Forse quasi tuttə conosceranno la storia di Cassandra, la giovane troiana che avvertì i suoi concittadini del pericolo nascosto dietro il dono dei greci. Fu lei a dare l’allarme e ad opporsi alla decisione di far entrare il cavallo dentro le mura di Troia, ma venne vista come foriera di sventura e non fu ascoltata. Secondo la tradizione, Cassandra possedeva il raro e terribile dono di prevedere il futuro. Tuttavia, la ragazza fu maledetta dal dio Apollo: ogni sua profezia, per quanto vera, non sarebbe stata mai creduta.
Il mito di Cassandra può essere letto come una metafora dell’intellettuale che dissente: il suo coraggio, infatti, è proprio del sapiente che allerta la comunità per proteggerla. La voce di Cassandra è un grido di allarme che denuncia il pericolo e che, per questo, alcuni vorrebbero far tacere. Non a caso, Cassandra resterà in silenzio solo quando verrà resa schiava e trascinata sul carro del vincitore.
Dalla vicenda di Cassandra, Tomaso Montanari prende spunto per riflettere sul rapporto tra intellettuali e potere.
A questo personaggio femminile – «una sacerdotessa del “no”, del “non si può”, del “non si deve”» (1) – lo storico dell’arte aveva già dedicato il libro Cassandra muta. Intellettuali e potere nell’Italia senza verità, pubblicato nel 2017. Dopo cinque anni dalla sua prima uscita, l’autore ripropone una seconda edizione dell’opera, questa volta intitolata Cassandra è ancora muta, di cui parleremo oggi.
Il contenuto dell’opera è rimasto pressoché invariato, tranne per l’aggiunta di una Postfazione che analizza gli avvenimenti degli ultimi due anni, dalla pandemia alla guerra. La tesi di fondo di Montanari, però, rimane identica: il pensiero critico non è tollerato.
La funzione dell’intellettuale consiste da sempre nell’opposizione netta al potere, di cui deve saper mettere in discussione l’operato. L’intellettuale vero e proprio, pertanto, non può che essere una figura fastidiosa per chi governa. Ma quando questə si fa portavoce di chi ricopre posizioni di influenza, il pensiero libero tace e la democrazia entra in crisi.
Montanari offre una panoramica illuminante sulla politica italiana degli ultimi anni e il suo rapporto con la dimensione intellettuale.
Una realtà, quest’ultima, sempre più decadente, spesso svilita e sminuita, incapace di assolvere al suo ruolo originario. Il testo, breve e scorrevole, rinnova l’interrogativo su quale sia l’utilità, se è ancora possibile, del sapere e della cultura nella nostra società.
Per Montanari, l’intellettuale deve sapere indicare una via alternativa allo stato esistente delle cose, rigettare un pensiero conformista e vegliare, come una sentinella, su ogni possibile minaccia al bene comune.
«La prima funzione del pensiero critico […] è proprio quella di mostrare che c’è sempre un’alternativa: sempre. Un filologo, un giurista, uno storico, un fisico sanno partecipare al discorso pubblico demistificando la retorica dell’ultima spiaggia e dell’uomo della provvidenza. Perché lo fanno usando argomenti comprensibili e razionali, dimostrabili e verificabili. Tutte cose pericolose per chi basa l’acquisizione del consenso non sul cervello, ma sulla pancia degli ascoltatori-elettori.» (2)
Pensare in maniera critica e dire la verità. Altrimenti Cassandra resterà ancora muta.
T. Montanari, Cassandra è ancora muta, Edizioni Gruppo Abele, Torino, 2022.
Grazie a Edizioni Gruppo Abele!
(1) Cfr. T. Montanari, Cassandra è ancora muta, Edizioni Gruppo Abele, Torino, 2022, p. 12.
(2) Ivi. pp. 23-24.
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