Silvia Federici: dalla parte delle donne

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Silvia Federici nasce nel 1942 a Parma, ma alla fine degli anni ’60 si trasferisce negli Stati Uniti per studiare. In questo periodo entra in contatto sia con le idee femministe che con quelle operaiste: il connubio tra i due movimenti sarà alla base di molte delle sue riflessioni.

Federici si allontana tuttavia dall’ideologia femminista liberale tanto quanto da quella socialista. La prima infatti pensa la discriminazione delle donne come indipendente dai rapporti di classe; la seconda reputa sufficiente l’emancipazione dal punto di vista lavorativo.


La filosofa, invece, considera il pensiero marxista come parte integrante del femminismo, ma ritiene anche che sia necessario superare Marx in alcune sue lacune.


D’altronde, un testo fondamentale per la formazione di Federici è Potere femminile e sovversione sociale di Mariarosa della Costa, in cui viene messa in discussione la tesi di Marx secondo cui il lavoro casalingo della donna non è “produttivo”, a differenza del lavoro salariato dell’uomo proletario. Federici riprende questa idea, spiegando che il lavoro domestico rientra invece di tutto diritto nell’analisi della società capitalistica, perché è proprio la casalinga a permettere, tramite le proprie cure, che il marito proletario possa riposarsi e rilassarsi per essere di nuovo pronto a lavorare il giorno successivo. Dunque, quello della donna è un lavoro non salariato che però, permettendo la riproduzione della forza-lavoro (1), comunque subisce lo sfruttamento capitalistico e quindi non va ignorato.


Proprio per questi motivi, Federici negli anni ’70 partecipa al movimento femminista che richiede un salario per il lavoro domestico.


In Genere e Capitale scrive: «La premessa politica del salario al lavoro domestico è il rifiuto dell’ideologia capitalistica che identifica la mancanza di salario e un basso sviluppo tecnologico con l’arretratezza politica e la mancanza di potere e, di conseguenza, presume che come donne dobbiamo passare attraverso nuove forme di sfruttamento per poter organizzare le nostre lotte». (2)

La presenza di un altro lavoro non ha mai liberato le donne da quello domestico, che andrebbe salariato non perché queste vogliano entrare nel rapporto salariale, ma affinché in questo modo siano messe alla pari degli altri lavoratori che condividono la loro lotta. Inoltre: «Il fatto che il lavoro domestico non sia retribuito dà a questa condizione, che è imposta socialmente, un’apparenza di naturalezza (la femminilità) che ci influenza dovunque andiamo» (2).

Un’esperienza fondamentale per Federici è rappresentata dal periodo passato in Nigeria negli anni ’80. Infatti, tra il 1984 e il 1986 la Nigeria stringe con la Banca Mondiale degli accordi che prevedono l’adozione dell’aggiustamento strutturale, volto a implementare politiche capitalistiche di “libero mercato”. Sente allora l’esigenza di affrontare nel testo Calibano e la strega l’origine del capitalismo, ripensandola in chiave femminista. La domanda che Federici si pone è: «Perché dopo cinquecento anni di dominio del capitalismo, all’inizio del terzo millennio la figura del proletario è ancora quella del povero, del fuorilegge e della strega? Che rapporto c’è tra l’esproprio della terra, l’impoverimento di massa e il continuo attacco alle donne?». (3)


Nella sua analisi, la filosofa individua la degradazione sociale delle donne come elemento necessario per lo sviluppo del sistema capitalistico, facendola risalire alla lotta contro le streghe, che avrebbe differenziato in maniera profonda uomo e donna, ridefinendo la riproduzione sociale.


Federici spiega infatti che le streghe erano in generale tutte coloro che esercitavano liberamente la propria sessualità, e combatterle significava fornire un monito a tutte le donne, che impararono così a non violare i limiti loro imposti. Alle streghe, e dunque alle donne, è stato tolto il controllo sul proprio corpo, in modo da renderlo funzionale alla riproduzione della forza-lavoro, che abbiamo visto essere l’elemento che ancora mantiene la donna intrappolata in un ruolo subordinato.

Dunque, le donne sono state le prime a rimettere il proprio corpo e la propria vita per la nascita del capitalismo, e la caccia alle streghe è stata a tal proposito fondamentale. Così come lo è anche la riflessione della filosofa sui commons (4), termine con cui si intendono le risorse accessibili a tutti i membri della società, ad esempio i luoghi o i beni comuni. Questi sono sempre stati “l’altro” rispetto alla società costituita e dunque rappresentano una forma di organizzazione sociale alternativa al capitalismo. Tuttavia, anche questi possono essere privati del loro elemento di libertà, ed è perciò necessario definire con dei criteri i commons utili all’emancipazione. Essi:

  • Devono essere autonomi e fornire gli strumenti utili ad auto-governarsi.
  • Sono caratterizzati dall’esistenza di una proprietà comune, ad uso di tutti i membri del common.
  • Sono più delle relazioni sociali che oggetti.
  • Funzionano sulla base di regole comuni.
  • Richiedono la presenza di una comunità, senza la quale il common non esisterebbe.

È allora chiaro che nel pensiero di Silvia Federici risuona forte il desiderio di combattere la società maschilista, razzista e capitalista, nato in lei proprio perché la filosofa ha assistito in prima persona ai devastanti effetti di questo sistema.


Le sue analisi dovrebbero essere necessariamente recuperate dal pensiero femminista, che ha ormai relegato approcci come quello di Federici a un ruolo di secondo piano, ma anche da tutti coloro che desiderano cogliere a fondo che la lotta contro l’oppressione femminile è il presupposto ineludibile di qualsiasi altra lotta.

Note

  1. In poche parole, Marx intende la forza lavoro come le capacità dell’uomo, sia fisiche che intellettuali, che sono necessarie per ogni lavoro.
  2. S. Federici, Genere e capitale. Per una rilettura femminista di Marx, DeriveApprodi, 2020.
  3. S. Federici, Calibano e la strega: Le donne, il corpo e l’accumulazione originaria, Mimesis, Sesto San Giovanni, 2020.
  4. S. Federici, Reincantare il mondo. Femminismo e politica dei “commons”, Ombre Corte, Verona, 2018.

Sitografia

http://www.iaphitalia.org/neoliberismo-riproduzione-e-comunita-un-dialogo-con-silvia-federici-tra-biografia-politica-e-pensiero/#_ftn1

https://www.sinistrainrete.info/societa/16919-silvia-federici-quello-che-marx-non-ha-visto.html





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