Quanto è libero il libero arbitrio?

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Il termine “responsabilità” deriva dal latino responsum “risposta” e si può definire come la capacità di rispondere dei propri comportamenti, la piena consapevolezza delle proprie azioni e l’accettazione delle relative conseguenze. Si tratta di una nozione appartenente alla filosofia, al diritto e anche alle scienze sociali. 


Il concetto di responsabilità implica quello di libertà e di libero arbitrio, nel senso che ciascuno deve rendere conto del proprio agire, senza costrizioni ma in base a delle scelte personali.


Il tema del libero arbitrio è centrale, per esempio, nella storia del pensiero medievale, che si pone l’obiettivo di mediare tra l’esistenza di un Dio buono e la presenza del male nel mondo. Agostino d’Ippona affronta il problema della libertà di iniziativa nel De Libero arbitrio: secondo il dottore della Chiesa per l’uomo non esistono condizionamenti sociali tali da annullare la capacità di autodeterminazione.

Martin Lutero, padre della riforma protestante, sostiene al contrario la dottrina della predestinazione: nessuno è libero di scegliere tra il bene e il male, perché il destino è già scritto e la salvezza non dipende in nessun modo dai meriti umani. Facendo un balzo nel tempo, vediamo come il concetto di possibilità e di scelta siano imperanti anche nella filosofia contemporanea, pensiamo ad autori come Søren Aabye Kierkegaard e Jean Paul Sartre.

Kierkegaard fu un grande scrutatore dell’animo umano e proprio sulla possibilità di scelta che focalizzò buona parte del suo pensiero filosofico, ritenendo che l’esistenza si trovi perennemente in bilico tra due abissi: l’angoscia e il libero arbitrio


L’uomo, come singolo, vive la propria libertà con terrore e sofferenza.


L’angoscia che lo attanaglia nasce dalla libertà di poter scegliere di fronte a un’infinità di eventuali alternative, che possono rivelarsi favorevoli o sfavorevoli. Il filosofo scrive che: «chi fu realmente educato mediante la possibilità, ha compreso tanto il lato terribile quanto quello piacevole»(1), perché ciascuno è responsabile in prima persona delle conseguenze delle proprie azioni

Sartre, dal canto suo, sottolinea nel saggio L’essere e il nulla che l’essenza dell’uomo è la libertà, egli è libero in quanto in grado di superare la contingenza del dato di fatto. Nello stesso tempo però l’uomo è condannato alla libertà, dal momento che è «gettato» in tale situazione e pertanto obbligato ad esercitarla con tutte le responsabilità che ne derivano, poiché implica sempre il rischio dell’errore. Dunque, questa libertà non è l’arbitrio dell’individuo ma è radicata nella struttura più intima dell’esistenza, è l’esistenza stessa:

«Sono condannato a vivere sempre al di là della mia essenza, al di là dei moventi e dei motivi del mio atto; sono condannato ad essere libero. Ciò vorrebbe significare che non si troverebbero alla mia libertà altri confini all’infuori di se stessa o, se lo si preferisce, significherebbe che non siamo liberi di non essere liberi»(2). 


Il comportamentismo, una corrente della psicologia sperimentale nata nei primi anni del Novecento, invece, mette in discussione la nostra libertà di scelta perché, nonostante le nostre attitudini personali, noi, nel prendere decisioni siamo fortemente condizionati dall’ambiente.


Dunque l’ambiente influenza il comportamento dell’uomo, in quanto ciascun soggetto tende a reiterare nelle azioni che procurano vantaggio o che determinano la cessazione di un disagio. Per il comportamentismo noi siamo solo un prodotto del contesto che ci circonda. 

Negli ultimi decenni i notevoli progressi compiuti nel campo delle scienze cognitive, della neuroradiologia e delle neuroscienze in genere, hanno prodotto nuovi scenari in merito alla responsabilità del singolo. Le neuroscienze partono dall’ipotesi che l’attività neuronale abbia un ruolo determinante nell’influenzare le nostre azioni. Recenti ricerche hanno dimostrato che il nostro cervello sa quello che faremo con un anticipo di duecento millisecondi, dunque la mente prepara in anticipo la scelta di una determinata condotta.

Tutto ciò fa nascere dei dubbi sulla reale capacità delle persone di esercitare un controllo cosciente sulle proprie azioni (3).


A questo punto si può ancora parlare sensatamente di libero arbitrio?


Per le neuroscienze la nostra responsabilità morale consiste nel fatto che, se conosciamo in anticipo ciò che ci apprestiamo a compiere, abbiamo il tempo di fermarci e scegliere di non portare a termine un’azione che avremmo l’impulso di realizzare.


Dunque prospettive diverse ci mostrano la complessità del rapporto tra libertà di scelta, responsabilità e condizionamenti vari. 


In un mondo caratterizzato da innumerevoli possibilità, nessuno può garantirci quale sarà la scelta migliore da compiere. Ogni giorno siamo costretti a prendere delle decisioni senza avere nessuna certezza delle conseguenze. La scelta in quanto tale definisce l’essenza dell’uomo, pertanto è fondamentale provare ad ascoltare la propria voce interiore e lasciarsi guidare da essa secondo le regole del buon senso.





(1) S. Kierkegaard, Il concetto dell’angoscia, SE, Milano, 2007, p. 194 – 195.
(2) J. P. Sartre, L’essere e il nulla, Edizioni Il Saggiatore, Milano, 2002, p. 534.(3) J. Searle, Libertà e neurobiologia Riflessioni sul libero arbitrio, il linguaggio e il potere politico, Mondadori, Milano, 2005, p. 49.

BIBLIOGRAFIA:

S. Kierkegaard, Il concetto dell’angoscia, SE, Milano, 2007

J. P. Sartre, L’essere e il nulla, Edizioni Il Saggiatore, Milano, 2002.

J. Searle, Libertà e neurobiologia Riflessioni sul libero arbitrio, il linguaggio e il potere politico, Mondadori, Milano, 2005.