Nancy Fraser

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Fraser

In Fortune del femminismo (1), Nancy Fraser sostiene che la teoria critica femminista non può più permettersi di ignorare il capitalismo, a causa delle costanti crisi che esso attraversa e che toccano soprattutto i soggetti marginalizzati. In effetti, proprio lei ha dedicato il suo impegno allo studio del sistema capitalistico in ottica femminista, e può di diritto essere annoverata tra le filosofe che meglio hanno affrontato queste tematiche. 


Prima di tuffarsi nel suo pensiero, però, è fondamentale fornirne il contesto. Fraser è infatti una esponente della terza generazione della scuola di Francoforte.


La filosofa dunque muove, nella sua teoria, da un posizionamento ben specifico: quello di una femminista di seconda ondata, influenzata però da un pensiero marxista. Per quest’ultimo, ella si distanzia dal simbolicismo che egemonizza il femminismo a lei contemporaneo, perché ritiene che esso abbia messo al centro l’ordine simbolico come forza onnipotente e onnipresente, finendo per ignorare la materialità dell’esistenza, la storicità sia della realtà sociale sia dei significati che vengono ascritti a essa (2). 

Questa monoliticità dell’ordine simbolico non solo non dà la possibilità di analizzare le identità nella loro complessità, ma soprattutto fa dimenticare che la lotta femminista non può e non deve muoversi esclusivamente sul terreno dell’identità. Le rivendicazioni economiche, infatti, sono e saranno sempre indispensabili, perché senza un’indipendenza materiale, i soggetti oppressi hanno difficoltà a far sentire davvero la propria voce nella cornice democratica.


L’armonia tra le richieste legate ai due diversi tipi di politiche, quelle identitarie e quelle economiche, è oggetto di uno dei testi più importanti della carriera di Fraser, ossia Riconoscimento e redistribuzione (3).


In esso, la filosofa sostiene appunto che una vera giustizia richiede che entrambi i due elementi individuati nel titolo dell’opera vengano perseguiti, per le ragioni di cui sopra. Come spiegato in Femminismo per il 99%. Un manifesto, scritto congiuntamente da Fraser, Cinzia Arruzza e Tithi Bhattacharya, il femminismo attuale è andato oltre le rivendicazioni delle ondate precedenti (4), proprio perché ha capito la necessità di tenere insieme i due poli, quello identitario e quello distributivo. 

Fraser è anche molto nota per le sue idee sulla natura del capitalismo e sulle crisi dello stesso. In questo caso, il testo di riferimento è Capitalismo. Una conversazione con Rahel Jaeggi (5), in cui le due filosofe raggiungono una definizione critica del capitalismo, che integri la tradizionale concezione ortodossa marxista, in modo da riconoscere che esso non è meramente un sistema economico, ma un ordine sociale istituzionalizzato, che prevede quattro separazioni strutturali:

  • produzione economica-riproduzione sociale;
  • economia-politica;
  • naturale-umano;
  • sfruttamento-espropriazione.

Queste divisioni erano già da sempre state riconosciute come presenti sullo sfondo del capitalismo, ma solo con il ruolo di sovrastruttura.


Ora, invece, vengono non solo identificate come condizioni necessarie della struttura produttiva, ma addirittura come il terreno su cui il capitalismo gioca per evolversi nel corso del tempo e passare alla sua forma successiva. La prospettiva di Fraser ha ricevuto molta attenzione proprio perché è riuscita, tramite la sua elaborazione, a superarne una economicista, creando una critica del capitalismo che è in linea con le teorizzazioni di genere, di razza, queer ed ecologiste. 

La prima delle dicotomie elencate sopra è stata approfondita ne La fine della cura (6), dove Fraser spiega innanzitutto che la separazione della riproduzione sociale dalla sfera economica, come dimensione privata e affidata alle donne, è una caratteristica costitutiva del capitalismo, che però lo fa ricadere in una contraddizione, perché la produzione dipende dalla riproduzione. Quando il capitalismo esacerba l’accrescimento dell’economia, disinteressandosi della riproduzione sociale, quest’ultima entra in crisi, danneggiando tutto il sistema, e la contraddizione diventa manifesta.


Visto che sono principalmente i soggetti marginalizzati e oppressi coloro ai quali viene affidata la riproduzione sociale, la teorizzazione e la politica femminista intersezionale deve intervenire su questa problematica, di modo che essa non venga sussunta dal capitalismo e risolta nella direzione dei suoi interessi. 


Capitalismo, cura, femminismo, politiche identitarie, popolano la filosofia di Fraser e la rendono tanto degna di attenzione. Sono infatti tutte tematiche vive, che determinano quotidianamente la nostra esistenza, e quindi hanno bisogno di un’analisi così puntuale come quella di questa filosofa, che le prenda di petto.





(1) N. Fraser, Fortunes of feminism, Verso, Londra, 2013. (2) Ivi, pp. 139-158.

Immagine di copertina: https://ipettirossi.wordpress.com/2018/02/22/opporre-lotta-di-classe-e-rivendicazione-identitaria-uguaglianza-identita-e-giustizia-sociale-di-nancy-fraser/
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