Animali, olocausto, nazisti.
Un trio che fa sempre discutere, sia separatamente ma soprattutto insieme.
In realtà quello che non sappiamo è che la parola stessa nasce in riferimento alla vita degli animali: olocausto era il bruciare la vittima sacrificale nella religione ebraica.
Ciò che di fatto si è consumato in quei secoli avvicina molto le due parti in questione.
Come ci ricorda Sax:
Cancellando il confine tra animali ed esseri umani, molte pratiche naziste resero l’omicidio degli uomini simile all’uccisione degli animali. I nazisti costringevano le persone che stavano per uccidere a spogliarsi completamente e a raggrupparsi, un comportamento inconsueto per gli uomini. La nudità suggeriva un’identificazione con gli animali, mentre il raggruppamento ricordava una mandria o un gregge. (1)
Le relazioni che intercorrono tra gli animali umani e gli animali non umani sono riconosciute in larga scala oggi ma tantissime lo sono state già nel periodo nazista; i più alti generali del Fuhrer infatti trassero ispirazione innumerevoli volte da questo rapporto per stilare alcune delle politiche del tempo, seguiti dall’immagine pubblica che era necessario dare del comando militare e del popolo ebraico.
Scimmia, maiale, cane, lupo, cavallo agnello.
Questi sono gli animali principali trattati nella narrazione dell’oppressore, dove in base alla connotazione negativa o positiva veniva trasformata la considerazione dell’ebreo in relazione alla figura dell’agnello. La danza tra ritualità e bestialità diviene così il leitmotiv per attaccare anche su questo fronte: dati i riti ebraici, divenne facile per i nazisti cavalcare l’attaccamento degli ebrei al sangue e così essi divennero il capro espiatorio di ogni brutale assassinio compiuto e il famoso “agnello di dio” venne rappresentato come vittima degli ebrei da cui essi avrebbero prelevato il sangue – di cui secondo la stampa tedesca erano bramosi.
E dunque in questa sorta di narrazione prosopopeica di cui il regime si fece portavoce i lupi sono i nazisti e il gregge è il popolo ebraico, dove il recupero della dinamica dominante-dominato viene presentato non come un costrutto sociale e politico ma come un processo naturale e applicabile con le stesse regole anche alla società tedesca.
In questo testo di Boria Sax si evince quindi come i rapporti tra nazismo e animali siano stati molto più intensi rispetto alla conoscenza che abbiamo di “Hitler vegetariano” e dei suoi cani, poiché ha attinto sia da elementi che sono culturalmente storici sia da elementi biblici per rivoltarli contro i loro stessi credenti. Non solo però, perché il nazismo divenne così forte e potente anche per la sua capacità di saper intuire e sfruttare le innovazioni e la modernità, come fece anche con l’introduzione di leggi sul trattamento degli animali, cavalcando l’onda di un fenomeno all’epoca avanguardistico.
(1) p.174
Boria Sax, Gli animali e il nazismo, Le Monnier, Firenze, 2019.
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