Da amante dei gatti, fan di centinaia di pagine Facebook dedicate a questo amatissimo animale, mi è capitato di leggere articoli molto leggeri sul rapporto speciale che questi piccoli felini hanno con le donne.
Nella lunga esperienza da “gattari” della mia famiglia, questo fatto non è mai emerso: c’erano tante affinità singolari che, però, prescindevano dal sesso biologico di entrambe le parti coinvolte.
C’è, però, una verità nel legame accennato da questi articoletti: i gatti e le donne sono storicamente e culturalmente associati sin dall’antichità, basti pensare all’aspetto della dea egiziana della fertilità e della carica erotica femminile, Bastet. In generale, e a parte qualche eccezione, questa presunta relazione è dovuta a vari motivi, legati a una mentalità fortemente maschilista e paternalista, che intendeva (intende?) rinchiudere la donna (e i gatti!) in determinati ruoli precisi.
Rifletteteci un po’: escludendo il Gatto con gli stivali e Garfield, nell’immaginario comune – fatto di libri, illustrazioni, fumetti e altre produzioni artistiche – è il cane a essere associato al mondo maschile, mentre il gatto lo è a quello femminile.
Forse perché questi felini sono piccoli, graziosi, delicati e fini, caratteristiche associate per tradizione alle donne.
Oltre a questo collegamento apparentemente banale, anche la sensualità ha portato ad associare le donne ai gatti e questo è evidente nel Rinascimento, periodo in cui gli artisti tendevano a rappresentare la bellezza terrena tramite questa associazione ultraspecie. Anche in età successive, però, i pittori come Renoir rappresentarono questa relazione seppur in maniera più casta e morbida.
La sensualità sia felina che femminile trova, però, il suo maggiore sviluppo nel presunto legame tra prostitute e gatte, che diventano l’emblema della carica erotica. Tale affinità porta a un’accusa di tradimento e infedeltà sia nei confronti della donna che del gatto che sfocia spesso in una forte ostilità. Come ben sappiamo, i “mici” sono animali notturni e misteriosi e per questo, proprio come il sesso femminile, presenterebbero inclinazioni aliene, depravate e associate al demonio. Entrambi avrebbero armi efficaci ma nascoste; sarebbero seducenti, ma in realtà crudeli e freddi. Oltre all’arte pittorica, anche poeti e scrittori hanno analizzato questi temi e paragonato il presunto fascino pericoloso della donna con quello del gatto: tra i nomi troviamo Baudelaire, Verlaine e Guy de Maupassant.
Non è solo l’arte, però, a dimostrare la presenza (e il peso) di questo paragone nell’immaginario collettivo.
Anche il grande Sigmund Freud, parlando del narcisismo – in una pagina della sua enorme produzione che non gli fa certo onore – attribuisce la tendenza degli uomini a scegliere donne narcisiste alla rinuncia maschile al narcisismo. Le donne erano, quindi, secondo il parere di uno degli studiosi più famosi del mondo, oggetto d’amore perché conservavano il proprio narcisismo, esattamente come i gatti, che attraggono tanto per lo stesso motivo. Sia il sesso femminile che i nostri amati felini di casa sono ugualmente freddi, impenetrabili e fondamentalmente infedeli.
Anche nella cultura e nell’arte giapponese le geishe sono spesso associate ai gatti; l’atteggiamento che i nipponici hanno però verso queste donne è meno moralistico rispetto a quello di noi occidentali verso le cortigiane. Anche in questo mondo emerge comunque la medesima ambiguità tra fascino e pericolo, incarnata dalla figura della strega-gatta, dall’aspetto bellissimo, ma in fondo feroce e impietosa.
Sul versante opposto, è anche nell’ambiente domestico che si trova un altro motivo dell’associazione tra donne e gatti: entrambi rappresentano la casa.
La donna deve limitarsi a essa ed è vista come angelo del focolare, esattamente come i nostri piccoli felini, che ancora oggi sono guardati come animali casalinghi e “poltroni”. C’è un proverbio che, purtroppo, parla da solo: «una brava moglie e un bravo gatto stanno meglio a casa» (1).
Abbiamo anche testimonianze pittoriche di tale faccia del legame: alcuni artisti collocano i felini all’interno di illustrazioni della Sacra Famiglia. In questa visione sia alle donne che ai gatti sono attribuiti riservatezza e decoro, caratteristiche “secondarie” rispetto a quelle più lodevoli degli uomini (e, quindi, dei cani). Non a caso nei bigliettini d’auguri presenti fino agli anni Ottanta e spesso rivolti alle giovani, sono rappresentate donne e gatti insieme ed esclusivamente nell’ambiente domestico. In altre illustrazioni troviamo anche gli amati micetti da soli, ma sempre in atteggiamento passivo: così le giovani dovevano crescere, assumendo come valori la maternità attenta, la meticolosa pulizia e i modi garbati tipici delle gatte.
Allo stesso tempo, però, anche lo spirito indipendente di questo affascinante animale è associato a quello della donna che prende un’iniziativa autonoma.
Se noi tendiamo a vedere questo come qualcosa di positivo, in passato non lo era. Un esempio nell’arte? Quando Albrecht Dürer dipinge il suo Peccato originale colloca accanto a Eva esattamente un gatto. La ribellione femminile e felina, insomma, rendeva sia donne che gatti imputabili di perversione e selvatichezza.
Abbiamo parlato sino ad ora di immaginario maschile: le artiste donne, invece, come hanno raffigurato questo legame? A differenza degli uomini esse hanno considerato raramente i gatti in termini sessuali e, anzi, le scrittrici – come ad esempio Colette – spesso li utilizzano per descrivere le richieste egoistiche degli uomini. Non essendo più connotati in maniera erotica, i “mici” rappresentano uno stile di vita indipendente, che libera la donna da convenzioni, aspettative e ruoli di genere. Dalle donne, quindi, la “ribellione” è vista naturalmente in maniera positiva, a differenza di ciò che succede per i colleghi del sesso opposto.
Forse sorgerà un’ulteriore domanda, ossia: cosa ne pensa di tutto questo la cultura più “alta”?
Freud non parla solo di narcisismo, ma rincara la dose sostenendo che le donne rallentano il progresso della civiltà. Anche Jung, però, non si risparmia e arriva a stabilire che sia le donne che i gatti si collocano tra gli animali meno addomesticati e addomesticabili.
Insomma, quegli articoli, spesso privi di fonti, che si trovano sul web non hanno tutti i torti: c’è sempre stato un legame tra donne e gatti, un’affinità forzata funzionale a una società paternalistica e finalizzata al mantenimento dei ruoli. È la discriminazione che ci ha accomunati: l’uomo ha paragonato il meno stimato dei sessi e il meno stimato degli animali per screditare sia donne che gatti, collocando entrambi in generalizzazioni e stereotipi. La speranza è che tali preconcetti vengano superati nella potenza liberatoria e libertaria della vita in sé per sé e che sarà proprio tale libertà a trionfare. Guardo mio nonno che dolcemente accarezza la sua gattina e, mentre si scambiano sguardi estasiati, penso che così sarà.
(1) K. M. Rogers, Storia sociale dei gatti, Torino, Bollati Boringhieri, 2006.
FONTI:
M. K. Rogers, Storia sociale dei gatti, Torino, Bollati Boringhieri, 2006.
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