Glitch Feminism: errori nel sistema

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Siamo così abituati a giudicare l’errore come un qualcosa di negativo da dimenticarci che esso non è essenzialmente tale, ma lo diventa solo in conseguenza di una decisione volontaria che lo categorizza così.


Una volta riconosciuto questo, possiamo iniziare a guardare all’errore anche come un’opportunità che ci permette di mettere in discussione il paradigma dominante, fornendoci la possibilità di riflettere su un’alternativa.


È proprio alla potenzialità creativa della controparte digitale dell’errore che si rifà il Glitch Feminism di Legacy Russell, una scrittrice, artista e curatrice statunitense. Il glitch, infatti, è un malfunzionamento del sistema, spesso molto breve e poco nocivo, ma comunque fastidioso perché interrompe il normale flusso dell’algoritmo.

Questo femminismo lo associa a tutti i corpi non binari, queer, trans – a tutti i corpi che sperimentano con il binarismo di genere così come è stato imposto.


Essi vengono troppo spesso individuati come “errori”, e allora Russell propone di rivendicare per sé questa categoria, tenendo conto proprio della positività che, seppur non riconosciuta, è in essa insita. 


Queste identità che il sistema patriarcale e capitalistico attivamente individua come deviazioni da ridurre, da eliminare, sono la prova evidente del fatto che quella del genere rigidamente binario è una narrativa fittizia, che non corrisponde alla realtà. Ben lontani dall’essere errori, questi corpi sono espressione di libertà, apertura, e dovrebbero essere d’esempio per chiunque.

Si porta avanti questo ragionamento riferendosi al digitale perché è nel mondo di internet che si trova la possibilità di sperimentare se stessi senza limiti.


Online viene meno la principale restrizione alla nostra volontà: il corpo.


Il glitch feminism non rinnega l’importanza di quest’ultimo, ma semplicemente ritiene che esso debba essere terreno di sperimentazione costante, un qualcosa di mai definito, a differenza di quanto invece siamo indotti a credere dal sistema vigente, che lo identifica come una struttura dai contorni ben chiari e fissi.

Russell, rivisitando una famosa frase di Simone de Beauvoir, sostiene che non si è un corpo, lo si diventa. Così come non si è un glitch perché così si viene riconosciuti dall’esterno, ma in quanto si sceglie di esserlo, abbracciando il proprio ruolo di rottura rispetto all’idea sociale egemone. 

Però l’atteggiamento sperimentale non deve essere ristretto al digitale, anche perché è ormai anacronistico pensare che ci siano ancora barriere tra il mondo online e quello AFK (“Away From Keyboard”, letteralmente “lontano dalla tastiera”).

Le persone queer, di colore e le donne devono modificare tutto quello che incontrano sulla propria strada, anche gli ostacoli, in modo da riempire la società di “virus” che a mano a mano si faranno sempre più pervasivi e indurranno chiunque a dubitare dell’immagine fossilizzata della realtà.

Bisogna essere attivi nel criticare le imposizioni ingiuste, nell’intervenire laddove si può per fare la propria parte nel distruggere il sistema imposto.

Non sarà qualcun altro a darci il mondo che vogliamo, dobbiamo costruirlo per noi stessi, partendo da internet e arrivando ad ogni angolo della realtà, accettando la nostra natura di errore in tutta la sua dirompente forza. 

Bibliografia

L. Russell, Glitch Feminism, a Manifesto, Verso Books, Londra, 2020.

Immagine di copertina: Astratto foto creata da rawpixel.com – it.freepik.com