Come forse non tutti sanno, la filosofia si interessa da sempre all’attività fisica: perché accanto alla mente, appare fondamentale occuparsi anche del proprio corpo.
Un esempio perfetto è Platone. Il suo stesso nome fa riferimento alle spalle larghe e l’Accademia era un ginnasio, cioè un luogo dove i giovani si allenavano, oltre che dedicarsi allo studio e al filosofare (1). L’importanza che Platone dà alla cura del corpo è in realtà ampiamente presente in tutta la filosofia greca e viene ereditata dalla cultura latina. «Mens sana in corpore sano» (2) ancora oggi appare come un invito interessante a coltivare ed esercitare sia la mente che l’aspetto fisico.
La svolta si ha con l’arrivo del Cristianesimo, che considerava il corpo come un fardello ed invitava a non ascoltarlo e, anzi, a punirlo per i suoi bisogni e impulsi.
Cartesio, distaccando mente e corpo – anche se i filosofi sanno bene che questa è una semplificazione – ha sancito la netta suddivisione che ancora oggi spesso porta a credere ai non addetti ai lavori che la filosofia non abbia cura dell’esteriorità. Nella mente dei più il filosofo per eccellenza è brutto e trascurato, perché troppo impegnato nelle sue elucubrazioni.
Forse è anche per questo che i filosofi appaiono come figure caricaturali o secondarie al giorno d’oggi in una società – se non nelle loro accezioni più estetiche o per motivi di gossip – così concentrata sull’apparenza e sulla semplificazione. La filosofia invita a guardarsi dentro, a indagare la realtà e a superare l’apparenza delle cose.
Come accennato, però, in realtà questa disciplina non esclude il corpo, ma anzi – lo vediamo in particolare con la fenomenologia – lo sancisce come modalità esperienziale imprescindibile per la conoscenza del mondo e dell’Altro (oltre che di se stessi) (4).
Il problema sorge nel momento in cui l’aspetto fisico, distaccato dal pensiero, assume un ruolo fondamentale e diventa un’ossessione.
Il corpo non è più un fardello, ma non è nemmeno più parte di un unicum con la mente: è diventato tutto. Il corpo, insomma, sembra non far parte più della persona, ma è solamente corpo, standard, senza sfumature e chi non rientra nei parametri è escluso.
Questo clima non ha di certo aiutato all’accettazione di sé e ha portato a una ricerca disperata, ossessiva e, di conseguenza, patologica della perfetta forma fisica.
Se anoressia e bulimia sono conosciute, non tutti sanno che esiste una malattia legata alla brama di avere un corpo atletico e “grosso”: la vigoressia. I vigoressici sono individui ossessionati dai muscoli, che passano ore ad allenarsi e che aspirano costantemente a un risultato che a loro pare inarrivabile (5).
Presente già in alcune pubblicazioni degli anni Novanta e nel DSM (il Manuale Diagnostico e statistico dei disturbi mentali) è ovviamente legata a problemi psichici più profondi e gravi; è una forma di dismorfismo che sembra, però, essersi amplificata in particolare con i Social (6).
Avete mai notato quanti video su YouTube propongono allenamenti estenuanti? Quanti post su Instagram pieni di consigli per ingrossare la muscolatura?
Certo, il culturismo non è una novità, così come le persone “palestrate”, attente ai carboidrati (letteralmente terrorizzate?) che assumono proteine in polvere, o ancora peggio, steroidi anabolizzanti. Attualmente, però, come per molti altri fenomeni, tutto si è amplificato. Il rischio è di incappare in persone inesperte o in malafede che, magari, sono a loro volta ossessionate dalla propria forma fisica. I cosiddetti fitness influencer spesso non incitano solo ad allenarsi, ma dispensano consigli nutrizionali su come restare in forma e fare massa senza avere effettivamente i titoli per farlo. A tutorial o suggerimenti di esercizi, si abbinano ricette fit, low-carb, proteiche funzionali – a loro dire – a formare quel fisico perfetto tanto agognato. Inoltre, spesso, alcuni di essi non solo pubblicizzano integratori e linee di “beveroni” e barrette proteici, ma mostrano continuamente foto dei progressi di crescita dei muscoli e tonificazione loro o dei clienti.
Una persona in un momento di debolezza, può trovare in questa giungla un terreno fertile per coltivare ancora di più le proprie ossessioni. Inoltre, gli sforzi continui ed estenuanti – che non ammettono riposo – possono provocare tra le varie danni fisici e abbassare le difese rendendo meno sani e in forma di quel che si vuole apparire (7).
Qual è la soluzione, se essa esiste?
A livello personale, questi individui potrebbero aver bisogno di un supporto psicologico. La complicazione insorge, però, dal principio perché spesso questa patologia non è riconosciuta come tale. A differenza delle persone anoressiche, ad esempio, i malati – soprattutto di sesso maschile in questo caso, anche se stanno aumentando anche le donne – appaiono sani. Inoltre, la nostra società esige un aspetto fisico atletico e, in particolare per gli uomini, “grosso” e muscoloso. Come già detto in alcuni articoli (qui , qui e qui), ciò è anche associato a stereotipi legati a un concetto tossico di esteriorità. Insomma, all’interno di questo background il problema viene normalizzato e pare ancora più difficile avere un suo effettivo riconoscimento.
A livello più ampio, allora, anche da questo punto di vista pare fondamentale il movimento della body positivity e la cosiddetta mindfulness.
Anche alcuni degli stessi fitness influencer o alcuni esperti di nutrizione e dieta l’hanno abbracciata, invitando all’ascolto del proprio corpo. Ciò significa, sì, cercare di “migliorarsi” (a livello di salute), ma anche di imparare ad accettarsi; riposarsi se ci si sente stanchi, allenarsi o fare attività fisica solo se ci fa stare bene e non per compensare o per raggiungere obiettivi irraggiungibili.
Insomma, questi movimenti non sono perfetti – possono semplificare all’opposto alcuni fatti scientifici – si basano, però, su principi che paiono corretti e di antica provenienza: inclusione e dialogo.
Quest’ultimo è un ascolto, è la ri-creazione di quel ponte tra corpo e mente che sembra essersi rotto, ma che come ben sappiamo noi filosofe e filosofi è, in realtà, di cruciale importanza.
(1) Cfr. Simone Regazzoni, La palestra di Platone, Firenze, Ponte alle grazie, 2020.
(2) Questa frase, molto nota, è tratta dalle Satire di Giovenale (Sat. X, 356).
(3) Cfr. Massaro D, La comunicazione filosofica Vol.1, Torino, Paravia, 2012.
(4) Cfr. Ibidem.
(6) Cfr. De Pascalis P., Vigoressia: quando il fitness diventa ossessione, Roma, Il Pensiero Scientifico, 2013.
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