In questo articolo della rubrica Filososex vorrei trattare il tema della sessualità da un punto di vista diverso rispetto agli altri articoli, indagandone la genesi in quanto oggetto di sapere e di conoscenza, analizzando il modo in cui nelle società occidentali moderne la produzione di discorsi sulla sessualità sia strettamente connessa «ai vari meccanismi e istituzioni di potere» (1).
Lo studio più autorevole in merito è La volontà di sapere di Michel Foucault (1926-1984), filosofo francese tra i più importanti del Novecento, che a partire dagli anni Settanta si è occupato in modo particolare di questo tema descrivendo la sessualità come un’istituzione della modernità, un dispositivo creato dal potere stesso con il fine di regolamentarla e di fissarla in centri d’attenzione.
Si tratta di una creazione di una rete sottile di discorsi, di saperi e di piaceri, non di un movimento che si ostinerebbe a respingere il sesso ma di processi che lo rivelano, lo fanno parlare, introducendolo nel reale (2). Il sesso è stato posto «al centro di una formidabile petizione di sapere» (3), che si è istituita come campo di conoscenza a partire da relazioni di potere che l’hanno costituita come un oggetto di argomento sociale e politico.
Qual è allora il legame che intercorre fra il potere, il sapere e la sessualità?
La civiltà occidentale ha sviluppato nel corso dei secoli una vera e propria «scientia sexualis» (4) con il fine di produrre un sapere e un potere che potessero essere efficaci non solo per comprendere le verità sul sesso, ma anche per amministrare al meglio la sessualità e il corpo degli individui.
Il potere politico esercita un controllo costante sulla sessualità degli uomini, per esempio attraverso la regolamentazione dei problemi legati alla popolazione (il tasso della natalità, la frequenza dei rapporti sessuali, l’età del matrimonio, il controllo dell’equilibrio fra la crescita delle nascite e le risorse sociali disponibili) (5). Nell’Ottocento sono state la medicina, la psichiatria, l’eziologia e la giustizia penale a sviluppare un discorso sulla sessualità e sul suo disciplinamento, definendo cosa fosse normale o anormale, legittimo o illegittimo. Anche importanti codici come il diritto canonico, la pastorale cristiana e la legge civile hanno regolato le pratiche sessuali sviluppando una precisa demarcazione fra ciò che era lecito o meno. È nata così una «tecnologia del sesso» (6) che ha trasformato inevitabilmente la sessualità in un affare di Stato.
Queste tecnologie del sesso si sono formate e sono state in un primo momento applicate nelle classi privilegiate dal punto di vista economico e politicamente dirigenti.
È nella famiglia borghese che si è iniziata a problematizzare la sessualità del bambino e quella femminile, che si sono analizzate le possibili patologie sul sesso, che si è formata la necessità di controllarlo e di costituire un suo luogo di psichiatrizzazione. «È la borghesia che ha cominciato a considerare il proprio sesso come una cosa importante, un fragile tesoro, un segreto la cui conoscenza era indispensabile» (7). In questo periodo è stato annesso lo studio dell’irregolarità sessuale alle malattie mentali, elaborando una precisa norma dello sviluppo sessuale dall’infanzia alla vecchiaia, categorizzando tutte le sue possibili devianze (8).
Secondo Foucault, non c’è stata un’epoca di restrizione sui discorsi riguardanti la sessualità, ma vi è stata un’intensificazione delle dissertazioni sul sesso, con il fine di rinvigorire il corpo, di fornirgli nuove potenzialità, piaceri, verità e poteri. Foucault sostiene che l’autoaffermazione della classe borghese è avvenuta proprio perché essa ha compreso l’importanza centrale che assume la conoscenza della sessualità per il miglioramento della salute del corpo e per la sua sopravvivenza, e per questo posta come oggetto di costante cura, protezione ed educazione.
Secondo Foucault, la volontà di sapere sulla sessualità si sviluppa su due poli fondamentali (9): (I) il corpo in quanto macchina, considerato nella sua utilità, strumentalità e nella sua integrazione in sistemi economici e politici, analizzando in particolare le sue forze e i suoi punti deboli; (II) il corpo in quanto specie, che analizza i processi biologici dell’essere vivente: la nascita e la mortalità, la salute e la malattia. Il tutto analizzato da una bio-politica della popolazione. Questi poli organizzano il potere sulla vita con il fine di amministrare i corpi e investire sulla vita stessa, e sanciscono la nascita dell’era del bio-potere (10). (11)
Il bio-potere, per Foucault, è stato uno degli elementi principali che ha portato allo sviluppo del capitalismo, ed è stata anche la causa della proliferazione delle tecnologie politiche che hanno investito sul corpo e sulla salute.
Si è sviluppato così un fenomeno che connette la vita con la storia: le caratteristiche della specie umana diventano parti fondamentali nel campo delle tecniche politiche e nel sapere in generale. L’uomo occidentale inizia ad apprendere che cos’è una specie vivente e cosa vuol dire avere ed essere un corpo, e parallelamente a vigilare sulla salute pubblica e individuale. Questo fenomeno viene definito bio-storia. La biologia che entra a far parte della politica diventa una forma di potere-sapere che agisce sulla trasformazione della vita umana, del corpo e della sua salute.
Secondo Foucault è da questo contesto che si arriva a comprendere l’importanza centrale che viene ad assumere il sesso: sia come dispositivo politico, sia come strumento per regolare la vita individuale e il benessere del corpo. Per questo la sessualità, in particolare dal XIX secolo, viene analizzata in ogni suo aspetto, “permanentemente suscitata” e considerata come l’intersezione di funzioni, di istinti e di finalità. Foucault, a differenza di altri autori, sostiene che non ci sia stata un’epoca di repressione sessuale, poiché le società moderne non hanno «condannato il sesso a restare nell’ombra» ma che siano esse stesse condannate a parlarne sempre «facendolo passare per il segreto» (12).
(1) Michel Foucault, La volontà di sapere. Storia della sessualità 1, Milano, Feltrinelli, 2013, p. 8.
(2) Cfr. ivi, p. 67.
(3) Ivi, p. 70.
(4) Ivi, p. 53.
(5) Cfr. ivi, pp. 26-27.
(6) Ivi, p. 81.
(7) Ivi, p. 107.
(8) Cfr. ivi, p. 36.
(9) Cfr. ivi, p. 123.
(10) Le discipline che trattano ciò vengono definite anatomo-politiche del corpo umano.
(11) Cfr. ivi, p. 124.
(12) Ivi, p. 36.
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