Sei malattie dello spirito contemporaneo

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In quest’opera (1) Noica tenta di dare un nome agli stati d’animo; egli etichetta questi ultimi “malattie” non tanto a causa della loro essenza quanto piuttosto con l’auspicio di individuare un minimo di scientificità nella confusione in cui ha vissuto e vive l’uomo. In realtà, infatti, si tratta di orientamenti dell’uomo, non di vere e proprie patologie.


Al di là delle malattie somatiche e di quelle psichiche, ne esistono altre di ordine superiore che potremmo definire “malattie dello spirito” (2).


Le prime hanno carattere accidentale, le seconde dipendono dai condizionamenti individuali e sociali (anch’essi aspetti accidentali); le malattie dello spirito sembrano essere costituzionali: malattie dell’essere (e l’uomo, con la sua superiore instabilità, le rivela). Per Noica l’essere è malato e falso. Nella misura in cui l’Essere è un valore, anzi “il valore” al centro del reale, esso può essere contraffatto: paradossalmente è probabile che non ci priveremmo di un essere di tal fatta, anzi lo utilizzeremmo per dare senso e pienezza ontologica a un’esistenza che, nei suoi limiti naturali, non scopre il proprio essere. Con un falso essere tenderemmo a compensare un vuoto di essere.

Oltre alla malattia cronica dell’essere umano, consistente nel misurare la propria vita nel tempo, vi sono malattie dell’uomo in quanto essere che esiste nel tempo, che non trova la propria misura se non all’interno di esso: le malattie ontiche.

A quest’uomo mancherà l’individuale: il tode ti (todetite). Il rovescio di una tale condizione è la mancanza del senso generale: catholite. Tuttavia, oltre i sensi generali, l’uomo avrà bisogno anche di determinazioni adeguate; il mancato raggiungimento di tali determinazioni lo condannerà alla terza malattia dello spirito: l’horetite. Todetite, catholite e horetite riflettono nell’uomo la potenziale carenza dei termini dell’essere.

Premesso ciò, continua Noica, possono presentarsi altre tre malattie determinate non dalla carenza bensì dal rifiuto (nell’uomo) o inadeguatezza (nelle cose) rispetto a uno dei termini dell’essere.


Le chiameremo: acatholia, atodetia, ahoretia.


Prima malattia: non avere, per una situazione individuale e per le sue determinazioni, un principio di ordine generale. Le cose si manifestano in vari modi ma non sono davvero: catholite (3).

Seconda: non avere, per le determinazioni che si radicano in qualcosa di generale, una realtà individuale. La manifestazioni possono organizzarsi in vari modi, ma non sono davvero: todetite (4). 

Terza: non avere determinazioni per qualcosa di generale che ha assunto una dimensione individuale. Le cose si sono realizzate in teoria, ma non sono davvero: horetite (5).

Quarta: non avere determinazioni specifiche per qualcosa di individuale che si è elevato a livello generale. Si ha accesso all’ordine, ma le cose, in quanto manifestazioni determinate, non sono davvero: ahoretite (6). 

Quinta: non avere una realtà individuale per un generale che si è specificato attraverso delle determinazioni. Le manifestazioni hanno corrispondenza sicura, ma senza concentrazione nella realtà non sono davvero: atodetia (7). 

Sesta: precarietà dell’essere nel concentrare in una realtà individuale determinazioni prive in sé della stabilità del generale. Le cose si fissano in un qualcosa che privo del supporto del generale non è davvero: acatholia (8).


L’uomo è, secondo Noica, un essere malato gettato nell’universo.


Gli dei sono malati, il cielo stesso è malato, c’è un tarlo nascosto nel cosmo. La luce è anch’essa malata. Anche il tempo. La vita è malata e malato è il Logos (sebbene per il Logos sia un’anomalia essere diviso in quanto in esso è contenuta l’unità della Ragione). Ma se tutte le grandi entità sono malate, e se la cultura arriva a mostrare le loro patologie come costituzionali, come si fa a non parlare delle malattie dell’essere?

Si potrebbe persino affermare che l’uomo è l’unica creatura sana suscettibile di guarigione: il mero fatto che l’uomo sia formato in modo da sapere di essere malato gli dà la possibilità, unica al mondo, di liberarsi dalla malattia, di elevarsi al di sopra della sua condizione. L’uomo saprebbe riconoscere la malattia e la salute al di fuori di sé.

Il suo “di più” della malattia è di natura diversa da tutto ciò che già esiste nel mondo. Nell’uomo, e solo in lui, le malattie dell’essere sono altrettanti stimoli ontologici.

La coscienza dell’effimero, della fragilità, dell’inutilità di essere e di fare, sono inclinazioni alla malattia, tuttavia il disordine dell’uomo è la sua fonte di creatività. Elevarsi a sei grandi tipi di affermazione umana. Non si può parlare di guarigione, si tratta solo di riconoscere queste malattie e riconoscersi in esse.

Potremmo addirittura definirle come sei età dell’uomo, sei oggetti del suo amore; sei modi di creare, sei modi di costruire dei sistemi filosofici; sei tipi di cultura, sei tipi di libertà; altrettante sono le esperienze della storia, le causalità con le corrispettive necessità, i significati dell’infinità e quelli del nulla.

Una varietà di cose, di possibilità, diventa visibile lì dove di solito a dominare è l’evidenza di un solo senso.


(1) Constantin Noica, Sei malattie dello spirito contemporaneo, Carbonio Editore, Milano, 2017.
(2) Noica, op.cit., p.13.
(3) Ibidem, p. 43.
(4) Ibidem, p. 65.
(5) Ibidem, p. 85.
(6) Ibidem, p. 104.
(7) Ibidem, p. 131.
(8) Ibidem, p. 158.