Il divario di prospettiva tra Millenials e Generation Z

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Generation Z

Il fenomeno TikTok ha reso evidente, per l’ennesima volta, che arriverà sempre una nuova piattaforma a sostituire le precedenti in quanto a popolarità, ma è servito anche a dirci molto altro. Infatti, questa applicazione è stata da subito dominata nel suo uso dalla cosiddetta Generation Z identificabile, secondo l’opinione comune, con i nati dal 1995 in poi. Quest’egemonia, all’apparenza insignificante, ha dimostrato che questa generazione ha sì una sua ironia, ma soprattutto un suo “spirito”, qualcosa che la definisce al di là dei troppo semplicistici discorsi fatti a proposito dei “giovani d’oggi”.

A tale proposito, è ben nota la lotta che le nuove generazioni hanno con i Boomers (nati tra la metà degli anni Quaranta e la metà degli anni Sessanta), dovuta in gran parte alla grossa differenza culturale, di età e di esperienze. Ma forse più significativa, anche se più sotterranea, è la contrapposizione tra la Generation Z e quella immediatamente precedente dei Millenials, ovvero i nati tra gli inizi degli anni Ottanta e la metà dei Novanta. Per mettere la questione in termini più chiari, i Millenials hanno vissuto Dawson’s Creek, il Game Boy, il Motorola, la Generation Z invece Gossip Girl, il Nintendo DS, l’iPhone. Già ponendo in questo modo a paragone i due gruppi notiamo che i giovani d’oggi possono bollare subito i Millenials come distanti, e viceversa. Ma sicuramente non sono queste le differenze che contano di più.


Dunque come si pone questo scontro generazionale sul piano sociale e politico?


Per parlarne utilizzando un esempio paradigmatico e dal peso globale: i Millenials erano gli entusiasti di Obama (1), quelli della Gen Z sono gli entusiasti di Alexandra Ocasio Cortez (2). Cosa possiamo capire da questo? Innanzitutto, che entrambe le generazioni sono (o sono state) tendenzialmente progressiste, e che esiste quindi un terreno comune su cui possono collaborare, pur rimanendo diversi. Partendo dai Millenials, possiamo vedere che aderiscono sì alla novità, ma sempre con un certo rispetto per la tradizione. D’altronde Obama è stato il primo presidente nero, ma non si è mai allontanato, in quanto a proposte politiche, da quelle tipiche del partito democratico.

Dall’altra parte troviamo invece AOC, una donna latino-americana che non ha avuto paura di criticare il partito in cui è inserita e in cui è riuscita a creare quasi una spaccatura. Il fatto che sia sostenuta dalla Generation Z dice tanto su di loro: i giovani non hanno paura di gridare, di andare oltre le convenzioni, di spezzarle. Non hanno più alcuna fiducia in chi è venuto prima di loro e vogliono farsi sentire. Prendiamo i Fridays For Future, i cortei che hanno portato finalmente in primo piano nel dibattito pubblico il tema fondamentale del riscaldamento globale: è stata la Gen Z, guidata proprio da una sua esponente, Greta Thunberg, a riuscire in questa impresa. Quindi se negli ultimi mesi se ne è parlato in tutto il mondo, è proprio perché questi giovani sono stati rumorosi, molesti.


Ed è proprio da questo che possiamo capire che cosa la nuova generazione critica dei Millenials, ovvero che si sono troppo adagiati sugli allori, che non hanno fatto abbastanza e che hanno permesso ad altri di prendere le decisioni per sé.


E se questo processo poteva essere vantaggioso per loro, dall’altro lato ha sicuramente portato all’estremo la situazione della Gen Z, che non ha nessuno di più adulto a cui appellarsi, finendo così a contare esclusivamente su se stessa: non vuole essere rappresentata da coloro che non possono capire le sue esigenze, vuole rappresentarsi. Inoltre nel fare ciò questa nuova generazione non pensa solo alle proprie necessità, ma anche a quelle di chi verrà dopo, in modo che il ciclo non ricominci di nuovo. 

I Millenials, questo è certo, hanno vissuto dei disagi, come la dilagante disoccupazione, ma piuttosto che collaborare con i più giovani, molto più vicini a loro rispetto ad altre generazioni su molte problematiche, hanno preferito correre ai ripari, senza pensare alle conseguenze per gli altri. Trovando un punto di riferimento in politici più adulti con priorità necessariamente diverse dalle loro, i Millenials hanno accettato di essere inclusi in un sistema paternalistico nei loro confronti, piuttosto che pretendere un cambiamento più radicale che permettesse alle generazioni più giovani di non trovarsi di fronte alle stesse difficoltà, che ora sono maggiormente amplificate perchè ancor più radicate. La Gen Z sta finalmente cambiando questo paradigma, dimostrando che per cambiare qualcosa forse c’è più bisogno di una rivoluzione che di un’evoluzione che parte da paradigmi già stabiliti da altri.





(1) https://www.latimes.com/opinion/op-ed/la-oe-winograd-hais-obama-the-millennial-president-20170116-story.html

(2) https://thesunflower.com/50979/opinion/ltte-the-radicalization-of-generation-z/


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