Le cattive

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Le cattive

Una notte gelida in un parco semivuoto, alcol e droghe per anestetizzare il freddo e un bambino che piange in lontananza. Con questa la scena si apre Le cattive, romanzo di esordio della scrittrice argentina Camila Sosa Villada. Il titolo è emblematico: “cattive” è l’aggettivo più comunemente utilizzato per definire le protagoniste del romanzo, ovvero le donne transgender. Loro, per l’Argentina del secolo scorso, sono solo oggetti “deviati” tra le cui colpe vi è quella di aver scelto la strada della trasgressione, della droga, dell’alcolismo, della prostituzione e, ovviamente, della transessualità. 


Ciò che trapela immediatamente dalle pagine del romanzo è il disperato tentativo dell’autrice di trovare neǝ sex workers come lei una comunità di affetti che le era stata preclusa.


In ogni capitolo infatti si ritrovano ricordi strazianti che portano nell’abisso dell’infanzia della protagonista caratterizzata da un padre violento e alcolizzato che la minaccia di continuo: «Togliti quella gonna. Togliti quell’impiastro dalla faccia. A suon di frustate te lo devi togliere» (1).

Crescendo la sua condizione non muta e allora la voce di Camila si fa sempre più forte tracciando, pagina dopo pagina, il contorno di immagini da dimenticare: sono le manganellate da parte della polizia mentre si cerca di salvare quel poco che è stato guadagnato; sono i pugni di clienti ubriachi ma anche gli scontri tra sex workers per sottrarre un cliente ad unǝ altrǝ perché, pur condividendo la stessa condizione, la miseria spinge ad usare ogni mezzo per sopravvivere.


Ma Le Cattive narra soprattutto la storia di una sorellanza: quella tra donne che condividono le stesse preoccupazioni e paure, che reagiscono agli abusi in modo personale ma sempre cercando di dare supporto e aiuto.


Si potrebbe definire il romanzo un vero e proprio manifesto femminista che inneggia alla comunione tra persone che condividono l’umiliazione, la prevaricazione e l’esclusione. E infatti non mancano episodi di comunione tra le donne trans

«[…] d’un tratto si aprì la porta che dava sulla strada ed entrarono delle trans forti come amazzoni che trascinavano una compagna insanguinata. Io osai dire che dovevamo chiamare la polizia, ma le ragazze erano più sagge di me e decisero di occuparsi loro di tutto, per puro affetto» (2).

In questo senso, è anche un testo che punta il dito contro la bolla femminista che sovente esclude le persone transessuali, di colore, grasse, omosessuali, disabili o coloro che, per qualunque altra ragione, non rientrano nell’immagine standardizzata della donna etero, cisgender, bianca e occidentale. Camila fa un regalo alǝ lettorǝ, ovvero il dono di centinaia di storie di persone, noi compresi, che quotidianamente combattono la battaglia per il riconoscimento e l’affermazione di sé ma che in questa lotta non vogliono sentirsi mai solǝ.


Camila Sosa Villada, Le cattive, Sur, Roma, 2020.

Grazie a Sur!




(1) Camila Sosa Villada, Le cattive, Sur, Roma, 2020, p. 60.

(2) Ivi, p. 121.