La nostra vita nello sciame digitale

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Digitale

La tecnologia ha assunto un ruolo sempre più pervasivo – e sempre più in fretta – nelle nostre vite. Sembra ieri che ci scambiavamo le foto con il bluetooth, facevamo i trilli su Messenger e contavamo i caratteri negli sms. Tutto ciò è diventato obsoleto con una rapidità precedentemente estranea alle faccende umane, e se ci sono alcuni tra noi che ricordano il rumore che facevano i modem quando si connettevano a internet, per i nati dopo il 2000 quanto citato sopra ha dell’arcaico


Di certo la pandemia ha accelerato il nostro passo verso un mondo sempre più caratterizzato dal medium digitale: tutto d’un tratto (e non per un breve periodo) è stato l’unico strumento che abbiamo avuto per entrare in contatto con le persone della nostra vita.


Durante il lockdown, iniziato a marzo 2020, la didattica a distanza e lo smart working hanno iniziato a scandire le nostre giornate. È passato più di un anno e questi provvedimenti, introdotti con carattere d’urgenza, fanno ancora parte delle nostre vite. Ma se eravamo del tutto impreparati allo stravolgimento improvviso occorso alle nostre vite, appare quanto mai necessario riflettere su quei cambiamenti, in particolar modo quelli che sembrano essere qui per restare. 

L’uso nuovo che facciamo della tecnologia deve farci porre nuove domande. Il filosofo Byung-Chul Han nel testo Nello sciame – Visioni del digitale fornisce un’analisi lucidissima di questo “strumento” di cui sembriamo non poter fare più a meno. Per Han «oggi ci inebriamo del medium digitale senza essere in grado di valutare del tutto le conseguenze di una simile ebbrezza. Questa cecità e simultaneo stordimento rappresentano la crisi dei nostri giorni» (1). 


Da una parte viviamo in un mondo in cui il privato viene messo in mostra e l’intimità è di dominio pubblico.


I social network annullano le distanze tra gli individui e creano simultaneamente una vetrina per l’utente, favorendo quella che il filosofo chiama “esibizione pornografica dell’intimità e della sfera privata”. Dall’altra però i social favoriscono la comunicazione anonima. Noi non siamo certi di chi siano davvero le persone con cui interagiamo sul web. Utilizzare profili falsi è molto semplice e nessuno verifica l’identità degli utenti. Il possibile dissociarsi dell’individuo dal proprio profilo social crea la mancanza di rispetto che, per esempio, origina le shitstorm. La responsabilità è qualcosa che leghiamo ad un individuo, in particolare al suo nome. Scindere l’individuo dal nome fa sì che il messaggio (trasmesso dai social) possa viaggiare senza un messaggero che sia responsabile per quelle parole

Un’altra caratteristica spesso sottovalutata del digitale è la sua immediatezza. Han chiama il medium digitale “medium dell’eccitazione”. La comunicazione può avvenire in modo istantaneo e immediato, può non esserci tempo di riflessione intermedio tra lo stato d’agitazione di un individuo e il manifestarsi di quello stato in una forma pubblica, scritta su un social. Questi stati d’animo di eccitazione sono favoriti dal fatto stesso di vivere in una “società dell’indignazione” cioè «una società sensazionalistica, priva di compostezza, di contegno. […] il contegno, però, è costitutivo per la sfera pubblica» (2). Infatti l’indignazione espressa con immediatezza sui social non è in grado di diventare azione, si tratta solo di uno stato affettivo – spesso estremo – che non ha la forza necessaria per generare un cambiamento effettivo in senso politico sul piano di realtà. 


Il mondo digitale ha dunque dell’inedito nel modo di porsi delle persone tra loro: è vero che ci troviamo davanti un insieme di individui, ma a differenza di quanto avviene nella massa o nella folla, questi individui non si fondono in un “Noi”, non hanno caratteristiche che li accomunano, non hanno un’anima o uno scopo a guidarli: siamo nello sciame digitale.


I molti che lo compongono non parlano a una sola voce, ma ognuno si esprime con la propria generando frastuono. «L’homo digitalis conserva la sua identità privata persino quando si presenta come parte dello sciame. Si esprime in modo anonimo, ma di norma ha un profilo e lavora senza posa all’ottimizzazione di sé, […] è insistentemente Qualcuno che si espone e ambisce all’attenzione» (3).

Un altro aspetto rilevante che Han individua è che i social creano una simmetria totale tra tutti gli utenti: siamo allo stesso tempo fruitori e creatori di contenuti, immagini e informazioni e lo siamo nel presente immediato. Tutto ciò che nasce e vive nei social è creato e condiviso senza intermediari, non c’è nessun tipo di asimmetria o controllo tra gli utenti, a tal punto che la mediazione e la rappresentazione possono venire interpretate come problematiche, ostacoli, barriere, motivo di  inefficienza. Ora che è effettivamente possibile tutti vogliono essere presenti e rappresentare se stessi e le proprie opinioni senza alcun tipo di intermediario, al punto da minacciare il mondo della politica e uno dei fondamenti della democrazia: il principio di rappresentanza.


Ciò «significa la fine dell’uomo politico in senso enfatico, ossia di quel politico che persiste nel proprio punto di vista e, invece di assecondare il pubblico degli elettori, li anticipa con una visione. Il futuro, come tempo del politico, scompare» (4).


Per Han non si effettua più quella selezione tramite il principio di rappresentanza per cui arrivano al potere i politici con una visione, che ispirano le persone e che sanno guardare al futuro, ma politici che guardano all’immediatezza del presente e che si basano principalmente sulle reazioni dei loro elettori di cui possono avere un continuo e immediato riscontro tramite i social: finiamo tutti per dipendere dagli stati emotivi espressi senza alcuna mediazione dai membri della società dell’indignazione.

Questi sono solo alcuni dei punti trattati da Han nel suo importante testo. In ogni caso riflettere su queste tematiche risulta quanto mai necessario poiché, come nota il filosofo, finora «arranchiamo dietro al medium digitale che, agendo sotto il livello di decisione cosciente, modifica in modo decisivo il nostro comportamento, la nostra percezione, la nostra sensibilità, il nostro pensiero, il nostro vivere insieme» (5).






(1) Byung-Chul Han, Nello sciame – Visioni del digitale, Bologna, Nottetempo, 2015, p. 9.

(2) Ivi. p. 18.

(3) Ivi. p. 23.

(4) Ivi. p. 32.

(5) Ivi. p. 9.

Immagine di copertina: link