Faminismo

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Quanti stereotipi, false credenze e pregiudizi legati al cibo esistono ancora oggi?

Molti e, se ci si pensa bene, hanno tutti la stessa matrice: il patriarcato.

Faminismo – il sessismo è in tavola di Nora Bouazzouni, testo del 2017 portato in Italia da Le Plurali nel 2023, ci aiuta a fare luce su questo legame. 

Il lavoro dell’autrice esplora in che modo una serie di credenze riguardanti il cibo e l’alimentazione abbiano contribuito a relegare le donne in uno spazio ben preciso della società e del mondo: uno spazio di subordinazione.

Per questo è necessario fermarci a riflettere su una serie di assunti impliciti nella nostra cultura e metterli in discussione.

Perché il lavoro agricolo è associato al maschile? Perché i “grandi chef” sono tutti uomini? Perché si crede che le donne abbiano bisogno di mangiare meno?

Bouazzouni sostiene che possiamo osservare ancora oggi una sorta di versione aggiornata della divisione del lavoro in base al genere come la troviamo nei libri di scuola quando si parla della preistoria.

Così come allora gli uomini si dedicavano alla caccia e le donne alla raccolta e alla cura della prole, oggi osserviamo che solitamente

«Nelle coppie eterosessuali, le faccende domestiche restano in maniera schiacciante a carico delle donne (anche quando hanno un lavoro retribuito), che si tratti della raccolta (al supermercato) o della preparazione dei pasti (su piastre a induzione)» (1).

Il lavoro di cura di bambini e persone anziane, la preparazione dei pasti, la pulizia della casa ricadono nella maggior parte dei casi sulle donne.

Si tratta chiaramente di un lavoro che contribuisce in modo fondamentale alla sopravvivenza della specie umana, eppure a ciò non è attribuito alcun valore e le donne sono ancora considerate esseri inferiori.

Se gli uomini provvedono a “portare a casa il cibo” lavorando, alle donne spetta il compito di cucinarlo e metterlo in tavola.

Ma è interessante notare che ciò che è vero in ambito domestico non vale più in ambito professionale.

Il ristoratore e lo chef sono attività pubbliche e professionalizzanti, per questo assumono valore. Di conseguenza sono svolte per la maggioranza da uomini. 

L’autrice offre a chi legge molti spunti teorici significativi, come le teorie ecofemministe che ravvisano nello sfruttamento della natura la stessa matrice patriarcale che sfrutta le donne.

Fa riferimento inoltre all’antispecismo, tracciando un parallelismo tra lo sfruttamento animale e quello del genere femminile.

La gerarchia della nostra società vede l’essere umano maschio dominare sull’essere umano femmina, sull’animale e sulla natura in quanto unico depositario del logos. Bouazzouni riprende dunque il concetto derridiano di “carnofallogocentrismo:

«chi detiene l’autorità (sulla natura, sulle donne, sulla prole) è la persona che possiede queste tre caratteristiche: logos, phallus e si impone ingerendo carne, cioè chi consuma l’altro, attraverso l’omicidio e/o lo sfruttamento istituzionalizzato» (2). Generare prole e nutrirla gratuitamente – sottolinea l’autrice – sembra essere il destino biologico dell’individuo femmina, sia che appartenga alla specie umana che a quelle animali. 

Anche il modo in cui le donne si nutrono (o non lo fanno) dice molto dei valori della società patriarcale in cui viviamo.

In caso di scarsità di cibo, le donne sono le prime a rinunciare alla propria porzione in favore della prole o degli uomini.

Sono più vulnerabili alla povertà e quindi anche all’insicurezza alimentare. Anche quando la mancanza non è la ragione, l’apporto calorico delle donne è spesso limitato “per scelta”, così da aderire ai canoni estetici della società che impone un’ideale di bellezza che le vuole magre, minute, delicate così da occupare il minor spazio possibile. 

«Essere muscolosi è segno di virilità, la prova che si è un vero uomo. Al contrario, una donna imponente, grassa o muscolosa, è meno femminile, poiché si appropria delle prerogative maschili: lo spazio, la forza e/o il potere. Peggio ancora: rifiuta gli obblighi di femminilità formulati dalla società e l’immagine sessualizzata che le viene imposta dalla cultura visiva» (3). 

Faminismo è una lettura scorrevole, dinamica e divertente, ricca di spunti stimolanti e verità profonde che l’ironia pungente dell’autrice rende piacevole affrontare.

Ciò che Bouazzouni ci aiuta a vedere è che

«la repressione delle donne è mutevole, ma il cibo è uno strumento efficace e perfettamente polivalente per organizzarla, controllarla e perpetuarla. Monopolizzando le risorse alimentari e i mezzi di produzione a tutti i livelli, gli uomini hanno instaurato un circolo vizioso che ha garantito la mansuetudine e la dipendenza delle donne, impadronendosi del loro corpo e della loro mente» (4).

Bouazzouni ci invita a puntare in alto verso un ripensamento della politica agricola mondiale che punti a una maggiore parità di genere, ma anche a osservare noi stessə a partire dal nostro piatto.

«Si può essere femminista e carnivora? Leggere Simone de Beauvoir mangiando una bistecca significa tradire la causa?» (5).

Grazie Le Plurali!

Nora Bouazzouni, Faminismo – il sessismo è in tavola, Le Plurali Editrice, 2023

  1. Nora Bouazzouni, Faminismo – il sessismo è in tavola, Le Plurali Editrice, 2023, p.14.
  2. Ivi. pp.47-48. 
  3. Ivi. pp.69-70.
  4. Ivi. p.8
  5. Ivi. p.48.