
La democrazia dal greco démos, popolo, e kratós, potere, consiste in una particolare forma di governo fondata sulla sovranità popolare e che garantisce a ciascun cittadino, in una condizione di piena uguaglianza, la partecipazione all’esercizio del potere pubblico. Dunque il governo della maggioranza nell’interesse del bene della collettività. Nella storia del pensiero, però, non sempre la democrazia ha designato la migliore forma di governo: ad esempio, Aristotele la considerava una degenerazione del modello di governo perfetto (la politéia) in cui la maggioranza cioè il démos agiva non per il bene di tutti ma secondo il proprio tornaconto. Interessante la concezione di democrazia fornita da Norberto Bobbio secondo il quale solo la democrazia può assicurare un cambiamento della forma di governo senza l’utilizzo della violenza (6).
E
ESTETICA
Il termine estetica deriva dal greco aìsthesis, che significa sensazione e rientra nella sfera del sensibile. All’interno di un’esperienza, e in questo caso specifico di un’esperienza estetica, l’individuo percepisce, sente attraverso i suoi sensi e prova un sentimento, a seguito del quale, può scegliere di aprire una riflessione filosofica. Questa espressione viene introdotta per la prima volta dal filosofo tedesco Baumgarten, con l’opera Aesthetica (1750), assumendo un significato moderno. Non più solo sensazione, l’estetica sarà la teoria generale della sensibilità il cui fine ultimo è la bellezza, intesa come il raggiungimento di una perfezione della conoscenza sensibile in quanto tale, che si acquisisce attraverso le arti liberali.
F
FENOMENOLOGIA
La Fenomenonologia è una corrente di pensiero che prende avvio dalle opere del filosofo Edmund Husserl (1859-1938) e indaga le strutture della conoscenza a partire dall’ipotesi che la coscienza non sia una “cosa” ma una struttura relazionale fondata sulla nozione di intenzionalità. Questa idea della coscienza come struttura di correlazione implica che non si possa ridurre la coscienza alle strutture neurali, in quanto il cervello e il sistema nervoso sono enti di natura biologica, mentre la coscienza come intenzionalità è una struttura di conferimento di senso, e quindi deve essere compresa come ontologicamente distinta anche se non separata. La ricezione della fenomenologia in Francia è segnata da alcune figure rilevanti come Jean-Paul Sartre, Maurice Merleau-Ponty, Emmanuel Levinas, Jacques Derrida. Ricordiamo anche alcuni studiosi che hanno ripreso le idee fenomenologiche per elaborare una prospettiva antiriduzionistica in filosofia della mente, tra i nomi più importanti: Hubert Dreyfus, Shaun Gallagher, Dan Zahavi, ma anche i cosidetti enattivisti come Alva Noe.
G
GENDER TROUBLE
Gender trouble (7) è una delle più importanti opere della filosofa e femminista Judith Butler, ma anche il termine che ha segnato l’irruzione nel dibattito accademico e pubblico della cosiddetta “teoria del gender”, spesso soggetta a erronee interpretazioni. Butler, in Gender trouble, indica il suo pensiero in merito al genere attraverso un’ottica post-strutturalista. Il genere è una costruzione sociale che parte dalla differenza biologica presente tra uomini e donne, e che si è poi cristallizzato in ruoli e aspettative sociali e sessuali molto rigidi e inflessibili. È il meccanismo attraverso cui vengono prodotte e naturalizzate le nozioni di maschile e di femminile e allo stesso tempo lo strumento principale attraverso cui decostruire e denaturalizzare tali termini. Butler non vuole eliminare il genere, in quanto esso svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’identità personale, ma rendere mobili le categorie identitarie a seconda delle diverse soggettività.
H
HYBRIS
Il termine greco hybris è normalmente tradotto in tracotanza, eccesso; rappresentando così uno dei più grandi topoi della tragedia greca (si pensi al personaggio di Prometeo, il quale prevarica il potere di Zeus donando il fuoco, ossia la tecnica, agli uomini). L’hybris non è solo questo, ma anche e soprattutto la rottura di quella rete armonica e giusta stabilita dalle divinità e simbolo di perfezione, lasciando spazio all’entrata in campo del caos e disordine. Una colpa che vìola le leggi immutate e immutabili.
I
IMPLICATURA
Spesso quando parliamo diamo per sottese più parole di quelle che realmente adoperiamo, per mezzo di un livello comunicativo che non appartiene al mero parlare, bensì all’implicitare. Per implicatura s’intende, infatti, un messaggio che rimane sottinteso, per quel che concerne l’atto scaturito dal parlare, ma che tuttavia viene recepito da entrambi i parlanti. Uno dei primi filosofi del linguaggio a trattare di questa tipologia di senso fu Paul Grice. Quest’ultimo fa una chiara distinzione, nel suo Logica e conversazione (1975), tra implicatura conversazionale e convenzionale. La prima si basa sul senso che il nostro enunciato vuole trasmettere e sul contesto in cui è inserito; mentre la seconda nasce dalla convenzione, per l’appunto, linguistica presente tra i parlanti.
L
LEVIATANO
Il termine Leviathan compare nelle Scritture (Giobbe, 40 e 41) e indica un mostro marino, simile a un coccodrillo, considerato la più terribile delle creature terrestri. Quest’immagine è ripresa dal filosofo inglese Hobbes per descrivere la potenza dello Stato, uno Stato pensato come un’unica persona nella quale si riassumono tutte le altre. Lo Stato, infatti, nasce da un contratto sociale, mediante il quale gli uomini, per sopravvivere dalle invasioni esterne e le ingiurie tra loro, trasferiscono lo ius in omnia a un’autorità sovra-individuale. L’autorità possiede, quindi, tanta forza da piegare con il terrore le volontà di tutti in modo da mantenere la sicurezza, l’ordine, la pace e l’indipendenza nazionale. Si tratta di una teoria assolutistica di uno Stato definito “Dio mortale” e raffigurato nel frontespizio dell’opera in modo emblematico come l’unione delle teste di tutti gli altri individui.
M
MALINCONIA/MELANCONIA
Questo concetto pervade il pensiero umano sin dall’antichità. In Grecia con esso ci si riferiva a uno dei quattro temperamenti legati a squilibri della distribuzione della bile. Il melanconico per essi si presentava come introverso e riflessivo. Successivamente e durante il Medioevo questa nozione, declinata spesso come accidia, è esposta da filosofi (e filosofe!) come Marsilio Ficino e Ildegarda di Bingen. Una delle opere più interessanti che trattano la “malinconia” è Anatomia della Malinconia di Richard Burton. Il concetto amplia il suo spettro nel XIX secolo, quando inizia ad essere utilizzato dalla psichiatria francese. Ne parlano Falret e Baillarger, anticipando con termini come folie circulaire e folie à double forme quella che sarà chiamata psicosi maniaco-depressiva, ossia l’odierno disturbo bipolare. In questo quadro la melanconia è l’opposto della mania. L’individuo melanconico è il depresso, rallentato e privo di motivazione, incapace di iniziativa e di prendere decisioni.
N
NICHILISMO
È quella concezione in cui viene negato e nullificato tutto ciò che è. Questo termine entrò nel lessico filosofico a cavallo fra il Settecento e l’Ottocento e in Russia divenne un importantissimo movimento di ribellione sociale che si fuse con le idee anarchiche (per es. quelle di Bakunin) di contestazione dell’ordine costituito, della religione e dell’autorità. Il termine trovò in Nietzsche uno dei suoi maggiori esponenti, per il quale il nichilismo era un processo di decadenza, peculiare del pensiero europeo, originato dalla dialettica tra mondo sensibile e mondo ideale. Nietzsche distinse due tipologie di nichilismo: quello incompleto, dove i vecchi valori vengono distrutti, ma continua a permanere l’idea; e quello completo, nel quale vengono distrutte anche le idee. La teoria di Nietzsche sul nichilismo e il suo superamento spalancò le porte, nel Novecento, alla riflessione fenomenologica ed esistenzialista (Jünger, Heidegger, Sartre, Camus, in particolare) (8)
O
ONTOLOGIA
L’ontologia è la scienza che studia l’essere in quanto tale, cioè nelle sue caratteristiche universali (dal greco on, essere, e lógos, discorso o scienza). Oggetto dell’ontologia non sono i singoli enti, ma le caratteristiche universali della realtà, i suoi fondamenti costitutivi, i suoi primi principi. L’ontologia corrisponde alla “filosofia prima” di Aristotele, chiamata poi metafisica, che si proponeva lo studio dell’ente in quanto ente, indipendentemente dalle caratteristiche concrete del loro esistere. Per la filosofia medioevale l’ontologia dell’uomo era la sua essenza e rappresentava la perfezione Divina. Nel tempo l’ontologia restò alla base di ogni dottrina oggettivistica del reale. Il termine fu ripreso da Husserl, per il quale l’ontologia è la scienza degli oggetti dell’esperienza. Una notevole svolta ontologica troviamo nel pensiero di Heidegger, secondo il filosofo tedesco l’ontologia dell’essere umano è la sua stessa esistenza.
P
PRINCIPIO RESPONSABILITÀ
Studiato in particolar modo dal filosofo tedesco Hans Jonas, il principio responsabilità rappresenta in primo luogo il rapporto che l’essere umano intreccia con la tecnica e la tecnologia sempre più avanzata e in secondo luogo (e conseguentemente) con i doveri che indissolubilmente devono essere presenti in questo legame. L’essere soggetti e oggetti dello sviluppo tecnologico è ormai caratteristica del quotidiano; in questo progetto il principio responsabilità deve essere il motore di un’attenzione sempre maggiore delle nostre azioni in ottica futura, ossia di responsabilità nei confronti delle generazioni a venire. E in una riformulazione dell’imperativo categorico il principio di responsabilità diviene un «agisci in modo che le conseguenze della tua azione non distruggano la possibilità futura di tale vita» (9)
Q
QUALIA
Il termine “qualia” viene usato in filosofia della mente per riferirsi agli aspetti qualitativi delle esperienze coscienti (come ad esempio sensazioni, sentimenti e desideri). Il ruolo di questo concetto è fondamentale nella critica ad una prospettiva filosofica nota come Teoria dell’identità dei tipi: essa afferma che gli eventi mentali sono identici a eventi fisici e, di conseguenza, un pensiero non è altro che un particolare stato fisico del cervello, nulla di più. Secondo questa teoria, tutti gli stati fisici (del cervello) di un particolare tipo corrispondono a stati mentali (pensieri) di un particolare genere. I qualia vengono usati per criticare tale teoria, sostenendo infatti che l’esperienza conscia che accompagna gli stati mentali è molto più complessa e diversificata di quanto essa affermi, e che non è sufficiente descrivere uno stato fisico del cervello per rendere conto appieno dell’esperienza conscia che lo accompagna.
R
RAZIONALITÀ
È la facoltà propria di chi è dotato di ragione che caratterizza i comportamenti umani riguardo all’agire, alle credenze e all’elaborazione di principi scientifici e nel Novecento fu oggetto di studi. Weber rilevò che la razionalità fosse un tratto tipico del mondo occidentale, in quanto profondamente radicata in tutte le sfere della vita sociale (infatti si parla proprio di razionalizzazione sociale). Queste riflessioni furono uno spunto per Lukàcs, che additava nel processo di produzione capitalistico la razionalizzazione, Adorno e Horkheimer, che vedevano nella rivoluzione scientifica non un processo di liberazione, bensì uno strumento di oppressione e alienazione. Foucault analizza la razionalità e le forme di potere, dunque le forme di controllo esercitate dalle diverse istituzioni. Habermas, è convinto che bisogna differenziare i vari aspetti della razionalità nella società: quella strumentale e quella comunicativa, prettamente legata al processo di modernizzazione culturale (10)
S
SUBLIME
Il sublime è un tema centrale dell’estetica tra Settecento e Ottocento, e si configura essenzialmente come un’esperienza estetica distinta da quella del bello e ad essa, in qualche modo, complementare o addirittura opposta. Se da un lato il bello nasce dalla contemplazione di qualcosa di armonioso e misurato, il sublime è invece il sentimento estetico che scaturisce dall’esperienza di qualcosa di immenso, smisurato, infinito nella dimensione o nella potenza, capace perciò di suscitare nell’uomo un istintivo senso di paura ed inquietudine. Tale sentimento è però controbilanciato ed accompagnato da uno di piacere, che scaturisce dalla capacità dell’uomo di dominare l’infinita potenza e gli sterminati spazi e tempi della natura tramite l’esercizio della propria attività razionale.
T
TICKING BOMB
Ticking bomb, o bomba a orologeria, è un’argomentazione di matrice utilitaristica utilizzata nel dibattito etico sulla tortura. La sua struttura è consequenzialista: io giudico e ricavo la legittimità morale e giuridico-politica della tortura, perché è lo strumento utile per ottenere conseguenze positive per la collettività. Si ipotizzi che una nazione abbia in custodia un terrorista, che è a conoscenza di informazioni preziose sul posizionamento di una bomba che di lì a poco esploderà uccidendo moltissime persone. È lecito torturare il terrorista per poter salvare centinaia di vite? Secondo Dershowitz, teorizzatore del suddetto scenario, ogni stato dovrebbe prendere in considerazione l’impiego della tortura se si è di fronte a una “bomba a orologeria” che può nuocere alla collettività.
U
UTILITARISMO
Letteralmente indica il prevalere dei piaceri e della felicità sul dolore, ma filosoficamente rappresenta la manifestazione del conflitto tra etica personale ed etica comune. Infatti esso prevedeva, in una concezione più “arcaica”, che l’utile di un individuo scavalcasse tutto il resto affinché l’assenza di dolore, quindi la felicità, divenisse la necessità. In una prospettiva più moderna lo si identifica con l’utile della comunità: ciò che danneggia il bene o la felicità di essa non può essere accettato. Come direbbe Cesare Beccaria «tre sono le sorgenti delle quali derivano i principii morali e politici regolatori degli uomini. La rivelazione, la legge naturale, le convinzioni fattizie della società. […] si assomigliano in questo, che conducono tutte e tre alla felicità di questa vita mortale» (11). Utilitarismo è l’abolizione del dolore per condurre un’esistenza di piaceri, è la salvaguardia del bene comune eliminando il male della società, dato da un individuo o dagli eventi del mondo.
V
VELO DI MAYA
Schopenhauer introduce il Velo di Maya ne Il mondo come volontà e rappresentazione. Il titolo dell’opera ci aiuta a capire cosa significhi questa espressione: il mondo dei fenomeni, ovvero quello in cui viviamo e ci muoviamo, da noi ordinato secondo le categorie di spazio e tempo, è una rappresentazione, una illusione — un velo, appunto. Come tale, esso cela al nostro sguardo la volontà, che, del mondo, è, invece, l’intima essenza. I fenomeni sono apparenza, la realtà delle cose è volontà e, per conoscerla, è necessario squarciare il Velo di Maya. Il dualismo volontà/rappresentazione ha radici profonde nel dualismo kantiano fenomeno/noumeno. Persiste l’idea che il mondo così come lo percepiamo sia solo l’apparenza di una realtà più profonda, ma, se per Kant il noumeno è, in ultima analisi, inconoscibile, per Schopenhauer, invece, il velo d’illusione può essere squarciato: il mezzo per farlo è il corpo proprio, attraversato dalla volontà di vivere.
Z
ZARATHUSTRA
Zarathustra (o Zoroastro, nella forma occidentale del nome) è un profeta iranico vissuto tra 1000 e 600 AC al quale viene attribuita la fondazione dello Zoroastrismo, una tra le più antiche religioni monoteiste, basata sulla contrapposizione tra bene e male. Al di là dell’aspetto storico, Zarathustra è certamente un personaggio dotato di forte carica mitica nella tradizione occidentale, come dimostra anche l’uso che ne fa Friedrich Nietzsche nel suo testo Così parlò Zarathustra. Nell’opera, Nietzsche immagina che il profeta ritorni a parlare agli uomini per denunciare gli errori e le incomprensioni che hanno segnato la tradizione che prende le mosse dai valori da lui inizialmente predicati, e ne scrive gli immaginari discorsi che hanno lo scopo di portare al mondo una nuova dottrina, quella del superuomo, il cui scopo è liberare gli uomini dalle aspirazioni mediocri introdotte dal Cristianesimo sostituendole con l’etica del superamento di sé.
CONTRIBUTI DI:
autodeterminazione – Martina Sargenti; biopolitica – Federica Notari; credenza – Sofia Montanari; democrazia – Simona Parisi; estetica – Monica Mastrovito; fenomenologia – Silvia Grasso; gender trouble – Elena Magalotti; hybris – Ilaria Luciano; implicatura – Ilaria Luciano; Leviatano – Ilaria Di Giuseppe; malinconia/melanconia – Gloria Albonetti; nichilismo – Nicoletta Pucci; ontologia – Simona Parisi; principio responsabilità – Lisa Pareschi; qualia – Cecilia Bucci; razionalità – Nicoletta Pucci; sublime – Cecilia Bucci; tickin’ bomb – Monica Cattabriga; utilitarismo – Marta Ranieri; velo di Maya – Martina Peruzza; Zarathustra – Cecilia Bucci
NOTE:
(1) M. Foucault, La volontà di sapere, Feltrinelli, Milano, 1984, p. 127.
(2) G. Agamben, Homo sacer. Il potere sovrano e la nuda vita. Einaudi, Torino, 1995.
(3) B. Han, Psicopolitica. Nottetempo, Milano, 2016.
(4) Per conoscenza proposizionale si intende quella definizione del concetto di conoscenza che è tradizionale ed è indicata come definizione tripartita: un soggetto S conosce la proposizione P se e solo se S crede che P, P è vera e la credenza di S che P è giustificata o basata su buone ragioni. (T. Piazza, Che cos’è la conoscenza, Roma, Carocci, 2017, cit. p. 30.)
(5) Quando S crede che P, S sta prendendo posizione circa la verità di P, ovvero S ritiene che la proporzione P sia vera. Una credenza, per essere vera, deve descrivere correttamente il mondo, secondo una direzione di adeguazione mente-mondo: ciò significa che se la credenza è sbagliata occorre modificare la credenza e non il mondo – come delineato da Anscombe, 1957. (G.E. Anscombe, Intention, Cambridge Massachusetts, Harvard University Press, Sezione 32.)
(6) Norberto Bobbio, Il futuro della democrazia, Einaudi, Torino, 1991.
(7) Judith Butler, Questione di genere. Il femminismo e la sovversione dell’identità, Bari, Laterza, 2013.
(8) N. Abbagnano, Dizionario di filosofia, Roma, 2013
(9) H. Jonas, , P. P. Portinaro (a cura di), Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, p.16, Torino, Einaudi Editore, Torino.
(10) N. Abbagnano, Dizionario di filosofia, Roma, 2013
(11) Cesare Beccaria, Dei delitti e delle pene, Feltrinelli, Milano, 2017, p. 32.
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