Ragazza, donna, altro

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Ragazza, donna, altro

Ragazza, donna, altro, di Bernardine Evaristo, è un libro importante, che tematizza, con la delicatezza che solo un romanzo può esprimere, intersezionalità e privilegio

Il testo traccia i profili di dodici donne, che vivono in Gran Bretagna e che sono nere o di sangue misto. Appartengono a generazioni diverse, dai diciannove anni di Yazz, ai novantatré di Hattie; a orientamenti sessuali diversi e ad altrettanto diverse classi sociali, se ancora è lecito usare questo concetto. Le loro storie si intersecano, in certi casi, in altri si sfiorano appena, organizzate sapientemente nelle quattro parti di cui è composto il libro. Il distacco tra le loro vite non si percepisce: il filo conduttore che le lega è la riflessione, soggiacente alla narrazione, sul privilegio e l’assenza di esso, favorita dal medium del romanzo. Non è questione di definire cosa il privilegio sia, quanto piuttosto di mostrare come esso agisca.


È un concetto tanto concreto e sfaccettato, che mina il presente e l’orizzonte di possibilità delle nostre protagoniste, ostacolandolo, quanto astratto e aleatorio: chi può dirsi davvero privilegiato?

«Courtney ha risposto che Roxane Gay ci ha messo in guardia contro il rischio di imbarcarci nelle “Olimpiadi del privilegio” e in Bad Feminist ha scritto che il privilegio è relativo e dipende dal contesto, e io sono d’accordo, Yazz, altrimenti dove ci fermiamo? Obama è meno privilegiato di un ragazzino bianco di provincia che cresce in una roulotte con una madre single tossica e un padre che è un avanzo di galera? una persona con una disabilità grave è più privilegiata di un richiedente asilo siriano che ha subito delle torture? Roxane dice che dobbiamo trovare un modo nuovo per parlare di diseguaglianza»

Evaristo mette in scena le contraddizioni del concetto di privilegio, raccontando donne agiate, come Carole, che da quando lavora nella finanza e si stira i capelli sembra aver dimenticato le sue origini, e non. Ciò che emerge è un quadro complesso e problematico, che sfugge alle trattazioni tradizionali. Per pensare il privilegio, bisogna ripensarlo e, con esso, ripensare le categorie che regolano il nostro vivere quotidiano. Passare in rassegna le vite, agite ed esperite da dodici donne diverse, forse, è proprio uno dei modi più adatti alla riflessione: al di là della teoria politica, al di là degli ideali, ci sono persone in carne e ossa, la cui esperienza è il punto da cui partire per comprendere la realtà


Proprio questa ragione, che le storie di queste persone vengano impresse su carta, è di particolare importanza: l’atto letterario è un atto politico, è occupazione di uno spazio, è reclamare il luogo che, di diritto, bisognerebbe avere.


Raccontare è rappresentare e rivendicare la propria narrazione, nella sua profonda complessità. L’opera di Evaristo riesce a bucare la superficie, evitando ogni semplificazione e il rischio di cadere in facili dicotomie: uomo/donna, bianco/nero non hanno senso di esistere. La conversazione si deve spostare su un livello diverso, che oltrepassi i binarismi e riesca a scardinarli per approdare alla vita così com’è, la struttura che regge la sovrastruttura. Questo non avviene solo a livello di contenuto, ma anche di forma: il romanzo è una sorta di lungo poema che, grazie alla punteggiatura scarna e agli a capo, riesce a isolare e mettere in luce le parole e le emozioni giuste. 

Uno spunto di riflessione interessante, poi, è quello sull’attivismo che, grazie alle età diverse delle protagoniste, è messo in questione: ognuno pensa di farlo nel modo più giusto, ma i tempi cambiano e con essi i linguaggi e le strategie.


Ogni generazione ha qualcosa da imparare dalla generazione che la precede o la segue. 


Ecco uno stralcio di testo che, proprio su questo tema fa riflettere:

«Gli hippy proposero di formare una comune e condividere tutto, ma erano così tranquilloni e rilassati che tutti gli altri gli parlarono sopra
gli ambientalisti volevano vietare le bombolette spray, le buste di plastica e il deodorante, il che gli mise tutti contro, perfino i punk che non erano esattamente noti per il loro profumo di violette

I vegetariani richiedevano di imporre un regolamento anticarne, i vegani volevano estenderlo al latte e ai suoi derivati, i macrobiotici proposero di mangiare tutti quanti cavolo al vapore per colazione

[…]Le femministe radicali volevano aree riservate alle donne, autogestite da un’apposita cooperativa
le femministe radicali lesbiche volevano una loro area separata dalle femministe radicali non lesbiche, a sua volta autogestita da un’apposita cooperativa
le femministe radicali lesbiche nere volevano la stessa cosa, ma a condizione che nessuna persona bianca, a prescindere dal genere, potesse entrarvi
gli anarchici presero e se ne andarono perché qualunque forma stabile di governo rappresentava un tradimento di tutti i loro ideali»

Amma, futura drammaturga di successo, in gioventù vive in una comune.


Nonostante tutti siano spiriti liberi e politicamente impegnati, accade il contrario dell’intersezionalità: dall’attivismo degli anni ’70 molto si può imparare, ma molte delle polarizzazioni si sono fatte meno nette, per cercare un percorso comune, quanto più inclusivo e aperto alle
necessità di tutti.


B. Evaristo, Ragazza, donna, altro, SUR, Roma, 2020.