La lotta aliena dello xenofemminismo

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xenofemminismo

Lo xenofemminismo è un femminismo, per l’appunto, “alieno” innanzitutto perché lavora per tutte quelle identità che sono estranee a ciò che viene ritenuto la normalità, e quindi non solo per le donne, ma anche ad esempio per i soggetti trans o le persone queer. Ma questo è un femminismo alieno anche in quanto parte dal rivendicare, come suo strumento, l’alienazione, perché è proprio la condizione alienata quella che va sfruttata per costruire la libertà, che non è nulla di sussistente di per sé, quanto piuttosto un traguardo che va raggiunto con la lotta.


Già da queste prime battute è facile intuire quanto lo xenofemminismo sia peculiare, ma rifacendoci ora direttamente al Manifesto Xenofemminista, stilato dal collettivo Laboria Cuboniks, e alle integrazioni apportate successivamente da una delle componenti dello stesso, Helen Hester, possiamo dire che uno dei suoi elementi fondamentali è l’antinaturalismo.


Essere “contro” la natura significa, in realtà, essere contro la concezione della natura e del naturale come l’essenziale, l’ordine immutabile che di conseguenza è intoccabile, o comunque sempre più puro dell’artificiale. Per troppo tempo la natura è stata ritenuta il Giusto e dunque utilizzata come giustificazione nell’oppressione di tutti coloro etichettati invece come “innaturali”, ad esempio i soggetti queer. Proprio per sradicare qualsiasi possibilità di discriminazione, lo xenofemminismo si rifiuta di ipostatizzare la natura e la vede piuttosto come un campo aperto, che come qualsiasi altra cosa può essere studiato e plasmato.

L’antinaturalismo allora porta automaticamente al tecnomaterialismo. Infatti, lungi dall’essere neutrale, la tecnologia va egemonizzata in senso politico, perché solo se usata in modo consapevole e mirato essa può essere utile alla causa femminista. Non bisogna mai dimenticare che le tecnologie vengono ideate e messe in pratica da persone, che hanno dei propri scopi e dei propri ideali, che però si formano e maturano in una dimensione sociale che risente necessariamente delle idee dominanti

Raramente questi riflettono gli interessi degli oppressi, che dunque o non hanno nulla da guadagnare da questi strumenti, o non li potranno mai sfruttare al massimo delle loro potenzialità. Come si legge nel Manifesto Xenofemminista: «La tecnologia non è intrinsecamente progressista. I suoi utilizzi sono inseparabili dalla cultura, in un ciclo di feedback positivo che rende impossibili il sequenziamento lineare, la previsione e la cautela assoluta. L’innovazione tecno-scientifica deve essere collegata a un pensiero teorico e politico collettivo nel quale donne, queer e persone di genere non conforme giochino un ruolo senza precedenti» (1).


A tale proposito, è importante dire che lo xenofemminismo è anche per l’abolizionismo del genere.


Questa espressione non si riferisce alla cancellazione dei vari generi esistenti e dei tratti a essi connessi, né all’impedire che nascano nuovi generi (2). Essere abolizionisti del genere significa invece volerlo eliminare come fonte di discriminazione e superare quelle barriere che non permettono alle identità di genere di esprimersi liberamente: significa voler abbandonare la concezione patriarcale del binarismo di genere, per distruggere i disastrosi risvolti sociali che da essa hanno origine. Sulla base di questo ragionamento, lo xenofemminismo è altresì abolizionista della classe e della razza, e crede che «tutte queste caratteristiche dovrebbero essere spogliate del loro significato sociale e, di conseguenza, della loro capacità di agire come vettori di discriminazione» (3).


Lo xenofemminismo è, insomma, una boccata d’aria tra le teorie femministe attuali.


Esso infatti, con il suo focus sull’intersezionalità (4), mostra che il femminismo non deve lottare solo per le donne, ma per tutti i soggetti che nella società patriarcale e capitalista non hanno trovato che oppressione. Inoltre, nella sua radicalità, insegna che non è possibile scendere a compromessi con le strutture che sono fonte di discriminazione e che per raggiungere una nuova società si deve reinventare la realtà: non dobbiamo avere paura di prospettare un futuro che sia davvero inclusivo per tuttә.  





(1) https://lesbitches.wordpress.com/tag/manifesto-xenofemminista/

(2) Al contrario, la tattica “accelerazionista” di questo femminismo prevede che l’abolizione del genere si raggiunga proprio tramite l’infinita moltiplicazione delle identità di genere.

(3) H. Hester, Xenofemminismo, Produzioni Nero, Roma, 2018.

(4) Il femminismo intersezionale ritiene che sia necessario riconoscere che le diverse oppressioni sono intrecciate e dunque devono riunirsi nella stessa lotta.

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