Matilde Serao (1856-1927) prima donna redattrice, prima donna direttrice di un giornale, prima donna fondatrice di un quotidiano. Vissuta nell’angusto ambiente giornalistico di inizio Novecento, Serao sfida il maschilismo con intelligenza, irriverenza e tenacia. Impara a leggere e scrivere a otto anni, e da lì non si ferma più. Produce, infatti, senza sosta romanzi e scritti di importante denuncia sociale, come la raccolta di articoli usciti su «Il Giorno», dal titolo Parla una donna. Diario femminile di guerra, maggio 1915-marzo 1916, in cui testimonia la condizione femminile durante la Prima Guerra Mondiale.
Luisa Spagnoli (1877-1935) una delle prime imprenditrici italiane. Nata da una famiglia molto umile, Luisa inizia a studiare in un laboratorio sartoriale fin da piccola. Una volta sposata, si trasferisce a Mantova e qui esercita con successo ciò che ha appreso. Tuttavia, insoddisfatta del rapporto col marito, torna a Perugia, sua città natale. Quando Annibale termina il servizio di leva, la raggiunge e si lascia convincere ad acquistare una confetteria, che grazie all’entusiasmo di Luisa si trasforma ben presto in un’azienda florida. Tuttavia, senza consultarla il marito decide di entrare in società con altri industriali, tra cui Francesco Buitoni. Il sodalizio non ha successo e le cose miglioreranno solo con l’arrivo del fratello di Francesco, Giovanni, che stringe un’amicizia speciale con Luisa.
Intanto scoppia la prima guerra e, mentre gli uomini sono chiamati alle armi, Luisa rimane sola al comando dell’azienda: assume tante ragazze della città, dando fiducia e spazio al genere femminile.
È a quest’altezza che risale la sua brillante intuizione di concentrarsi sul cacao e cioccolato, vista la scarsità di materie prime per la produzione di caramelle. Il successo dell’azienda esplode e viene consacrato con la nascita dell’iconico “Bacio Perugina”, simbolo di quella sintonia tra Luisa e Giovanni, che è diventata amore. Ma, il genio di Luisa non si ferma. Decide di aprire, infatti, un laboratorio sartoriale: nasce così un grande marchio di moda ancora oggi apprezzato. Luisa è un’imprenditrice attenta ai bisogni dei lavoratori, molto più di suoi contemporanei uomini, e impegnata in attività a favore delle classi meno abbienti. Nella sua azienda implementa, ad esempio, un asilo per i bambini, strutture creative e una piscina. Credeva in un’azienda a misura d’uomo, che non puntasse solo ai profitti, ma mirasse a migliorare la vita di chi ci lavorava, soprattutto lavoratrici (1).
Sono esempi di donne che, in un momento storico decisivo per l’emancipazione femminile, sfidano concretamente quelle strutture sociali e politiche in cui sono immerse.
La storia insegna che donne e uomini hanno acquisito diritti civili in tempi diversi, a svantaggio delle prime. Basti pensare al diritto di uguaglianza di fronte alla legge, che viene introdotto nel secolo scorso ma, di fatto, non applicato come dovrebbe. È, ad esempio, alla fine degli anni Settanta che decade in Italia l’articolo 559, che sottoscrive come punibile solo l’adulterio della moglie, attenuando quello del marito. E ancora si pensi alla normativa intorno alla violenza sulle donne, emergenza sociale dichiarata, ma ancora troppo poco tutelata. E ancora che le donne compongono oltre il 40% della categoria professionale dei giornalisti, ma gli articoli in prima pagina firmati da una donna sono solo il 20% (2).
Linguaggio sessista, violenze, disparità. In questo scenario l’imprenditorialità femminile si è fatta, e si fa, strada sgomitando a denti stretti, come azione fondamentale per scardinare il patriarcato, che da secoli soffoca la donna in determinati ruoli e schemi. Ancora oggi, fin da piccoli siamo plasmati da un sistema che divide e lede la donna nei suoi diritti basilari. Le donne fanno fatica a esercitare la loro libertà, a esprimersi in campo lavorativo, lottando contro atteggiamenti e trattamenti non equi. Tale tematica ha trovato negli ultimi anni maggiore spazio nel dibattito pubblico e qualche passo per colmare il gender gap è stato compiuto (3), ma non basta.
Non basta perché il sistema patriarcale è radicato nella nostra cultura, nei gesti e parole più semplici.
Consapevolezza chiara ad alcuni brand di fama internazionale come Barbie, che ha lanciato negli ultimi anni Shero e Role Models, progetti nati per incoraggiare le bambine a sviluppare liberamente le loro capacità e potenzialità, sfidando stereotipi culturali. Una serie di bambole che vuole mostrare la realizzazione di donne, diventate fonte di ispirazione e modelli positivi per le più piccole.
Mettendo in pratica il gioco del “far finta”, infatti, i bambini riproducono situazioni vissute, ma nel contempo le assimilano. È un momento importante che permette di sviluppare competenze cognitive, sociali e la fiducia in se stessi. In questo senso si comprende, quindi, come anche il gioco possa essere strumento potente nelle mani del women’s empowerment, ovvero quel processo che vuole modificare le relazioni di potere discriminatorie.
Implementare nuovi incentivi per l’imprenditorialità femminile (come si prospetta nella nuova Legge di Bilancio 2021) e apportare modifiche nel sistema educativo. Al piano politico bisogna affiancare una “rivoluzione” che parta dalla scuola e dall’educazione. Il sistema patriarcale si è fuso con la nostra cultura, diventandone parte integrante e condizionando pensieri e azioni. Sicché, è necessario percuoterlo alla base, veicolando nuovi messaggi. Si tratta di impiantare didattiche che non cavalchino l’onda patriarcale, bensì inizino a minare schemi concettuali discriminatori. Esporre i bambini a contenuti diversi improntati sul rispetto e la libertà, stimolare la loro immaginazione e le loro attitudini in egual modo, spronarli a essere ciò che desiderano.
Rispetto e libertà, valori che dovrebbero travalicare ogni tipo di specificità, ma purtroppo non è ancora così.
(1) Per approfondire, si consiglia la lettura del libro di Daniela Musini, Le magnifiche. 33 vite di donna che hanno fatto la storia d’Italia, Piemme, Milano, 2020.
(2) https://www.ansa.it/canale_lifestyle/notizie/societa_diritti/2021/03/07/8-marzo-dalla-
medicina-al-giornalismo-i-numeri-del-gender-gap_12d4349a-ff3f-4468-872a-1a1c6569daf1.html.
(3) Ultimamente la Commissione Europea, guidata da Ursula von der Leyen, ha proposto delle norme in materia di trasparenza salariale.
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