Parlare dell’8 marzo non è certo cosa facile, soprattutto se non si vuole essere banali o retorici. La tradizione di festeggiare in questa data la Giornata Internazionale della Donna risale al 1919, per un’iniziativa del partito socialista negli Stati Uniti. In quell’epoca le donne scioperavano e manifestavano per chiedere il diritto di voto e condizioni di lavoro migliori. L’iniziativa fu portata nell’Italia liberata nel 1945 dall’appena nata UDI, Unione Donne Italiane (ora Unione Donne in Italia), e celebrata in tutto il Paese nell’anno successivo.
Fu nel 1977 che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite propose a ogni paese di dedicare un giorno all’anno alle tematiche dei diritti delle donne e della parità di genere, molti stati scelsero come data l’8 marzo.
Si sentiva anche all’epoca la necessità di portare l’attenzione generale su queste tematiche e sulle problematiche presenti nella società, con l’obiettivo di volgere lo sguardo verso temi intorno a cui attivare un necessario cambiamento.
Certo sono passati molti anni, ma se ufficialmente si tratta della Giornata internazionale della donna, in Italia l’8 marzo è comunemente conosciuto come la Festa delle donne.
La differenza è sostanziale, come sempre quando si ha a che fare con le parole. Il linguaggio che usiamo descrive la nostra visione del mondo e il valore che diamo alle cose. Da occasione di riflessione sui diritti, sulla parità di genere, sulle problematiche sociali ed economiche l’8 marzo è divenuto (certo non per tutti) una “festa”: si va a cena al ristorante e gli uomini ci regalano la mimosa.
Siamo nel 2020, quelle della parità di genere e dei diritti delle donne sono questioni vecchie? Possiamo rilassarci e festeggiare?
In realtà no, la questione femminile è ben lungi dall’essere risolta e dunque occorre prestare attenzione, come dimostrano i fatti.
Nel mondo in media le donne guadagnano il 23% in meno degli uomini.
Questo fenomeno è chiamato gender pay gap, e a detta delle Nazioni Unite è “il più grande furto della storia”. Secondo l’analisi svolta dall’ONU «il divario salariale non ha una o due cause, ma è dovuto all’accumulo di numerosi fattori che includono la sottovalutazione del lavoro delle donne, la mancata remunerazione del lavoro domestico, la minore partecipazione al mercato del lavoro, il livello di qualifiche assunte e la discriminazione. Pertanto, le donne guadagnano meno anche, semplicemente, perché ricevono in media salari più bassi rispetto ai loro colleghi maschi per fare esattamente lo stesso lavoro. Nel complesso, la stima dell’organizzazione è che per ogni dollaro guadagnato da un uomo, una donna guadagna in media 77 centesimi» (1).
In Italia i prodotti igienici femminili sono tassati al 22%, poiché non sono ritenuti beni di prima necessità, nonostante le donne per gran parte della loro vita non ne possano fare a meno per diversi giorni al mese.
La tampon tax, cioè l’iva applicata ad assorbenti, tamponi e coppette mestruali, ha fatto discutere recentemente in quanto la camera dei deputati ha approvato la riduzione al 4% dell’iva per gli assorbenti biodegradabili e compostabili, difficili da reperire e comunque più cari di quelli di uso comune, mentre in altri paesi come Germania, Francia, Belgio tale imposta è stata abbassata di molto (2).
Nel 2018 sono state 142 le donne uccise in Italia, tra queste 119 hanno trovato il loro carnefici nell’ambito domestico (3).
Mentre sono 103 le donne uccise nel 2019 stando a quanto dichiarato dal Procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi (4). Il numero così elevato di vittime, il fatto che nella maggior parte dei casi sia il partner o l’ex partner l’assassino e il fatto che così spesso il movente sia gelosia o possesso deve far riflettere. Il problema pare essere strutturale e sistematico, non si tratta di raptus (anche se spesso sono così presentati dai media) ma molto spesso precedono l’omicidio numerosi atti di violenza.
Occorre interrogarci su quale idea abbia la nostra società della donna. Perché se due scienziate isolano il Coronavirus vengono chiamate “angeli della ricerca” (5)? Se le donne non sono più solo angeli del focolare, allora possiamo dire che sono angeli di qualsiasi cosa facciano? Perché non eroine? Se fossero stati due uomini come li avremmo chiamati? E come si sarebbero sentiti loro ad essere chiamati “angeli” per aver svolto il loro lavoro con competenza?
Potremmo parlare del diritto all’aborto, non ancora riconosciuto come dovrebbe alle donne in Italia nel 2020, come anche recenti dichiarazioni di ex ministri dimostrano; potremmo parlare delle mutilazioni genitali femminili, che si stima interessino 200 milioni di donne nel mondo (6); potremmo parlare dei tabù che circolano sulla sessualità e sulle mestruazioni o anche dei modelli di bellezza irrealistici e impossibili che propone la società sul corpo delle donne… le questioni rilevanti da discutere sono moltissime.
Eppure la politica non solo non dà risposte sufficienti, ma nemmeno dà il giusto peso o il giusto spazio a questi problemi.
Quindi è di vitale importanza che il movimento di sensibilizzazione e di attenzione parta dal basso, da tutte e tutti noi. Dobbiamo riflettere sui nostri stessi pregiudizi, sulle nostre idee (anche quelle di cui non siamo consapevoli) e di trovare la strada per vivere un giorno in un mondo dove non ci debba essere più la Giornata Internazionale della Donna, dove non ci siano discriminazioni o differenze sociali, dove non ci siano vuoti da colmare e su cui bisogna attirare l’attenzione di donne e uomini. Si deve vigilare sui diritti acquisiti e si deve lottare per quelli ancora da acquisire. Quando si tratta di diritti non rispettati e di disuguaglianza, la questione non riguarda solo le donne ma tutta la società.
(2) https://www.internazionale.it/bloc-notes/giulia-testa/2019/12/06/tampon-tax-imposta-ingiusta
(3) https://www.eures.it/sintesi-femminicidio-e-violenza-di-genere-in-italia/
(4) ANSA: “Non si fermano i femminicidi, quattro nuovi casi in poche ore
(6) Aidos.it: “Cosa sono le mutilazioni genitali femminili (MGF)
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