Il saluto di rubriETICA: riflessioni conclusive

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rubriETICA giunge al termine: dopo circa un anno e mezzo durante il quale ci ha pungolato, spingendoci a mettere in crisi qualche certezza, passa il testimone a voi. Siate in grado di far valere i principi che abbiamo condiviso.


Perché dovreste?


Dovreste se auspicate di vivere in una società capace di far coesistere diverse ideologie tramite il dialogo. Dovreste non solo perché è importante parlare di bioetica, dello status morale di un embrione, di diagnosi prenatale, di danno da procreazione, di eutanasia e testamento biologico, di eugenetica, di cellule staminali, di contraccezione, di obiezione di coscienza, di fecondazione in vitro e di gender. Dovreste non solo perché intavolare discussioni di ambito bioetico forza la coltre del tabù, ma anche e soprattutto se condividete ciò che tutte le questioni che abbiamo affrontato unifica: la disponibilità della vita (1).


Se vivere e il senso della vita non sempre coincidono – per citare Pascal Chabot (2) – è giusto che ognuno trovi quel senso che renda la vita il frutto del proprio progetto personale, di cui riteniamo l’uomo essere sovrano.


Attenzione: disponibilità alla vita si limita innanzitutto alla propria – mai farsi autori del disegno altrui – e non va confusa con l’idea di un potere illimitato, abusante, amorale. Va presa per quella che è: autodeterminazione. La possibilità di stabilire le mie regole del gioco, nella comprensione e nella convivenza con quelle dell’altro.

Per questo è tanto difficile lo scontro tra la bioetica laica e la bioetica cattolica: si basano su principi contrapposti che le rendono, in apparenza, mutuamente esclusive. Come conciliare una fazione che postula l’inizio della persona dal concepimento – ponendola da quell’esatto momento come avente diritto privilegiato – con un’altra, che fa pesare di più sulla bilancia il diritto alla genitorialità della coppia, concedendo loro la scelta? Non è possibile.


Eppure, è facile individuare il fil rouge di rubriETICA: siamo tutti qui, insieme.


Nel momento in cui ci troviamo a esistere nello stesso posto, dobbiamo per necessità – sia nel senso filosofico che pragmatico del termine – condividerlo: spartirlo insieme agli altri. E allora l’alternativa si cancella, o meglio: nessuna fazione ha il diritto di voler convertire l’altra, di ritenersi più giusta dell’altra, ma abbiamo il dovere di garantire tutela a tutti. Qual è, dunque, la scelta più inclusiva?

Troppo facile: se avete letto gli articoli, la risposta viene da sé. Altrimenti, c’è un solo modo per rimediare!




(1) Disponibilità intesa sia come il concetto opposto all’indisponibilità della vita, che la slega dalla volontà del singolo per rimetterla nelle mani di un creatore; sia – in senso lato – come attitudine dell’individuo a manifestarsi disponibile nell’accettazione dei propositi dell’altro.
(2) Filosofo belga e insegnante all’Institut des Hutes Etudes des Communications Sociales di Bruxelles.