Non sono sessista, ma…

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Chi si occupa di linguaggio sa bene che questo non è solo un mezzo per trasmettere un significato, ma anche un importante strumento di creazione della realtà.


Noi pensiamo attraverso le parole e diamo un significato alla nostra esperienza del reale attraverso di esse, modificando sostanzialmente la realtà e il modo in cui interagiamo con essa.


Questa riflessione si trova alla base di Non sono sessista, ma…, ultimo libro di Lorenzo Gasparrini, scritto con l’esplicito intento di indagare l’uso della lingua italiana per svelare, agli occhi di chi usa questo idioma ogni giorno, quali siano i tanti usi e luoghi comuni sessisti che vi si annidano, e l’universo di significati che viene da questi creato.

L’analisi di Gasparrini, puntuale e senza peli sulla lingua, prende le mosse esaminando molti luoghi comuni, proverbi, modi di dire e stereotipi che, proprio per la loro diffusione e la loro apparente innocenza, rappresentano alcuni dei capisaldi del linguaggio sessista e del relativo modo di interpretare la realtà. Queste forme di sapere popolare ci appaiono indiscutibili e sempre adatte, vengono tradizionalmente accettate come vere senza essere sottoposte al vaglio di una vera riflessione critica, e contribuiscono a costruire un mondo in cui “le donne sono tutte puttane”, “dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna”, e dove le donne, si sa, “ne sanno una più del diavolo”.

Dietro all’apparente innocenza di queste frasi che ci sentiamo ripetere e che magari ripetiamo con disinvoltura ogni giorno, si cela una struttura sociale patriarcale con ruoli rigidi e ben definiti, che difficilmente potrà essere smantellata se non cominciamo, innanzitutto, a smettere di ripetere queste affermazioni.

All’analisi di proverbi e luoghi comuni, segue un’interessante riflessione sugli insulti sessisti e sulla loro abbondanza nella nostra lingua, che rappresenta un indice molto chiaro di come stanno le cose se, per dirla con Gasparrini, “La lingua parlata da una comunità è uno specchio della realtà in cui si vive” e “Se una lingua ha così tante occorrenze e caratteristiche sessiste è perché chi la parla intrattiene rapporti e si scambia relazioni ancora impregnate di sessismi” (1). 


Se sugli insulti è forse più semplice trovare consenso, Gasparrini ci mette in guardia anche dai complimenti.


Cosa si cela dietro l’affermazione che qualcuna è “una donna con le palle”? Quale inquietante sottotesto si nasconde dietro ai tanti discorsi sulla naturale attitudine alla cura, alla comprensione, alla pazienza e all’empatia, tradizionalmente attribuite all’universo femminile? E che dire di cavalleria e galanteria, comportamenti che possono apparirci per definizione positivi, ma che nascondono alle loro origini un sistema gerarchico dove la donna deve essere custodita e protetta proprio perché debole e inferiore? 

Un occhio di riguardo è riservato anche al mondo della scuola, che ha ovviamente un ruolo fondamentale nella formazione degli italiani di domani, e che è ancora impregnato di stereotipi sessisti proprio là dove sarebbe importante proporre un immaginario differente della società e dei rapporti tra i generi. 

Ben lontano dal rimanere astratto, il libro di Gasparrini si cala senza indugi nella realtà quotidiana italiana, senza paura di fare nomi e cognomi e di offrire molti e diversi esempi di intellettuali, filosofi, politici, giornalisti e scienziati che si sono prestati in passato a discorsi più o meno inconsapevolmente sessisti, sfruttando la loro autorità per trasmettere ancora una volta messaggi patriarcali pericolosi


L’aspetto forse più interessante di Non sono sessista, ma… è che leggendolo non si percepisce un forte intento polemico.


Certo, l’autore sta apertamente criticando l’uso di un certo linguaggio, ma lo fa in modo esplicito e intellettualmente onesto e, soprattutto, senza porsi su un piedistallo di perfezione. In una società sessista, tutti nasciamo e cresciamo sessisti. Smettere di esserlo è una questione di consapevolezza e di scelta personale, e il libro di Gasparrini si propone proprio di essere uno strumento per ragionare non tanto su quanto sono sessisti gli altri, ma specialmente su quando e quanto lo siamo noi stessi, nell’uso che facciamo quotidianamente della nostra lingua. 

Illuminando le trappole e i non detti del nostro linguaggio, Gasparrini ci rende più consapevoli di cosa diciamo e ci toglie la possibilità di appellarci all’ignoranza per difendere il nostro operato. Dopo aver letto questo libro, siamo tutti avvisati: se diciamo qualcosa di sessista, lo facciamo in piena consapevolezza, e ce ne dovremo quindi assumere la responsabilità.


(1) Lorenzo Gasparrini, Non sono sessista, ma…, Edizioni Tlon, Roma, 2019, p. 24.