Afro-ismo. Cultura pop, femminismo e veganismo nero

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Aphro-ism: Essays on Pop Culture, Feminism, and Black Veganism from Two Sisters (2017), tradotto in italiano da feminoska e edito da VandA edizioni – Afro-ismo Cultura pop, femminismo e veganismo nero (2020) – è il tentativo ben riuscito di rendere in libro l’esperienza che Aph e Syl Ko hanno sperimentato scrivendo sul loro blog aperto nel 2015 sotto il nome di Aphro-ism, tra insicurezze e bisogni.

Loro stesse ci indicano le loro intenzioni: “Dedichiamo questo libro a chi s’impegna a creare una nuova architettura concettuale per il futuro. Speriamo che sia uno dei mattoni per la sua fondazione.”

Quindi un testo che si propone di sfidare le nostre categorie concettuali, la nostra visione del mondo, attraverso lo spirito critico, al fine di creare una nuova base teorica che sostenga delle pratiche inedite di vita. Ed è proprio questo iato di possibilità quello che le sorelle Ko vogliono aprire; riappropriarsi della capacità immaginativa per scardinare le dicotomie su cui l’attuale sistema sociale si regge.


Il Veganismo Nero è il mezzo con cui intendono combattere: è sia una forma di resistenza politica, che uno strumento metodologico entro il quale inquadrare le oppressioni sistemiche prodotte e sostenute dal pensiero coloniale.


La loro analisi prende le mosse dal pensiero antirazzista, che nel suo intrecciarsi con l’antispecismo – attraverso i movimenti di liberazione nera e animale – origina una riflessione circa la comune dipendenza delle nozioni di “umanità” e di “specie”. Nella prospettiva del veganismo nero questi -ismi (antirazzismo e antispecismo insieme a tutti gli altri) sono necessariamente conciliabili.

Entrambi, infatti, sono originati dall’essenzialismo occidentale, che vede il concetto di umanità come l’opposto dell’animalità. Questo  paradigma naturalizza le oppressioni verso tutti coloro che vengono ritenuti meno che umani, cioè animali. Il pensiero colonialista è ciò che permette la riduzione della Vita a mero dato biologico, del soggetto a mero corpo; ma la Vita non è mai semplice biologia. Essa eccede il materiale per significarsi come esperienza totalizzante che investe un’identità irripetibile e unica, la quale sperimenta il mondo da una propria angolazione.

Concentrandosi sull’esclusione dei neri entro il quadro normativo bianco – cioè sulla razzializzione – Aph e Syl Ko riescono ad aprirci le porte del vissuto di chi, come loro, viene considerato il negativo dell’idea di umanità: neri, minoranze razziali, animali, donne, disabili, trans, gay, lesbiche, ecc. sono tutte categorie istituite dal sistema concettuale occidentale, che si è imposto sulle altre culture. Quest’ordine gerarchico affida a ogni corpo – inquadrato unicamente come materia – un certo grado di tutela e rispetto e una certa dose di violenza.


Nella narrazione coloniale l’umanità è rappresentata, nella sua più vera essenza, come uomo bianco occidentale e ciò che non rientra in questa categoria riceve una riduzione ad “animale” con le conseguenti privazioni e strumentalizzazioni.


La prospettiva delle classi razzializzate ci permette di comprendere come sia necessaria la partecipazione e l’ascolto di nuove narrazioni. Comprendere il mondo e le sue oppressioni dal punto di vista di due ragazze di colore americane ci responsabilizza circa i nostri privilegi di classe bianca dominante che ha istituzionalizzato un sistema a spese di tutti quelli che sono ritenuti inferiori sulla base di una metafisica razziale e specista.

La razza e la specie, infatti, hanno una comune origine proprio nel sistema colonialista: entrambe sono i negativi di ciò che è la vera essenza dell’Umanità, entrambe sono l’Altro, l’eterno escluso, il diverso, l’inferiore da strumentalizzare. Ma la riflessione – pur soffermandosi sulla prospettiva della comunità nera – non intende essere separatista o esclusivista, tutt’altro: l’invito è quello di ri-pensare le categorie oppresse (e il futuro) in un orizzonte che non erediti la logica “a compartimenti stagni” tipica del colonialismo.

Superare l’intersezionalità (che teorizza le categorie sociali come separate ma conciliabili) per immaginare nuove prospettive e scenari dove gli Altri non siano più universi distinti ma un’unica categoria sociale succube del sistema occidentale.


In questo modo appare chiara la comune appartenenza di tutti gli esclusi al territorio del “sub-umano”: sia che si tratti di animali umani e non, ciò che li lega è la simultaneità delle oppressioni imposte dallo status quo.


La lotta per la decolonizzazione passa allora per il rifiuto dell’architettura concettuale basata su binarismi e gerarchie soffocanti al fine di permettere a tutti di “respirare”. Un’esortazione allo sradicamento e al disordine come infiniti luoghi di germogliazione di nuove idee e pratiche.

Il Veganismo Nero si posiziona in aperta critica anche al razzismo interiorizzato, all’accettazione e identificazione con l’inferiorità che la normatività bianca tenta di imporre. Non è più il caso di attuare una strenua resistenza ai tentativi di reificazione, basta fare opere di convincimento per far sì che le persone nere e gli animali siano accettati e tutelati al pari della classe bianca: è il momento di prendere in mano le redini di teoria e prassi portando alla luce le prospettive di chi resta ai margini dell’animalità, facendo da apripista a nuove narrazioni.

I protagonisti di queste nuove narrazioni saranno tutti coloro che riusciranno a svincolarsi dalle logiche assoggettanti e dicotomiche, proponendo le proprie personali angolazioni e prospettive rispetto a ciò che è la vera causa della violenza: il dualismo uomo-animale.


Affrontare il razzismo significa allora affrontare la condizione degli animali, la condivisa partecipazione a quella terra di nessuno che è il territorio dei “diversi”.


Accomunati da status negativi, gli -ismi che si oppongono al discorso normativo occidentale devono riappropriarsi della propria immaginazione – e aggiungerei della propria speranza e carica utopica – al fine di scoprire nuovi modi di pensare e vivere non più gerarchici, al di là della metafisica delle essenze.

Se l’umanità è il vertice dell’attuale ordine normativo allora è importante comprendere che, come ogni vertice, si regge grazie ad una serie di oppressioni istituzionalizzate; senza il polo negativo – cioè l’animale – l’umanità smetterebbe di essere il versante positivo. L’idea di umano non va però smantellata, bisognerà risignificarla senza ricadere in definizioni semplicistiche che riducano l’umano ad animale e al contempo bisognerà ripensare all’animale fuori e oltre il campo meramente biologico, conoscerli invece come soggetti autonomi.

L’Afrofuturismo dipenderà dalla partecipazione di tutti, dalla volontà di ognuno di noi di raccontare la propria prospettiva e di ascoltare quella altrui, mettendosi in discussione e accettando di farsi guidare da nuovi paradigmi, mettendo sotto la lente macroscopica del pensiero critico le sue più profonde convinzioni.



Grazie a VandA Edizioni!

Aph Ko, Syl Ko, Afro-ismo. Cultura pop, femminismo e veganismo nero, VandA Edizioni, Milano, 2020.