Elden Ring: this tarnished is on fire

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In molti sottovalutano la notevole presenza filosofica all’interno dei videogiochi, ritenendoli meri passatempi privi di lore (ndr: sono le informazioni che compongono e caratterizzano l’universo in cui è ambientato il gioco) o un semplice “attacca-scappa” fine a se stesso. 

Eppure, con il passare degli anni e con lo sviluppo delle varie tecnologie e della realtà virtuale, i videogiochi hanno preso sempre più piede all’interno del nostro quotidiano, innalzandosi a veri e propri film in fatto di qualità grafica: si pensi a Death Stranding di Kojima (il quale vanta la collaborazione di attori quali Norman Reedus, Léa Seydoux, Mads Mikkelsen e il regista Guillermo Del Toro) oppure a un Cyberpunk 2077 della CD Projekt RED.

Tra questi masterpieces è doveroso inserire anche Elden Ring (2022), sviluppato da FromSoftware, diretto da Hidetaka Miyazaki e con la straordinaria collaborazione di George R.R. Martin. 

Le tematiche filosofiche all’interno di Elden Ring sono molteplici e sicuramente non nuove nell’immaginario di Miyazaki: già nella trilogia di Dark Souls la lore è estremamente consistente, non facilmente intuibile e la quale richiede una grande cura nella lettura e nei dettagli – attenzione dunque alle descrizioni degli item

Elden Ring riprende l’idea di un mondo in degrado a causa della frantumazione del cosiddetto Anello: simbologia di una precedente armonia all’interno dell’Interregno. La ricerca dei suoi frammenti sarà la missione dei Senzaluce – ossia la specie del protagonista, i quali ne dovranno recuperare i pezzi, così da diventare i prossimi Lord ancestrali e risanare l’Ordine perduto. 

Tra i finali proposti in questo gioco, però, ve n’è uno particolarmente interessante, uno che rinnega questa ricerca di pace e di unione, venerandone il contrario: il disordine, il caso, la follia; ossia il destino che si sceglie seguendo le temibili Tre Dita e la Fiamma della frenesia.

«Cerca l’udienza delle Tre Dita e della fiamma della frenesia. Se erediterai la fiamma della frenesia, la tua carne servirà come legna da ardere e la ragazza sarà risparmiata…mettendoti sulla via del lord (ancestrale).»(1)

La fiamma, il fuoco, quella scintilla che molto spesso viene associata alla follia, basti pensare alla serie tv cult Twin Peaks e alla celebre frase: “Fuoco cammina con me”.

Ebbene, anche in Elden Ring questa viene collegata a quel guizzo che porta all’irrazionalità e alla celebrazione dell’ebbro, del libero, ma anche della Non-vita. 

Interagendo con le Tre Dita si viene letteralmente accolti dal suo abbraccio infuocato. La carne tremolante e lacerata di questo pseudo arto brucia essa stessa dall’interno a causa del rogo della frenesia, lasciando tracce sulla pelle del giocatore/giocatrice, che vedrà comparire cicatrici in tutto il corpo e i peculiari occhi gialli della follia. Tipico segno dei personaggi colpiti da questa sorta di morbo, difatti, è il corpo flesso all’indietro, le mani che coprono la vista e contorti come da un male interiore.

Questa immagine bene esprime la filosofia della follia delle Tre Dita, come in un dipinto: l’anelito contrario e quasi innaturale che ci spinge più verso la morte che alla vita. 

Le gioie sono momentanee o comunque non sufficienti a pagare il caro costo della vita che effettivamente conduciamo. L’esistenza viene definita come mero sbaglio, un errore, la nascita è dolore, tormento e per questo deve essere “bruciata via”. 

Questa ideologia ben si accosta al celebre “detto del Sileno” tratto dalla Nascita della tragedia di Nietzsche.

Il filosofo infatti scrive: 

«L’antica leggenda narra che il re Mida inseguì a lungo nella foresta il saggio Sileno, seguace di Dioniso, senza prenderlo. Quando quello gli cadde infine tra le mani, il re domandò quale fosse la cosa migliore e più desiderabile per l’uomo. Rigido e immobile, il demone tace; finché, costretto dal re, esce da ultimo fra stridule risa in queste parole: ‘Stirpe miserabile ed effimera, figlia del caso e della pena, perché mi costringi a dirti ciò che per te è vantaggiosissimo non sentire? Il meglio è per te assolutamente irraggiungibile: non essere nato, non essere, essere niente. Ma la cosa in secondo luogo migliore per te è morire presto.» (2)

La saggezza silenica, come la follia delle Tre Dita, mira a una abnegazione della vita, una rinuncia della stessa in quanto inconcepibile, un limite troppo insormontabile per un semplice essere umano, un pensiero banalmente accostabile alla fiaba della volpe che non arriva all’uva e la dichiara acerba. 

Ma come si può arrivare all’estremo desiderio di non-nascere, di morire il prima possibile? Può il non-sapere condurre a un tale pessimismo cosmico e auto-distruttivo? 

Se Vinicio Capossela, in una canzone, domandava a Tiresia “se fosse meglio sapere o non sapere”, qui appare lampante come la nostra esistenza sia vana e intraducibile, inutile dunque struggersi in elucubrazioni circa il vivere, non rimane che accettare inesorabilmente il nostro fato, andando contro alla norma nietzscheana del dire “sì alla vita”. 

La non-conoscenza incarna una vera e propria fiamma che ti logora dall’interno, una ferita che brucia e ti purifica dal peccato originario: essere venuti al mondo, seppur non per nostro volere. 

E voi, che finale avreste scelto?

  1. trad: “Seek audience with the Three Fingers and the flame of frenzy. If you inherit the flame of frenzy, your flesh will serve as kindling and the girl can be spared… setting you on the righteous path of lordship.”
  2. F. Nietzsche, La nascita della tragedia, Adelphi, Milano 2018, pp. 31-32.

Bibliografia:

F. Nietzsche, La nascita della tragedia, Adelphi, Milano 2018.

Sitografia:

https://eldenring.wiki.fextralife.com/Three+Fingers

https://www.youtube.com/watch?v=pblth0JJz-c

https://www.youtube.com/watch?v=Dt7wXcBUEkM

https://www.luniversitario.it/2024/03/25/meglio-non-essere-nati