No significa No

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“Viviamo in una società (soprattutto quella italiana) incredibilmente sessuofobica e, benché lo stupro sia causato esclusivamente da dinamiche di potere e dominio, viene comunque associato inevitabilmente alla sua parte fisica e sessuale, e l’accento viene posto sulla vittima e sulla ricerca ossessiva della sua colpevolezza”. (1)

Questa è una delle prime frasi con cui Benedetta Lo Zito ci accoglie nel suo testo No significa No edito da Eris Edizioni.

La schiettezza e la chiarezza con cui l’autrice ci introduce alla tematica della violenza sessuale è l’esatto atteggiamento che serve (e che purtroppo spesso manca nella quotidianità) per trattare in maniera efficace una piaga ancora ben radicata nella nostra società.

Benedetta Lo Zito ci mette sin da subito davanti ad un fatto: la violenza sessuale è un reato così comune perché poggia le sue basi su una cultura patriarcale nella quale troviamo il terreno fertile per la giustificazione di tale violenza.

All’interno del sistema patriarcale troviamo una serie di atteggiamenti e comportamenti che sono (e sono stati per secoli) considerati “normali” dalla maggioranza della società, ma che in realtà costituiscono la base sulla quale si poggiano le giustificazioni alla violenza sessuale e che costituiscono una vera e propria cultura dello stupro.

Il catcalling (fischiare o esprimere commenti a sfondo sessuale nei confronti di passanti), il victim blaming (giudicare il modo di vestire, di atteggiarsi o lo stato di lucidità della persona che ha subito violenza), il revenge porn (la distribuzione da parte del parnter di video intimi senza il consenso dell’altra parte) sono solo alcuni degli atteggiamenti alla base di questa idea, che abbiamo iniziato a definire negativamente solo a partire dagli ultimi anni.

Quando i media ci raccontano casi di stupro, però, è difficile che si vada a toccare il problema culturale ed è difficile che la violenza sessuale venga indagata come fenomeno sociale da estirpare: è molto più facile valutare il fenomeno dello stupro come una degenerazione morale di qualche individuo (così come ci veniva suggerito dal nostro Codice Rocco), invece di considerarlo un problema legato ad una cultura patriarcale, la nostra, che prevede il ruolo del maschio etero cis come prevalente e dominante.

La violenza sessuale, infatti è molto poco legata a questioni fisiche o di impulsi, ma deriva, invece, dal ruolo di potere che ha rivestito l’uomo etero nel corso dei secoli, che si è sentito sempre legittimato ad esprimere in ogni forma.

C’entra molto, invece, il senso di potere che si vuole imporre attraverso la pratica della violenza e dello stupro.

Lo Zito ci sottolinea quanto sia importante, quindi, lavorare a livello culturale ed educativo fin dall’infanzia per scardinare il problema.

Ricevere una corretta educazione affettiva che si concentri in primo luogo su una cultura del consenso, dell’affetto e del rispetto, prima ancora che su una mera spiegazione fisica e meccanica del sesso sarebbe fondamentale per iniziare a formare in maniera diversa i giovani.

Lavorare sul ruolo dei generi, per scardinare gli stereotipi comuni e far imparare ad esprimere le proprie emozioni, il proprio dissenso, le proprie paure e aiuterebbe a comprendere e a empatizzare maggiormente con l’altra persona a prescindere dal genere di appartenenza.

Lo Zito ci propone risposte importanti, ma la società è pronta ad accoglierle e a sforzarsi nell’intraprendere questo percorso?

La violenza sessuale distrugge individui, famiglie e tutta la società, lasciando danni e ferite inimmaginabili, come ci racconta l’esperienza personale della scrittrice.

É compito di tutte/i iniziare a lavorare sugli aspetti culturali più radicati per scardinare insieme questa struttura. 

Grazie Eris Edizioni!

B. Lo Zito, No significa no. Creare una cultura del consenso per combattere la cultura dello stupro, Eris Edizioni, Torino, 2022.

  1. p. 3.