Un libro denso, puntuale, chiaro a tal punto da poter essere letto da un vasto pubblico di lettorə grazie al taglio (auto)ironico e a tratti paradossale.
Queste parole descrivono perfettamente il saggio Un poliamore così grande. Perché non c’è un solo modo di amare della psicologa Dania Piras uscito nel 2023 per Edizioni Sonda.
Il testo si articola in tre capitoli principali all’interno dei quali, si potrebbe dire, viene costruito un percorso di decostruzione.
È proprio “decostruire” il primo dei verbi che tracciano il sentiero che si intenderà seguire nel libro.
Ecco, dunque, che Dania Piras inizia la sua trattazione decidendo di far emergere la validità e la logicità del pensiero poliamoroso ex negativo, ovvero smontando le basi della monogamia tramite l’analisi degli errori e dei bias che si ritrovano nel sistema relazionale monogamo e binario (1).
La prima fallacia relazionale nella quale tuttə cadiamo a causa di una sbagliata (o addirittura assente) educazione sesso-affettiva può essere identificata con l’ossessione del voler trovare ad ogni costo la tanto agognata anima gemella:
«La ricerca della persona giusta era la mia totale ossessione. Quella persona era ciò che mi avrebbe resa completa, che mi avrebbe fatto finalmente scoprire cosa c’era oltre il “e vissero felici e contenti”. Il mio valore non esisteva senza quella persona e senza essere la sua Prescelta». (2)
Ed è proprio in questo tentativo che moltə incontrano il poliamore, ovvero nel cercare di trovare una sola persona verso la quale riversare il proprio amore pretendendo di essere ricambiatə nelle stesse modalità e con la stessa intensità.
Addentrarsi, capire, esplorare, informarsi e formulare una definizione di cosa sia il poliamore non è un’impresa semplice.
Come ci viene più volte ricordato nel saggio, tante persone hanno una visione superficiale del pensiero poliamoroso: sono spaventate, non vogliono approcciarsi e preferiscono ignorare cosa ci sia dietro a questa modalità relazionale (3).
L’atteggiamento di chiusura e pregiudizio è determinato anche e soprattutto dal fatto che provare a comprendere – e in alcuni casi a vivere – il poliamore significa innanzitutto mettersi in discussione e impegnarsi maggiormente con lə partner.
«Aderire a un pensiero poliamoroso […] potrebbe significare uscire da una visione normativa delle relazioni secondo la società occidentale e aprirsi alla possibilità che ciò che noi riteniamo naturale, normale, comune e tradizionale in realtà non ha nulla di innato. Significa, ad esempio, concepire la possibilità di separarsi senza per forza farsi la guerra. Significa mantenere rapporti di amicizia e di cura con le persone che abbiamo amato. Significa crescere insieme figli e figlie, anche senza avere per forza una relazione romantica. Significa non centrare l’intera vita dell’individuo attorno all’idea di coppia fusionale e famiglia nucleare […] Significa affrancarsi dall’idea che lə partner sia un nostro possedimento» (4).
In sostanza, ciò di cui spesso non ci accorgiamo è che alcuni atteggiamenti ritenuti errati (come il non voler un legame stabile e necessariamente duraturo, la poca presenza, il desiderio di frequentare più persone contemporaneamente) vengono attribuiti alla relazione poliamorosa ma in realtà sono parte di quel sistema antico e penetrante che conosciamo bene e che porta il nome di monogamia.
Quante sono le coppie che rompono la loro relazione perché si tradiscono, perché non si comunica in modo efficace e/o nascondono i propri desideri?
Molte di più di quante si lascerebbero se sdoganassimo l’idea che l’eteronormatività e il coppiacentrismo (5) siano la sola via possibile e giusta.
Questa è la vera rivoluzione del poliamore: far sì che ci poniamo più domande di quante sono le nostre certezze in materia di amore e relazioni.
Del resto, come Piras ci ricorda:
«[…] il poliamore è intrinsecamente incerto, perché ci ricorda ogni giorno l’impossibilità di controllare pensieri, sentimenti, azioni e quantità, soprattutto quelle altrui. Siamo senza garanzie. Io non ho scoperto di essere poliamorosa, io ho scelto di esserlo. Ho scelto di cambiare il «come» delle mie relazioni, di riconoscere tutto ciò che ho imparato e interiorizzato in questa vita e di dubitarne con furore» (6).
Capire il come delle relazioni ci porta al passo successivo di questo percorso ovvero al bisogno di “esplorare”.
Dopo aver messo in dubbio ogni certezza relazionale e aver compreso che l’amore romantico monogamo non è il solo tipo di amore, non resta che esplorare nuove forme relazionali.
Ma non è così semplice, dato che anche le persone poliamorose hanno appreso che «l’unico modo di stare in relazione è quello monogamo» (7).
Come si fa dunque a sottrarsi alla logica del sistema monogamo?
Sicuramente attraverso una maggiore comunicazione. È questa la chiave: parlare, parlarsi e cercare insieme, tramite il consenso di tutte le persone coinvolte, di trovare il modo migliore per stare bene.
«In un’ottica di fluidità, consenso e comunicazione, possiamo considerare significative sia le nostre relazioni, sia continuare a conoscere persone che ci interessano senza fare del male a nessuno. Anche in relazioni con patti di esclusività riguardo ad alcuni aspetti è possibile dialogare su questi temi e trovare il proprio modo di gestire le situazioni. Non è l’esclusività che ci limita, bensì l’idea che ci sia un solo modo di fare le cose» (8).
Una volta compreso che non c’è un solo modo di fare le cose diviene più naturale iniziare a pensare alla propria cerchia di relazioni non più in una scala gerarchica – secondo una priorità ordinata verticalmente – ma in modo orizzontale, circolare e plurale.
Compiuto questo passo, è tutto in discesa e possiamo arrivare a pensare di allargare in potenza all’infinito la nostra polecola (9) consapevoli che tutte le persone che l’hanno popolata o lo fanno tuttora sono lì non per prendere e portare via qualcosa di noi (in un’ottica consumistica delle relazioni che impregna, al contrario, il pensiero monogamo) ma per lasciare del loro in uno scambio reciproco e duraturo.
Grazie Edizioni Sonda!
(1) Con il termine monogamia si intende una forma relazionale che prevede l’esclusività di un solo partner. Con il termine binarismo si indica la tendenza a concepire le relazioni come possibili solo se coinvolgono due persone, preferibilmente di sesso opposto.
(2) Dania Piras, Un poliamore così grande. Perché non c’è un solo modo di amare, Edizioni Sondra, Milano, 2023, p. 16.
(3) Ivi, p. 17
(4) D. Piras, ivi, pp. 24-25.
(5) Con il termine eteronormatività si indica la norma eterosessuale e dunque la convinzione che solo i rapporti etorodiretti siano validi e “normali”. Per “coppiacentrismo” si intende l’idea che la coppia, generalmente formata da uomo/donna e dunque binaria, sia al centro della relazione e assorba ogni energia affettiva che così viene sottratta alle altre persone che entrano in relazione con la coppia. Per chi assume questa prospettiva non è possibile, in breve, fare qualcosa al di fuori dall’ essere in coppia.
(6) D. Piras, ivi, p. 24.
(7) Ivi, p. 52.
(8) Ivi, p. 86.
(9) Con il termine “polecola”, nato dalla crasi di poly e molecola, si intende la rete affettiva di conformazione poliamorosa. Piras nel saggio la paragona anche a una costellazione (ivi, p. 59).
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